Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6391 del 09/11/2012


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6391 Anno 2013
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: OLDI PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Palumbo Michele, nato a Villaricca il 01/02/1952

avverso l’ordinanza del 22/05/2012 del Tribunale di riesame di Napoli

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Paolo Oldi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Luigi
Riello, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per l’indagato l’avv. Giovanni Battista Vignola, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 22 maggio 2012 il Tribunale del riesame di Napoli,
confermando il provvedimento assunto dal locale giudice per le indagini
preliminari, ha disatteso la richiesta di revoca o sostituzione della misura della
custodia cautelare in carcere, cui Michele Palumbo è sottoposto quale imputato,

Data Udienza: 09/11/2012

già rinviato a giudizio, per concorso esterno in associazione mafiosa e per alcuni
reati-fine in materia di intestazione fittizia di valori.
1.1. Ha osservato quel collegio che la deduzione di fatti nuovi, basandosi
unicamente sulle dichiarazioni rese dall’indagato in sede di interrogatorio davanti
al pubblico ministero, si traduceva in realtà nella rinnovata prospettazione di una
linea difensiva già esaminata e disattesa in sede di riesame del provvedimento
genetico.
1.2. Sotto il profilo delle esigenze cautelari, il Tribunale si è richiamato alle

all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., non superabili in base al mero decorso
del tempo dalla cattura.

2. Ha proposto ricorso per cassazione il Palumbo, per il tramite dei difensori,
affidandolo a quattro motivi.
2.1. Col primo motivo il ricorrente denuncia carenza di motivazione in ordine
al rigetto della linea difensiva con cui si era prospettato il superamento della
presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari. Precisa di avere, nei motivi
di appello, specificato le ragioni per cui era da escludere tanto il pericolo di
inquinamento delle prove, quanto quello di reiterazione del reato: senza tuttavia
ottenere risposta sui punti in questione, al di là del mero richiamo alla
presunzione di legge.
2.2. Col secondo motivo deduce carenza e illogicità della motivazione in
ordine alla negata novità dei fatti da lui segnalati al P.M. in sede di interrogatorio
investigativo; evidenzia che le ragioni addotte per contrastare la gravità
indiziaria erano sorrette dalla produzione di nuovi documenti, volta a dimostrare
la finalità di carattere fiscale, e non di riciclaggio, delle operazioni da lui
compiute.
2.3. Col terzo motivo ripropone le deduzioni svolte in appello al fine di
contestare la sussistenza degli illeciti ascrittigli: sia in ordine ai reati presupposti
dell’asserito riciclaggio; sia in ordine alla verifica dei flussi di denaro in entrata e
in uscita; sia in ordine al reimpiego dei proventi. Segnala che i soggetti «in odore
di camorra», coi quali gli si imputa di aver condiviso investimenti speculativi,
hanno ottenuto l’annullamento delle misure cautelari adottate nei loro confronti.
2.4. Col quarto motivo ripropone le ragioni volte a contrastare la
configurabilità del concorso esterno in associazione mafiosa, osservando che la
relativa contestazione è stata chiarita dal P.M. solo in sede di udienza
preliminare.

CONSIDERATO IN DIRITTO
2

presunzioni di pericolosità e di adeguatezza della misura inframuraria, di cui

1. Il ricorso del Palumbo solleva, fra gli altri, un problema di carenza
motivazionale in dipendenza della mancata confutazione degli argomenti addotti
nei motivi di appello e sorretti, a suo dire, dalla produzione di documenti ai quali
dovrebbe attribuirsi il carattere di novità, per essere entrati solo in allora nel
fascicolo processuale.
1.1. In effetti, alla disamina dell’ordinanza fatta segno ad impugnazione non
si rinviene alcun accenno ai documenti prodotti, neppure al fine di negarne la
ambiva a fondarsi, avuto particolare riguardo alla mancanza dei presupposti per
la configurabilità del delitto di riciclaggio. Ciò potrebbe, in astratto, tradursi in un
vizio di motivazione, purché potesse affermarsi che le ragioni così esposte e assertivamente – documentate dall’appellante erano pertinenti all’imputazione
contestata.
1.2. Il dubbio in ordine a quest’ultimo aspetto insorge alla constatazione che
la linea difensiva sviluppata dal Palumbo nell’atto di appello, e riproposta nel
giudizio di cassazione, s’indirizza a contrastare un’imputazione di riciclaggio,
dunque riconducibile all’ipotesi criminosa di cui all’art. 648-bis cod. pen., mentre
nell’ordinanza del Tribunale di Napoli si premette che i reati-fine contestati
all’imputato attengono ad altrettante ipotesi di intestazione fittizia di valori: il
che sembra piuttosto evocare la previsione dell’art. 12 quinquies del decreto-

legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto
1992, n. 356.
1.3. La mancanza, dal fascicolo trasmesso a questa Corte, dell’ordinanza
genetica o, comunque, di altro atto contenente la trascrizione completa dei capi
d’imputazione contestati al Palumbo, non consente di procedere in questa sede
alla cennata verifica, cui il Tribunale non mostra di essersi dedicato. Non resta,
pertanto, che accedere all’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio allo
stesso Tribunale di Napoli per nuovo esame.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Napoli per nuovo
esame.
Così deciso il 09/11/2012.

novità, ovvero la capacità dimostrativa in ordine agli argomenti sui quali l’appello

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