Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6382 del 07/11/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 6382 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: MULLIRI GUICLA

SENTENZA

Data Udienza: 07/11/2013

DEPOSITATA IN CANCELLERIA

sul ricorso proposto da:
Gaudio Giovanni Francesco, nato a Longobardi il 2.11.62
Gaudio Antonio, nato a Longobardi il 10.7.57
Gaudio Mario, nato a Longobardi il 14.8.59
indagati art. 44/a e 44/b D.P.R. 380/01
avverso la ordinanza del Tribunale per il Riesame di Cosenza del 27.3.13
Sentita, in udienza, la relazione del cons. Guida Mùlliri;
Sentito il P.M. nella persona del P.G. dr. Fulvio Baldi, che ha chiesto una declaratoria di
inammissibilità del ricorso;
avv. Valentina Angeli, che ha insistito per
degli indagati
Sentito il difensore
l’accoglimento del ricorso;

RITENUTO IN FATTO
1. Vicenda processuale e provvedimento impugnato – Con l’ordinanza impugnata, il
Tribunale per il Riesame ha respinto l’appello proposto dagli odierni indagati avverso il
provvedimento con cui il G.i.p. non aveva accolto una loro istanza di revoca del sequestro
preventivo avente ad oggetto un immobile sottoposto a vincolo reale.
In tesi di accusa, la costruzione era stata realizzata in violazione degli artt. 44/ a e
44/b D.P.R. 380/01 perché ad una distanza dal ciglio stradale inferiore a quella indicata nelle
N.T.A. del P.G.R., nonché in violazione dell’art. 481 c.p., per avere rilasciato, nell’elaborato
Planimetrie, una attestazione falsa sul punto.

I ricorrenti concludono invocando l’annullamento della ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Motivi della decisione –

Il ricorso è infondato.

La doglianza dei ricorrenti ha, in realtà, già ricevuto chiara e congrua replica da parte
del Tribunale per il Riesame quando ha ricordato che la Variante Parziale al Regolamento
delibera n. 22 del 10 agosto
edilizio di Longobardi adottata con la – più volte citata dai ricorrenti
1995 del Consiglio Comunale di Longobardi è stata approvata dalla Regione Calabria (con decreto
21.2.05) a condizione che essa non presentasse «contrasti con eventuali norme più restrittive
del Vigente Strumento Urbanistico Generale ed avvertendo il Comune che la variazione delle
distanze previste dal P.R.G. deve necessariamente avvenire con la procedura della variante».
In altri termini, era chiarissimo, già nel provvedimento di approvazione da parte della
Regione, come fosse necessario che ogni variazione di distanze dal ciglio stradale dovesse
avvenire attraverso una procedura di variazione del piano urbanistico, da parte della giunta
comunale.
invocato dai ricorrenti è solo
Al contrario, nella specie, l’argomento – anzi, il documento
una pronunzia del consiglio comunale che va ad incidere sul regolamento edilizio.
Come bene si evidenzia, infatti, nel punto b) della motivazione impugnata, nella
relazione del 27.12.12, il geom. Pascali, ausiliario di P.G., aveva evidenziato l’assenza di
qualsivoglia variante al P.R.G. ed anche il G.i.p., nel respingere, aveva sottolineato come fosse
«necessario, al fine di adeguare il PRG. e le relative norme di attuazione alle nuove disposizioni
del regolamento edilizio, provvedere mediante variante al P.R.G.»; e ciò, come puntualizzato,

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2. Motivi del ricorso – Avverso tale decisione, gli indagati hanno proposto ricorso,
tramite difensore, deducendo erronea applicazione della legge.
L’argomento viene sostenuto muovendo da una breve ricostruzione della cronologia
degli eventi e sottolineando che, già nel decreto di sequestro preventivo, il G.i.p. aveva dato
(da essi, invece, sostenuto
atto dell’assenza di riscontro documentale a favore degli indagati
esistente) di apposito e specifico titolo autorizzatorio con il risultato che, quindi, le opere erano
state considerate «erette senza deliberazione di alcuna variante al P.R.G. a carattere generale
né a titolo particolare».
Per tale ragione, nell’istanza di dissequestro, la difesa degli indagati aveva evidenziato allegandola – la esistenza di un provvedimento di variante al P.R.G., deliberata dal consiglio
comunale con provvedimento n. 22 del 1995.
Tale “novità” era stata alla base dell’istanza difensiva ma il G.i.p. l’aveva disattesa non
considerandola sopravvenuta ed altrettanto ha fatto il Tribunale nel provvedimento qui
impugnato quando ha evidenziato che la delibera di cui si parla era “preesistente”.
Si obietta, tuttavia, che, per giurisprudenza pacifica di questa S.C., (ex mu/tis Sez. II, 12.7.07,
n. 35482; Sez. IV, 28.11.08, n. 4273; Sez. IV, 4.6.09, n. 32929; SEz. VI, 27.10.10, n. 43213; S.U.31.3.04, n. 18339) sono “fatti
sopravvenuti” anche quelli preesistenti e non considerati.
Evidente, quindi, l’erroneità del ragionamento dei giudici di merito i quali hanno
ignorato il dato obiettivo che, con la delibera suddetta, il limite di distanza dal margine stradale
era stato ridotto a 10 metri.
Nessun dubbio può esservi, peraltro, sulla legittimità di tale provvedimento che è stato
adottato in conformità ad una sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, n. 104/94, secondo cui il
regolamento edilizio può modificare il P.R.G., e considerato che il provvedimento in questione
era stato adottato «in adeguamento dell’art. 44 D.P.R. 380/01 alle norme tecniche di
attuazione del P.R.G. al nuovo Codice della Strada».
Sulla scorta di quanto precede, i ricorrenti richiamano anche l’attenzione sulla buona
fede degli indagati che avevano fatto incolpevole affidamento sulla regolarità dell’atto
amministrativo ed in particolare sulla legittimità della citata delibera n. 22.
L’ultima censura dei ricorrenti mossa al provvedimento impugnato riguarda il fatto che il
Tribunale per il Riesame, pur in sede di appello, sia andato in supplenza del G.i.p. affrontando
il tema del periculum in mora non esaminato neppure nel provvedimento impugnato.

