Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6395 del 16/01/2018

Penale Ord. Sez. 7 Num. 6395 Anno 2018
Presidente: PETRUZZELLIS ANNA
Relatore: CRISCUOLO ANNA

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
A.A.

avverso la sentenza del 03/11/2015 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ANNA CRISCUOLO;

Data Udienza: 16/01/2018

R.G. 32905/2017
Motivi della decisione

Ne chiede l’annullamento per: 1) vizio di motivazione, in quanto dal narcotest è emerso solo
che si trattava di canapa indiana e che le piante potevano essere presumibilmente marijuana, ma non
ha rilevato la quantità di principio attivo né il peso della sostanza estraibile, cosicché l’esame è solo
lin accertamento qualitativo orientativo ed in assenza di un esame tossicologico non è dato
conoscere l’effetto drogante e la reale offensività della condotta né sapere se la quantità di principio
attivo superi il valore soglia ed esuli dall’uso personale. Illogica è quindi, la motivazione, che reputa
superfluo tale accertamento, essendo invece, necessario per affermare la responsabilità del
ricorrente, non essendo sufficiente la condotta di coltivazione se non mette a repentaglio il bene
giuridico protetto e se, come nel caso di specie, non è diretta ad incrementare il mercato, ma a
soddisfare il fabbisogno personale, tenuto conto della storia di tossicodipendenza e
disintossicazione del A.A., che ha ripreso a far uso di cannabinoidi per uso terapeutico; 2) erronea
applicazione della legge penale in relazione al trattamento sanzionatorio, non avendo la Corte di
appello ritenuto di ridurre la pena, nonostante la modificata struttura del reato, ritenendo congruo il
trattamento fissato dal primo giudice in base ai parametri previgenti più elevati.
Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza, in quanto il ricorrente ripropone le
stesse censure formulate in appello, respinte con motivazione congrua e conforme ai principi
affermati da questa Corte, con la quale non si confronta.
In tema di coltivazione questa Corte ha ripetutamente affermato che”ai fini della punibilità
della coltivazione non autorizzata di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti,
l’offensività della condotta non è esclusa dal mancato compimento del processo di maturazione dei
vegetali, neppure quando risulti l’assenza di principio attivo ricavabile nell’immediatezza, se gli
arbusti sono prevedibilmente in grado di rendere, all’esito di un fisiologico sviluppo, quantità
significative di prodotto dotato di effetti droganti, in quanto il “coltivare” è attività che si riferisce
all’intero ciclo evolutivo dell’organismo biologico” (da ultimo Sez. 6, n. 10931 del 01/02/2017,
D’Antoni, Rv. 270495) e nel caso di specie i giudici hanno dato atto non solo del rinvenimento di
30-35 piante coltivate in un terreno a ciò destinato, come desumibile dalla presenza di arbusti recisi,
di buche da estirpazione, nonché del rinvenimento in un box metallico delle piante di marijuana
giunte a maturazione appese ad essiccare per un peso di kg. 1,360, ma anche del rinvenimento nel
sottotetto dell’abitazione di 3 scatole, contenenti complessivamente oltre kg 4.700 di marijuana, in
parte suddivisa in sacchetti (11 del peso di 110 grammi ciascuno e uno da 50 grammi) ed ancora nel
garage di una bilancia elettronica con residui di marijuana nel piatto e di una scatola di kg 7,320 di
marijuana.
In base a tali elementi ed all’accertata capacità produttiva di sostanza stupefacente delle
piante sequestrate, già tagliate, essiccate e già suddivise in confezioni singole, correttamente è stata
ritenuta irrilevante la deduzione difensiva circa l’assenza di perizia tossicologica e la concreta
offensività del fatto.
Ribadita l’inefficacia scriminante della dedotta destinazione ad uso personale del prodotto
della coltivazione, i giudici non solo hanno fatto corretta applicazione dei principi affermati da
questa Corte secondo i quali costituisce condotta penalmente rilevante qualsiasi attività non
autorizzata di coltivazione di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti, anche quando

Il difensore di A.A. propone ricorso avverso la sentenza indicata in epigrafe con la
quale la Corte di appello di Ancona ha confermato la sentenza emessa il 15 novembre 2013 dal
Tribunale di Urbino, che, all’esito di giudizio abbreviato, aveva condannato l’imputato alla pena di
mesi 8 di reclusione e 4 mila euro di multa per il reato di cui all’art. 73 d.P.R. 309 del coltivazione di 30-35 piante di marijuana, da cui erano ricavabili kg 7,320 di sostanza stupefacente-,
riconosciuta l’attenuante di cui al comma 5 e le attenuanti generiche, con la riduzione per il rito.

Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione consegue la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende,
equitativamente determinata in euro tremila.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso, il 16 gennaio 2018

sia realizzata per la destinazione del prodotto ad uso personale (Sez. U, Sentenza n. 28605 del
24/04/2008, Rv. 239920, Di Salvia), ma hanno in concreto escluso l’inoffensività del fatto in
ragione degli elementi descritti, della presenza di sostanza confezionata e della presenza di una
bilancia.
Parimenti inammissibile per manifesta infondatezza è la censura in punto di trattamento
sanzionatorio, atteso che la nuova struttura del reato di cui all’art. 73, comma 5, d. P.R. 309/90
trasformata da elemento circostanziale in fattispecie autonoma di reato, comporta una
determinazione della sanzione del tutto autonoma, cosicché la valutazione della complessiva gravità
del fatto, secondo i criteri di cui all’art. 133 cod. pen. impone rinnovata analisi sulla base dei nuovi
parametri sanzionatori, che nella specie è sorretta da adeguata e coerente motivazione, avendo i
giudici ritenuto congrua la pena applicata dal primo giudice, anche alla luce della nuova cornice
normativa, in relazione alla concreta gravità della condotta dell’imputato.

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