Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6390 del 15/11/2012


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6390 Anno 2013
Presidente: GRASSI ALDO
Relatore: GUARDIANO ALFREDO

SENTENZA

sui ricorsi proposti da
Nardelli Cosimo, nato a Taranto, il 1.10.1962, e da Basile Matteo,
nato a Taranto il 26.2.1976, avverso la sentenza pronunciata in
data 2.12.2011 dalla corte di assise di appello di Taranto;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Alfredo Guardiano;
udito il pubblico ministero nella persona del sostituto procuratore
generale dott. Carmine Stabile, che ha concluso per il rigetto dei
ricorsi;
uditi per i ricorrenti l’avv. Gaetano Vitale, difensore di fiducia del
Nardelli, e l’avv. Francesca Sassano, difensore di fiducia del

Data Udienza: 15/11/2012

Basile, entrambi del Foro di Taranto, che hanno concluso per
l’accoglimento dei rispettivi ricorsi.

Con sentenza pronunciata in data 18.2.2011 la Corte di
Cassazione annullava con rinvio la sentenza con cui la corte di
assise di appello di Lecce, in data 9.4.2010,aveva confermato la
sentenza con cui il giudice per le indagini preliminari presso il
tribunale di Taranto, in data 14.4.2008, in sede di giudizio
abbreviato, aveva condannato Nardelli Cosimo e Basile Matteo alle
pene ritenute di giustizia per l’omicidio aggravato di Cimoli
Alessandro e reati connessi, limitatamente alle ritenute
circostanze aggravanti della premeditazione e dei motivi abietti o
futili, confermando nel resto l’impugnata sentenza.
Con sentenza del 18.2.2011 la corte di assise di appello di Lecce,
in sede di rinvio, riformava parzialmente la sentenza di primo
grado, nel senso che escludeva la circostanza aggravante dei
motivi abietti o futili, mentre manteneva inalterata la decisione
sulla sussistenza della premeditazione e sul trattamento
sanzionatorio inflitto agli imputati.
Avverso tale decisione, di cui chiedono l’annullamento, hanno
proposto autonomi ricorsi, a mezzo dei rispettivi difensori, gli
imputati articolando distinti motivi di impugnazione.
In particolare il Nardelli lamenta la violazione dell’art. 627, co. III,
c.p.p., in relazione. 1) all’ art. 192, c.p.p., quanto alla ritenuta
attendibilità del Basile; 2) all’art. 603, c.p.p., sotto il profilo della
violazione del principio della ritualità nel giudizio di appello della
acquisizione di documenti senza la necessità di apposita ordinanza

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RITENUTO IN FATTO

che disponga a tal fine la rinnovazione dell’istruttoria
dibattimentale; 3) agli artt. 234 e 441, co. 1, c.p.p., quanto al
rigetto dell’acquisizione dei verbali di interrogatorio resi da Basile
Matteo in data 6.2.2007, 12.4.2007 e 16.7.2007, nell’ambito del
Basile di essere stato il mandante dell’omicidio del Cimoli, ed
assolto dalla relativa imputazione proprio perché le dichiarazioni
accusatorie del Basile venivano ritenute contraddittorie.
La richiesta di acquisizione di tali verbali, infatti, non veniva
accolta dalla corte territoriale, nonostante la Corte di Cassazione
in sede di annullamento con rinvio avesse evidenziato come la
relativa acquisizione fosse necessaria, per cui rigettando con
ordinanza del 24.10.2011 la suddetta richiesta istruttoria, la corte
di assise di appello di Lecce non solo ha violato la regola, fissata
dal combinato disposto degli artt. 598, 421, co. 3 e 441, co. 1,
c.p.p., secondo la quale anche nel giudizio abbreviato di appello la
produzione di documenti deve ritenersi ammessa quando i
documenti sono volti a contrastare una prova decisiva raccolta nel
giudizio di primo grado, ma anche l’obbligo per il giudice del rinvio
sancito dall’art. 627, c.p.p., di uniformarsi a quanto stabilito con
la sentenza di annullamento.
Con il secondo motivo il ricorrente lamenta i vizi di cui all’art. 606,
co. 1, lett. b) ed e), c.p.p., in relazione sia all’art. 192, co. 3,
c.p.p., sulla frazionabilità della chiamata di correo, sia all’art. 577,
n. 3), c.p., sulla circostanza aggravante della premeditazione, in
quanto la corte territoriale, con motivazione carente ed illogica,
non ha tenuto conto dell’esistenza di una interferenza fattuale e
logica fra la parte del narrato del Basile ritenuta inattendibile
perché contraddittoria relativa al movente dell’omicidio del Cimoli,

