Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6385 del 03/02/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 6385 Anno 2016
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: GALLO DOMENICO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da
Converso Gino, nato a Paludi il 6/3/1950
avverso la sentenza 3/7/2014 della Corte d’appello di Catanzaro, II
sezione penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Domenico Gallo;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
Fulvio Baldi, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito per l’imputato, l’avv. Nicola Rendace, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1.

Con sentenza in data 3/7/2014, la Corte di appello di Catanzaro,

confermava la sentenza del Tribunale di Cosenza, in data 2/5/2013 che
aveva condannato Converso Gino alla pena di anni uno, mesi quattro di
reclusione ed C. 800,00 di multa per il reato di ricettazione di una collana in
oro di provenienza delittuosa.

1

Data Udienza: 03/02/2016

2.

La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto d’appello,

e confermava le statuizioni del primo giudice, ritenendo accertata la penale
responsabilità dell’imputato in ordine al reato a lui ascritto ed equa la pena
inflitta.
3.

Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato per mezzo del suo

difensore di fiducia deducendo violazione di norme processuali stabilite a

Al riguardo si duole che sia stata disattesa l’eccezione di nullità dell’intero
procedimento per nullità del decreto penale di condanna emesso nei suoi
confronti per mancata indicazione del fatto contestato. Obietta che, in
presenza di una evidente causa di nullità del decreto penale, anche in
presenza di regolare opposizione, gli atti avrebbero dovuto essere restituiti
al P.M. Eccepisce, inoltre, che nella fattispecie mancherebbe la prova del
reato presupposto, poichè la persona offesa, Barile Angela, aveva riferito di
aver notato nella vetrina di una gioielleria una collana identica ad una in
suo possesso e soltanto al suo ritorno a casa aveva avuto modo di
constatare che la collana non si trovava più fra i suoi gioielli.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato.

2.

Non può dubitarsi che nel caso di specie il decreto penale di

condanna fosse privo dei requisiti di cui all’art. 460 cod. proc. pen. poiché come ha riconosciuto anche la Corte d’appello – difettava del capo
d’imputazione, non essendo stato allegata la richiesta del RM. bensì un
decreto di restituzione di cose sequestrate. Tuttavia, dal momento che il
decreto penale è stato revocato a seguito dell’opposizione proposta
dall’imputato, la nullità del decreto di condanna non gioca alcun ruolo e non
può avere alcun effetto in questo procedimento. In particolare non può
intravedersi una violazione dei diritti della difesa perché, dedotta la nullità
del decreto di citazione a giudizio, il Tribunale ha disposto il rinnovo della
notifica ed all’imputato è stato notificato un nuovo decreto di citazione con
corretta contestazione del reato a lui imputato. Quanto alla prospettata
violazione dei diritti della difesa in ordine alla impossibilità per l’imputato di
effettuare la eventuale scelta di riti alternativi in assenza di una precisa

2

pena di nullità, votazione di legge e vizio della motivazione.

contestazione, la questione non è stata dedotta con l’opposizione al decreto
penale, né risulta che l’imputato abbia richiesto di essere rimesso in
termini, ovvero abbia comunque chiesto l’accesso ad un rito alternativo
dopo aver avuto conoscenza del capo d’imputazione, ovvero abbia eccepito,
in via preliminare, la nullità del decreto penale e del conseguente decreto di
citazione a giudizio nel rispetto dei termini processuali di cui all’art. 491
cod. proc. pen.
Infatti dalla lettura del verbale dell’udienza del 19 luglio 2012, risulta che

alcuna questione preliminare. Soltanto in fase di precisazione delle
conclusioni, all’udienza del 2/5/2013, risulta che il difensore dell’imputato
ebbe a sollevare eccezione di nullità del decreto di citazione a giudizio con
richiesta di restituzione degli atti al RM; questione palesemente tardiva e
preclusa ex art. 491 cod. proc. pen.
3.

Ugualmente inammissibile è il secondo motivo di ricorso in punto di

insussistenza del reato presupposto nel delitto di ricettazione. Il fatto che il
furto fosse stato scoperto dalla persona offesa e denunciato dopo che la
collana, esposta nella vetrina della gioielleria era stata riconosciuta dalla
Barile, non esclude certo la sussistenza del reato presupposto, al contrario
la conferma, non essendo necessario – per giurisprudenza pacifica – che,
per integrare il delitto di ricettazione si conoscano tutti i dettagli del fatto
delittuoso da cui proviene la cosa.
4.

Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che

dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere
condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una
somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n.
186 del 2000, si stima equo determinare in euro 1.000,00 (mille/00).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.
Così deciso, il 3 febbraio 2016
Il Consigliere estensore

Il Presidente

[

venne aperto il dibattimento senza che la difesa dell’imputato sollevasse

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