Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6391 del 14/01/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 6391 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

sul ricorso proposto da :
Minnì Enzo, n. a Enna il 30/07/1983;

avverso la ordinanza del Tribunale del riesame di Caltanissetta in data
11/07/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale V. Geraci, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Minnì Enzo propone ricorso avverso l’ordinanza con cui il Tribunale del
riesame di Caltanissetta ha confermato l’ordinanza del G.i.p. di adozione della
misura cautelare in carcere per il reato di associazione a delinquere dedita al
traffico di sostanze stupefacenti.

Data Udienza: 14/01/2014

t
2. Con un primo motivo, lamentando la violazione degli artt. 192 c.p.p. e 74 del
d.P.R. n. 309 del 1990, contesta la sussistenza nella specie di indizi
univocamente significativi della partecipazione del ricorrente ad una associazione
ex art. 74 non essendovi prova che egli abbia avuto rapporti o contatti con altri
presunti partecipi se non con il solo Cuccia Pietro, né elementi che possano far
presumere una divisione di utili e una sia pure rudimentale organizzazione e

intercettate emergerebbe come l’indagato fosse unicamente un acquirente di
Cuccia e come tra i due non vi fosse un sodalizio associativo né alcun legame
finanziario delle ripartizioni o di spese comuni; né le conversazioni valorizzate dal
Tribunale conterrebbero elementi di riferimento sicuro alla persona dell’
indagato; in definitiva, l’indagato non avrebbe mai partecipato a ripartizioni di
utili, non avrebbe mai avuto compiti particolari, né contatti con altri presunti
partecipi ma solo intrattenuto occasionali episodi di cessione unicamente con il
suo fornitore Cuccia Pietro.
Con un secondo motivo lamenta la mancanza di motivazione adeguata in ordine
alla doglianza difensiva volta a richiedere una riqualificazione del fatto nell’ipotesi
prevista dal comma sesto dell’art. 74, posto che dal contenuto degli elementi in
atti si evincerebbe il riferimento a cifre e quantità irrisorie di stupefacente, con
conseguente integrazione dell’attenuante in oggetto.
Con un terzo motivo lamenta la motivazione apparente, illogica e contraddittoria
in ordine alla attualità delle esigenze cautelari non essendo l’indagato gravato da
precedenti penali ed essendo l’attività illecita stata posta in essere fino al 3
febbraio 2011 in coincidenza con l’ultima conversazione telefonica intrattenuta
con Cuccia, come anche emergente dalla successiva conversazione tra Cuccia
Pietro ed altra persona ove si fa riferimento al fatto che probabilmente l’indagato
non è più persona che spaccia; sicché, in definitiva, il tribunale avrebbe omesso
di considerare la circostanza che fra il provvedimento impugnato e la data del
supposto commesso reato sarebbero passati due anni e mezzo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il primo motivo di ricorso, in esso assorbito il secondo, è fondato.
E’ la stessa ordinanza impugnata a ricordare, in premessa, menzionando ripetuti
arresti di questa Corte, che per la configurabilità del reato di associazione dedita
al narcotraffico, pur non essendo richiesta la conoscenza reciproca fra tutti gli
associati, è tuttavia necessaria la consapevolezza e la volontà di partecipare,
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predisposizione di mezzi comuni; anche dalle conversazioni telefoniche

assieme ad almeno altre due persone aventi la stessa consapevolezza e volontà,
ad una società criminosa strutturata e finalizzata secondo lo schema legale (cfr.,
tra le altre, Sez. 2, n. 20451 del 03/04/2013, Ciaramitaro e altri, Rv. 256054;
Sez. 2, n. 6261 del 23/01/2013, Scruci, Rv. 254498; Sez. 6, n. 11733 del
16/02/2012, Abboubi e altri, Rv. 252232). Ne consegue come tale
consapevolezza, necessariamente derivante dall’esigenza di distinguere, anche

persone, non possa non rientrare tra gli elementi di cui, in sede di adozione di
misura coercitiva, debba darsi conto quanto al profilo dei gravi indizi di
colpevolezza ex art. 273 c.p.p..
Ciò posto, la motivazione dell’ordinanza impugnata non appare, però,
evidenziare gli elementi che, restando naturalmente su un piano di idoneità
dimostrativa correlata allo stadio di gravità indiziaria, lascino emergere, in capo
all’indagato Minnì Enzo, la sussistenza della predetta consapevolezza posto che
tutti gli episodi menzionati da pag. 3 a pag. 7 appaiono, a ben vedere, connotati
dalla evidenza di un legame intercorrente con il solo Cuccia Pietro, o perché
questi dirotta su Minnì, considerato una sorta di suo alter ego, molti degli
acquirenti delle sostanze o perché Minnì, dal canto suo, appare riconoscere nei
fatti un ruolo preminente a Cuccia, che indica a terzi come terminale di richieste
e a cui consegna i proventi dello spaccio; sono invece del tutto mancanti fatti o
circostanze che colleghino l’indagato a terze ulteriori persone.
Sicché, in definitiva, la enucleazione di rapporti del Minnì circoscritti al solo
Cuccia, non consente di cogliere, sul piano motivazionale, una consapevolezza
dell’indagato che si estenda, come necessario in ragione della premessa di cui
sopra, al suo inserimento all’interno di un accordo coinvolgente almeno tre
persone.

3. E’ fondato anche il terzo motivo di ricorso concernente la motivazione data
dall’ordinanza con riguardo al profilo di attualità delle esigenze cautelari.
In particolare, premesso che il provvedimento impugnato appare situare
temporalmente la condotta illecita come tenuta sino al mese di marzo (si veda
telefonata n. 123 del 31/3/2011) o, al più, di giugno del 2011 (si veda telefonata
n. 640 del 16/6/2011), e che l’ordinanza impositiva della misura cautelare risale
al maggio del 2013 (e, dunque, a due anni dopo dai fatti), va ricordato che il
principio, di ordine normativo (art. 292 lett. a) c.p.p.) e logico, secondo cui ad

una maggiore distanza temporale dai fatti corrisponde un affievolimento delle
esigenze cautelari impone una motivazione “rafforzata” che dia conto, in
particolare, degli elementi che, pur a fronte di un non indifferente iato temporale
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sotto il profilo psicologico, l’ipotesi associativa dall’ipotesi di un mero concorso di

tra commissione del fatto e imposizione della misura, giustifichino
adeguatamente la persistenza in particolare del pericolo di reiterazione del reato
(cfr., tra le altre, Sez. U., n. 40538 del 24/09/2009, Lattanzi, Rv. 244377; Sez.
2, n. 21564 del 08/05/2008, P.M. in proc. Mezzatenta e altro, Rv. 240112).
Sennonchè, nella specie, una tale motivazione appare difettare ove si consideri
che, nonostante la stessa ordinanza ponga, quale ulteriore elemento di possibile
affievolimento delle esigenze, oltre al tempo trascorso, anche la circostanza,

la persistenza delle esigenze viene legata alla posizione di “particolare forza di
Minnì” discendente da un contesto associativo che, per effetto del predetto litigio
sarebbe, tuttavia, venuta meno.

4. L’ordinanza impugnata va dunque annullato con rinvio al Tribunale di
Caltanissetta per nuovo esame che tenga conto dei rilievi enunciati sopra.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Caltanissetta. La Corte
dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al Direttore
dell’istituto penitenziario competente, a norma dell’art. 94, comma 1, disp. att.
c.p.p.
Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2014

Il Presidente

data per assodata, del litigio intervenuto con Cuccia nel marzo – aprile del 2011,

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