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diverso procedimento a carico di Ricciardi Cataldo, accusato dal

e le rimanenti parti ritenute invece intrinsecamente attendibili e
riscontrate sulle modalità di esecuzione dell’omicidio, interferenza
che non consente di procedere alla suddetta valutazione
frazionata, con la conseguenza che in assenza della prova in

sussistenza dell’aggravante della premeditazione.
Il ricorrente, inoltre, lamenta l’insufficienza di adeguati riscontri
alle dichiarazioni del Basile e la completa pretermissione dei rilievi,
specificamente dedotti nei motivi di appello, con cui si evidenziava
come nei provvedimenti giurisdizionali adottati nell’ambito del
procedimento relativo al Ricciardi fosse stata decretata
l’inattendibilità del Basile con particolare riferimento all’incertezza
in ordine alla esistenza di un chiaro e preciso movente ascrivibile
al Nardelli per l’uccisione del Cimoli.
Il Basile, invece, eccepisce i vizi di cui all’art. 606, co. 1, lett. b)
ed e), c.p.p., in ordine al mancato riconoscimento in favore del
ricorrente, divenuto collaboratore di giustizia, della circostanza
attenuante speciale di cui all’art. 8, di. 13 maggio 1991, n. 152,
convertito nella I. 12 luglio 1991, n. 203.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso presentato nell’interesse di Basile Matteo si rivela
palesemente inammissibile, ove si tenga conto che sul punto si è
formato il giudicato, trattandosi di questione già affrontata e
risolta in senso negativo per il ricorrente dalla sentenza di
annullamento con rinvio del 18.2.2011, in cui la Prima Sezione
penale della Corte di Cassazione, con decisione condivisibile, ha
affermato che la disposizione di cui il Basile chiede l’applicazione

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ordine al movente certo, è impossibile stabilire con certezza la

in suo favore si riferisce ai delitti di associazione mafiosa ovvero
commessi al fine di agevolare l’attività delle associazioni di tipo
mafioso o avvalendosi delle condizioni di assoggettamento e di
omertà tipiche delle suddette associazioni, ipotesi non ricorrenti

peraltro – incerto” (cfr. p. 7 della citata sentenza del 18.2.2011).
A diverse conclusioni deve pervenirsi in ordine al ricorso
presentato nell’interesse del Nardelli Cosimo.
Appare, infatti, evidente che il giudice di rinvio non si è
uniformato ai rilievi contenuti nella sentenza di annullamento della
Corte di Cessazione.
Ed invero in tale decisione veniva affermata l’esistenza di un
duplice vizio motivazionale della sentenza di secondo grado,
consistente, da un lato nella violazione della regola “della
necessità di conferme esterne posta dall’art. 192, co. 3, c.p.p.,
che non può non valere per tutti i temi di prova e per ogni
elemento di reato, ivi comprese le circostanze, che pur essendo
accessorie al fatto-reato a cui vengono riferite, quali fatti
secondari che direttamente incidono sulla peno, non si
sottraggono alla regola dell’art. 187, c.p.p., e, quindi, alle regole
di valutazione stabilite nel richiamato art. 192, c.p.p “, dall’altro
nella omessa motivazione in ordine alle deduzioni difensive “che
sostenevano la inattendibilità del dichiarante traendo argomento
dalla difformità delle altre sue dichiarazioni, sia precedenti, sia
successive rispetto a quelle rese nel giudizio di primo grado e
unicamente considerate dai giudici di merito” (cfr. p. 6 della citata
sentenza del 18.2.2011).
Tale conclusione si giustifica all’esito di un percorso argomentativo
in cui il Supremo Collegio ha evidenziato come, fondandosi il

