Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6392 del 14/01/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 6392 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

sul ricorso proposto da :
Casu Raniero, n. a Gardone Val Trompia il 07/01/1971;

avverso la ordinanza del Tribunale del riesame di Brescia in data 05/07/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale V. Geraci, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Casu Raniero propone ricorso, per il tramite del proprio difensore, avverso
l’ordinanza con cui il tribunale del riesame di Brescia ha confermato l’ordinanza
del Gip di rigetto della richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare
degli arresti domiciliari in relazione alla detenzione illecita di chilogrammi 1,135
di cannabis e di grammi 4 di hashish, solo riformandola sul punto del divieto di
comunicare con persone non conviventi.

Data Udienza: 14/01/2014

2. Con un primo motivo, lamentando la violazione degli artt. 111 Cost. e 125
c.p.p., contesta il mancato accoglimento del motivo volto a denunciare il difetto
di motivazione del provvedimento di rigetto emesso dal Tribunale; il carattere di
professionalità attribuito alla condotta dell’imputato sarebbe infatti stato desunto
da una costruzione argomentativa presuntiva, non essendo la condotta di
spaccio dimostrata né conclamata; infatti gli elementi indicativi della finalità di

e nella presenza di un bilancino di precisione e di una macchina per il
confezionamento sottovuoto oltre che nel quantitativo lordo; conseguentemente
non è stata addotta alcuna percezione de visu di una condotta di spaccio né
assunta alcuna captazione di condotte o colloqui deponenti in tal senso; in
definitiva, il Tribunale avrebbe offerto una acritica adesione alle argomentazioni
generiche e non supportate da indicazioni fattuali esemplificative del
provvedimento impugnato, essendosi dunque al cospetto di una motivazione
meramente apparente specie laddove l’attività illecita è stata qualificata in
termini di professionalità.

3. Con un secondo motivo lamenta la violazione dell’art. 125 c.p.p. in relazione
al diniego della richiesta di revoca o sostituzione della misura con altra meno
gravosa; sottolinea che l’ordinanza si è limitata a revocare il divieto di
comunicazione all’esterno imposto ad un soggetto che da tempo era stato
autorizzato ad allontanarsi dal proprio domicilio per frequentare una comunità
terapeutica, senza affrontare dunque interamente il tema dell’adeguatezza delle
eventuali misure cautelari da adottare.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4.

Il primo motivo, volto a denunciare la motivazione del provvedimento

impugnato quanto al profilo della ritenuta gravità indiziaria, è inammissibile.
Risulta dalla ordinanza impugnata che in relazione al reato per il quale è stata
adottata la misura coercitiva in oggetto è intervenuta, già in data 19/04/2013,
sentenza di applicazione della pena di anni tre di reclusione ed euro 12.000,00 di
multa, essendo dunque la censura finalizzata a dolersi della sussistenza dei gravi
indizi di colpevolezza ormai priva di interesse. Ripetutamente, infatti, questa
Corte ha affermato che la richiesta di patteggiamento, formulata dall’imputato o
da lui consentita e la conseguente applicazione della pena, comporta la carenza
d’interesse al ricorso avverso l’ordinanza di riesame, per vizio di motivazione
2

destinazione a terzi sarebbero stati rinvenuti nel confezionamento del compendio

quanto alla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza (oltre che alle esigenze di
cautela relative a situazioni di concreto pericolo per l’acquisizione o la genuinità
della prova); e ciò perché la richiesta di applicazione della pena implica la
sostanziale accettazione della completezza delle indagini e del risultato di queste
(Sez. 5, n. 29 del 10/01/1995, Franco, Rv. 200649; con riferimento poi alla
sentenza di condanna, Sez. 4, n. 20620 del 10/04/2003, Fakid, Rv. 224908;

5. Il secondo motivo, relativo all’aspetto motivazionale del provvedimento in
punto di esigenze cautelari, è anch’esso inammissibile, posto che, lungi dal
riportare le ragioni per le quali si era invocata dinanzi al giudice del riesame
l’adeguatezza di misure più lievi rispetto a quella in atto, si è limitato a dedurre,
nella sostanza, la incongruità di una misura degli arresti domiciliari a fronte della
autorizzazione ad uscire di casa per frequentare una comunità terapeutica,
essendo tuttavia, una tale incongruità, già ictu ()cui/ assente per il solo fatto che
una tale evenienza è fisiologicamente discendente dalle stesse disposizioni di
legge.
6. La declaratoria di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore
della cassa delle ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle
ammende
Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2014
Il Consicier1e est.

Sez. 6, n. 41104 del 19/06/2008, Scozia, Rv. 241483).

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