Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6390 del 14/01/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 6390 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: FRANCO AMEDEO

SENTENZA
sul ricorso proposto da Pellecchia Ferdinando, nato a Torre del Greco il
15.6.1972;
avverso l’ordinanza emessa il 6 marzo 2013 dal tribunale del riesame di
Napoli;
udita nella udienza in camera di consiglio del 14 gennaio 2014 la relazione fatta dal Consigliere Amedeo Franco;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale
dott. Vincenzo Geraci, che ha concluso per rigetto del ricorso;
udito il difensore avv. Pietro Asta;
Svolgimento de/processo
Con l’ordinanza in epigrafe il tribunale del riesame di Napoli respinse la
richiesta di riesame proposta da Pellecchia Ferdinando avverso l’ordinanza
1.2.2013 del Gip del tribunale di Napoli, che aveva applicato la misura cautelare della custodia in carcere, in relazione al delitto di partecipazione ad associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti ed anche ad un reato
fine.
L’imputato propone personalmente ricorso per cassazione deducendo:
1) violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza di
gravi indizi di colpevolezza. Ricorda che il tribunale del riesame ha fondato
l’applicazione della misura su 4 elementi probatori: 1) le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia; 2) i sequestri di sostanze stupefacenti; 3) l’interrogatorio
di garanzia del coimputato Cozzolino Vincenzo cl. 69; 4) le intercettazioni telefoniche. La motivazione è però carente perché non spiega le ragioni per cui i
collaboratori non hanno fatto alcun riferimento al Pellecchia. A carico di questi,
poi, non emerge alcun pedinamento o sequestro che lo riguardi. Dalle dichiara-

Data Udienza: 14/01/2014

zioni del Cozzolino emerge in via dubitativa solo un eventuale concorso in un
episodio di spaccio. Le intercettazioni telefoniche denotano la totale insussistenza probatoria, deducendosi al massimo una frequentazione del Pellecchia
‘ con gli altri soggetti. In sostanza l’ordinanza impugnata non spiega quale sarebbe stato il ruolo del Pellecchia; da quali elementi indiziari si ricavano gli incontri dello stesso con altri indagati e quale sarebbe stato il suo ruolo attivo e
materiale.
2) violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla esigenze cautelari e in particolare al pericolo di reiterazione del reato e della scelta della misura cautelare carceraria. Lamenta che il tribunale ha confuso la gravità delle contestazioni e la modalità di attuazione delle stesse con la inclinazione del soggetto alla reiterazione del reato, senza considerare la personalità dell’indagato ed i
suoi precedenti. Inoltre, non è motivata l’indispensabilità della custodia cautelare in carcere.
Motivi della decisione
Il ricorso è infondato.
Ed invero, la valutazione di merito del tribunale del riesame appare fondata su congrua, specifica ed adeguata motivazione e non può quindi essere messa
in discussione in questa sede di legittimità e sostituita con una diversa valutazione più favorevole alle richieste dell’indagato.
Il tribunale del riesame ha infatti osservato, in ordine ai gravi indizi di colpevolezza: – che le conversazioni in cui il Pellecchia compariva con altri soggetti coinvolti nella associazione erano emblematiche del suo pieno, consapevole e stabile inserimento; – che egli infatti si relazionava con tutti i coindagati ed
era pienamente consapevole della attività illecita cui apportava consapevolmente un rilevante contributo; – che in particolare la conversazione n. 194 provava
l’intraneità del Pellecchia al quale venivano comunicate particolarità relative alla operazioni di taglio dello stupefacente, ossia un tema di particolare delicatezza; – che dalla conversazione n. 2186 emergeva che egli intermediava tra Cozzolino Vincenzo e alcuni clienti; – che emergeva altresì la serialità di questa
condotta; – che nella conversazione n. 1145 il Pellecchia era rimproverato per
avere parlato troppo al telefono sul rapporto societario; – che vi erano poi i riscontri costituiti dalle dichiarazioni di Cozzolino Vincenzo; – che anche dalla
conversazione n, 1145 emergeva che il Pellecchia era pienamente addentro ai
meccanismi criminali e la consapevolezza del suo ruolo non marginale né episodico.
Quanto alle esigenze cautelari ed alla adeguatezza della misura, il tribunale
del riesame ha osservato: – che la notevole gravità dei fatti, la loro ripetizione
nell’ambito di schemi collaudati e la negativa personalità, che dalle modalità
dei fatti si ricavava, nonché la spiccata inclinazione, che le modalità e circostanze dei fatti evidenziano, a realizzare gravi delitti in ambito associativo rivelavano spregiudicatezza e forte inclinazione al crimine di settore; – che ciò dimostrava l’attuale sussistenza del pericolo di condotte recidivanti e di collegamento con ambiti criminali del settore; – che stante l’intensità di tale inclinazione recidivante, la custodia cautelare in carcere era l’unica misura idonea a contrastare il pericolo di ricaduta e a recidere i rapporti con ambiti criminali orga-

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nizzati.
Con l’attuale ricorso, del resto, non vengono richiamate diverse ed ulteriori circostanze di fatto — eventualmente proposte al tribunale del riesame e da
questo non valutate — idonee, decisivamente, a far ritenere carente o manifestamente illogica la motivazione sulle esigenze cautelari e sul giudizio di inadeguatezza di misure meno afflittive.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processual i.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario competente perché provveda a
quanto stabilito dall’art. 94, co. 1 ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 14
gennaio 2014.

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