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nel caso in esame, relativo ad un “omicidio comune, a movente –

riconoscimento delle contestate circostanze aggravanti dei motivi
abietti e futili e della premeditazione esclusivamente sulle
dichiarazioni del chiamante in correità e coimputato Basile, senza,
peraltro, che nella sentenza impugnata si facesse “cenno alcuno”

assolutamente ingiustificata doveva ritenersi l’omessa
considerazione da parte della corte territoriale di documenti
(verbali delle dichiarazioni rese dal Basile in altro procedimento,
provvedimenti giudiziari su di esse fondati) che riguardavano
proprio l’attendibilità del Basile, giudicato inattendibile nel
procedimento penale sorto a carico del Ricciardi Cataldo, da lui
indicato come mandante dell’omicidio del Cimoli, proprio per gli
insanabili contrasti rilevati tra le diverse versioni dei fatti fornite
dal chiamante in correità, che conducevano all’assoluzione del
Ricciardi.
Si trattava, dunque, di documenti rilevanti al fine di dimostrare la
non credibilità delle nuove e diverse dichiarazioni accusatorie rese
dal Basile nei confronti del Nardelli in occasione dell’esame
espletato nel corso del giudizio abbreviato di primo grado, ritenute
decisive al fine di affermare la sussistenza delle menzionate
circostanze aggravanti, contraddette, secondo la prospettazione
difensiva, da quelle rese successivamente dallo stesso Basile nel
procedimento a carico del Ricciardi, per la cui acquisizione nel
giudizio abbreviato di appello, sottolineava la Corte di Cassazione
con decisione ancora una volta condivisibile, non vi era bisogno di
un’ordinanza che disponesse la rinnovazione parziale
dell’istruttoria dibattimentale, sempre che l’acquisizione fosse
preceduta dalla ostensione dei documenti alle altre parti e alla
possibilità per queste di esercitare su di essi il contraddittorio, in

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a riscontri esterni che avvalorassero la sua narrazione,

quanto espressione del diritto alla controprova dell’imputato,

sancito dall’art. 421, co. 3, richiamato dall’art. 441 co. 1, c.p.p.,
per il giudizio abbreviato (cfr. pp. 4 e 5 della citata sentenza del
18.2.2011 ed i richiami giurisprudenziali in esse riportati).

dopo avere in un primo momento disposto l’acquisizione di tutti i
documenti prodotti dalla difesa del Nardelli, in seguito ad un
mutamento nella composizione del collegio giudicante, con
ordinanza del 24.10.2011 escludeva i verbali degli interrogatori
resi dal Basile in data 6.2.2007, 12.4.2007 e 16.7.2007,
nell’ambito del diverso procedimento a carico di Ricciardi Cataldo,
che, come si è visto la stessa Corte di Cassazione riteneva,
invece, parte integrante di quei documenti la cui acquisizione
appare necessaria, in quanto finalizzata a rendere possibile la
valutazione

del

relativo

dell’indispensabile

giudizio

contenuto,
sull’attendibilità

rilevante

ai

intrinseca

fini
della

chiamata di correo effettuata dal Basile.
Evidente, dunque, è la violazione del principio di cui all’art. 627,
co. 3, c.p.p.
Ove l’annullamento di una sentenza sia avvenuto per vizio di
motivazione, infatti, il giudice del rinvio, pur mantenendo piena
autonomia valutativa, ha comunque l’obbligo di non ripetere i vizi
cassati, né può fondare la nuova decisione sugli stessi argomenti
ritenuti dalla Cassazione illogici o carenti dovendo piuttosto
colmare i rilevati vuoti motivazionali e le segnalate incongruenze
(cfr. ex plurimis, Cass., sez. I, 13/03/2012, n. 23581, A.C; Cass.,
sez. UI, 09/02/2012, n. 13349, B.C. e altro).
Né può sostenersi che la motivazione della corte territoriale
soddisfi le indicazioni contenute nella sentenza di annullamento,