perché le norme sulle distanze previste dal regolamento edilizio indicavano prescrizioni più
ampie rispetto a quelle più restrittive previste dal piano urbanistico vigente.
Tali argomenti sembrano essere stati del tutto ignorati dai ricorrenti quando, con il
presente gravame, rinnovano la loro richiesta di attenzione sulla delibera n. 22 del consiglio
comunale di Longobardi di cui, invece, tanto il G.i.p., quanto il Tribunale per il Riesame
avevano tenuto conto evidenziandone, però, la inadeguatezza a raggiungere lo scopo invocato
per la semplice ragione che la delibera, in sé, non era sufficiente a legittimare la riduzione delle
distanze dal margine stradale in quanto non era una “variante di piano”, kamie.à.~.414€1-eoel-séeter
Quanto precede è tanto vero che anche la sentenza della V sezione del Consiglio di
Stato (n. 104 del 21.2.94) citata anche dai ricorrenti, afferma l’esatto principio – ricordato dal
G.i.p. e dal Tribunale – secondo cui i “regolamenti edilizi comunali” ben possono introdurre
nuove norme sulle distanze ed abrogare, al contempo, le precedenti disposizioni contenute
nelle norme tecniche di attuazione al piano regolatore generale che consentivano deroghe in
materia. Il che equivale a dire che non è importante che sia intervenuta una legge a ridurre il
limite perché il comune avrebbe potuto decidere di adeguarsi o meno ma sempre attraverso la
procedura corretta di intervento sul piano urbanistico.
Nella specie, invece, come visto, lo strumento utilizzato per l’adeguamento è stato
diverso.
Per l’effetto, anche la concessione edilizia in variante – rilasciata sulla base della citata
delibera n. 22 – oltre ad essere stata adottata, il 18.5.04, antecedentemente all’approvazione
da parte della Regione della delibera stessa (come sopra detto, intervenuta il 21.2.05), è, comunque,
strumento inidoneo a legittimare le opere eseguite in violazione delle distanze stabilite dal
P.R.G. perché, ai sensi dell’art. 14 D.P.R. 380/01, il permesso di costruire in deroga agli
strumenti urbanistici generali può essere rilasciato solo per edifici o impianti pubblici e/o di
interesse pubblico.
La reiterata doglianza dei ricorrenti volta a sollecitare l’attenzione di questa S.C. sulla
esistenza di un provvedimento autorizzatorio è, quindi, senz’altro da disattendere. E ciò, anche
per l’ulteriore ragione che, se è vero, che il Tribunale per il Riesame ha errato nell’affermare
che si doveva ignorare la delibera n. 22 perché “preesistente”, è anche vero che, quand’anche
ne avesse tenuto conto, le conseguenze – per le ragioni fin qui illustrate – non avrebbero
potuto essere diverse.
Altrettanto dicasi per la doglianza diretta ad invocare una buona fede difficilmente
sostenibile da parte di chi, come i ricorrenti, proprio nella richiesta di variante (così come da
contestazione del reato di cui all’art. 481 c.p.) hanno dichiarato, contrariamente al vero, che la
distanza dal ciglio stradale era di 15 metri (“inesattezza”, questa che costituisce chiara spia di una implicita
consapevolezza – o, quantomeno, dubbio – che la edificazione ad una distanza inferiore non fosse del tutto regolare).

Nel respingere il ricorso, segue, per legge, la condanna dei ricorrenti al pagamento delle
spese processuali

P.Q.M.
Visti gli artt. 615 e ss. c.p.p.
Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 7 novembre 2013
Il Presidente

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