Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6396 del 14/01/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 6396 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

sul ricorso proposto da :
Industria Pasquale, n. a Napoli il 07/08/1955;

avverso la ordinanza del Tribunale del riesame di Venezia in data 25/07/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale V. Geraci, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale del riesame di Venezia, accogliendo l’appello del P.M. avverso
ordinanza del G.i.p. presso il Tribunale di Treviso, ha disposto nei confronti di
Industria Pasquale l’applicazione della misura dell’obbligo di presentazione
quotidiana alla p.g. per il reato di detenzione a fini di spaccio di cocaina del peso
di grammi 11,12.

Data Udienza: 14/01/2014

2. Ha proposto ricorso l’imputato lamentando con un unico motivo la violazione
di legge per mancanza di gravi indizi di colpevolezza; censura in particolare la
rilevanza attribuita al numero di bustine di cui si componeva il compendio
criminoso peraltro di modicissima quantità rinvenuto nella disponibilità
dell’indagato, alla portata incriminatrice data dal possesso della somma di
denaro di euro 3.275, al dato quantitativo della sostanza stupefacente ritrovata

termosaldato. Segnatamente ricorda che il mero dato quantitativo del
superamento dei limiti tabellari non vale ad introdurre la presunzione in ordine
alla destinazione della sostanza ad un uso non esclusivamente personale; inoltre
il Tribunale ha indebitamente escluso dal novero valutativo le condizioni
soggettive della capacità di reddito e dello stato di tossicodipendenza
dell’indagato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso, inteso a censurare, nella sostanza, e al di là del formale riferimento
alla “violazione di legge per mancanza dei gravi indizi di colpevolezza”, la
valutazione degli elementi cui il Tribunale ha riconnesso il significato di gravi
indizi del reato addebitato, in tal modo invocando da questa Corte un compito
proprio del giudice di merito, è inammissibile.
Va infatti ricordato come sia invece compito della Corte quello di verificare, in
relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso
ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni
che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico
dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante

la

valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di
diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (cfr. Sez. U., n.
11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828).
In particolare, poi, la valutazione in ordine alla destinazione dello stupefacente
ad uso non esclusivamente personale deve essere effettuata dal giudice di
merito tenendo conto di tutte le circostanze oggettive e soggettive del fatto,
secondo parametri di apprezzamento sindacabili in sede di legittimità soltanto
sotto il profilo della mancanza o della manifesta illogicità della motivazione (Sez.
6, n. 44419 del 13/11/2008, Perrone, Rv. 241604).

2

pari a 11,12 g. e alle modalità di confezionamento in 13 involucri in nylon bianco

Nella specie, il Tribunale ha congruamente dato conto, sotto il profilo della
gravità indiziaria necessaria ma anche sufficiente, oltre che del peso lordo pari a
gr. 11,2, delle modalità di confezionamento dello stupefacente, frazionato in
tredici distinti involucri termosaldati, delle modalità di occultamento dello stesso
all’interno di un pacchetto di sigarette a sua volta nascosto dentro un vano
portacassette di un videoregistratore, della detenzione di un bilancino di

utilizzato per il confezionamento delle singole dosi, e del possesso di un
consistente importo di denaro in contanti a fronte della assoluta assenza di
attività lavorativa.
Di qui, in definitiva, la presenza di un percorso motivazionale che, per la sua
esaustività e logicità resta, in discendenza di quanto detto sopra, insindacabile.

4.

L’inammissibilità del ricorso comporta la

condanna del ricorrente al

pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore
della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2014
Il Consi ‘ere est.

Il Presidente

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