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Di fronte a tali limpide affermazioni, la corte territoriale di rinvio,

per avere ritenuto che l’esclusione di attendibilità del Basile fatta
propria dai giudici di secondo grado per la parte della sua
narrazione relativa al movente dell’omicidio (che conduceva i
suddetti giudici ad affermare l’insussistenza dell’aggravante dei

cosiddetta frazionabilità della valutazione, un giudizio di
inattendibilità di quelle parti che reggono alla verifica del riscontro
oggettivo interno”, aspetto, quello dei riscontri esterni alle
dichiarazioni del Basile, su cui la corte territoriale pur si sofferma
diffusamente (cfr., in particolare, pp. 17-23 dell’impugnata
sentenza).
Siffatta valutazione, infatti, è stata compiuta senza tenere conto
del contenuto delle menzionate dichiarazioni rese dal Basile nel
diverso procedimento a carico del Ricciardi, di cui la corte
territoriale prendeva in considerazione solo il decreto di citazione
a giudizio ed il dispositivo della sentenza di assoluzione del
Ricciardi pronunciata dalla corte di assise di Taranto il 19.11.2010
(cfr. p. 13 dell’impugnata sentenza) e, quindi, in violazione dei
principi da tempo affermati dalla giurisprudenza di legittimità ai
fini di una corretta valutazione della chiamata in correità, secondo
cui il giudice è tenuto a seguire un preciso ordine logico in base al
quale la verifica sulla intrinseca consistenza e sulle caratteristiche
delle dichiarazioni del chiamante in correità, da condurre alla luce
di criteri quali quelli, ad esempio, della precisione, della coerenza,
della costanza e della spontaneità, deve precedere l’esame dei
riscontri cosiddetti esterni (cfr,

ex plurimis,

Cass., sez. VI,

20/12/2011, n. 16939, D. e altro).
La fondatezza del primo motivo di ricorso determina
l’assorbimento in esso del secondo motivo.

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motivi abietti e futili) non implicasse anche, “per il principio della

In accoglimento del ricorso presentato nell’interesse di Nardelli
Cosimo, dunque, la sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 623,
lett. c), c.p.p., deve essere annullata, limitatamente alla sola
sussistenza della circostanza aggravante della premeditazione ed

riconoscimento di tale aggravante, con rinvio ad altra sezione
della corte di assise di appello di Taranto per un nuovo giudizio,
nel corso del quale il giudice di secondo grado dovrà attenersi ai
principi di diritto in precedenza affermati, provvedendo a colmare
le indicate lacune.
Ai sensi dell’art. 587, co. 1, c.p.p., l’annullamento della sentenza
impugnata produce i suoi effetti anche nei confronti del
coimputato non ricorrente Basile Matteo, in quanto l’impugnazione
proposta dal Nardelli non sì fonda su motivi esclusivamente
personali.
Il ricorso proposto nell’interesse di Basile Matteo, invece, per le
ragioni già esposte, va dichiarato inammissibile, con condanna del
ricorrente, ai sensi dell’art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese
del procedimento, nonché in favore della cassa delle ammende di
una somma a titolo di sanzione pecuniaria, che appare equo
fissare in euro 1000,00, tenuto conto della evidente
inammissibilità del ricorso, facilmente evitabile dal difensore del
ricorrente, che, quindi, non può ritenersi immune da colpa nella
determinazione delle evidenziate ragioni di inammissibilità (cfr.
Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000).
A tale condanna non osta la circostanza che il Basile si sia giovato
dell’effetto estensivo del ricorso del coimputato Nardelli, in quanto
l’obbligo al pagamento di tali esborsi, generato dalla condanna
inutilmente impugnata, sopravvive autonomamente e non è

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al conseguente trattamento sanzionatorio che è scaturito dal

scalfito, nella sua efficacia vincolante, dagli effetti di un beneficio
derivatogli “ope legis” (cfr. Cass, sez. I, 19.12.1994, n. 1385
Calabrese e altro, rv 201490).
P.Q. M .

pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa
delle ammende della somma di euro 1000,00.
Annulla, nei confronti del Nardelli, e, per l’effetto estensivo della
impugnazione, anche nei confronti del Basile, la sentenza
impugnata nei soli punti della ritenuta aggravante della
premeditazione e del trattamento sanzionatorio e rinvia alla Corte
di Assise di Appello di Taranto per nuovo giudizio su di essi.
Così deciso in Roma il 15.11.2012

dichiara inammissibile il ricorso del Basile e condanna lo stesso al

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