Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6378 del 04/12/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 6378 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: MARINI LUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da
CILENTO Pasquale, nato a Cusano Mutri il 12/5/1960
avverso la sentenza del 24/5/2013 della Corte di appello di Torino, che ha
confermato la sentenza emessa ex art.442 cod. proc. pen. dal Tribunale di Alba
in data 16/1/2012 che, dichiarati prescritti i fatti commessi dal mese di luglio
2001 al mese di dicembre 2003 e assolto il sig. Cilento dai fatti del mese di
novembre 2006, lo ha condannato alla pena di 16 giorni di reclusione e 60,00
euro di multa perché colpevole del reato continuato ex artt.81 cod. pen. e 2 del
d.l. 12/9/1983, n.463, convertito in legge 11/11/1983, n.638, modificata dal
d.lgs. 24/3/1994, n.211, commesso dal mese di marzo al mese di ottobre 2006;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Luigi Marini;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Nicola
Lettieri, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 24/5/2013 la Corte di appello di Torino ha confermato
la sentenza emessa ex art.442 cod. proc. pen. dal Tribunale di Alba in data
16/1/2012 che, dichiarati prescritti i fatti commessi dal mese di luglio 2001 al
mese di dicembre 2003 e assolto il sig. Cilento dai fatti del mese di novembre

Data Udienza: 04/12/2013

2006, lo ha condannato alla pena di 16 giorni di reclusione e 60,00 euro di multa
perché colpevole del reato continuato ex artt.81 cod. pen. e 2 del d.l.
12/9/1983, n.463, convertito in legge 11/11/1983, n.638, modificata dal d.lgs.
24/3/1994, n.211, commesso dal mese di marzo al mese di ottobre 2006.
2. Avverso tale provvedimento il sig. Cilento propone ricorso, in sintesi
lamentando:
a.

Errata applicazione di legge ai sensi dell’art.606, lett.b) cod.proc.pen. e vizio
motivazionale ai sensi dell’art.606, lett.e) cod.proc.pen. con riguardo alle

correlato invito ad adempiere al versamento del dovuto, non potendosi
ritenere valida la notificazione che si assume effettuata alla società di cui il
ricorrente non era più amministratore a far data dal primo dicembre 2006;
b.

Errata applicazione di legge ai sensi dell’art.606, lett.b) cod.proc.pen. e vizio
motivazionale ai sensi dell’art.606, lett.e) cod.proc.pen. con riguardo
all’elemento psicologico del reato, elemento su cui non è caduto alcun
accertamento in relazione alla mancata notificazione dell’avviso di
accertamento e alla conseguente possibilità di regolarizzazione da parte del
ricorrente, costituendo detto avviso una condizione di procedibilità
dell’azione.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Ritiene la Corte che l’esame debba prendere le mosse dalla rilevanza
giuridica e dalle finalità della contestazione amministrativa che deve precedere
l’esercizio dell’azione penale. Sul punto va richiamato il principio fissato dalle
Sezioni Unite penali (sentenza n.1855/2012, ud. 24/11/2011) e chiaramente
esposto al punto 9 della motivazione, in cui si afferma:
” Conclusivamente si deve affermare sul punto che l’art. 2, comma 1-bis,
secondo periodo, legge n. 638 del 1983, introdotto dall’art. 1 d.lgs. n. 211 del
1994, ha modificato i termini e le modalità di operatività della causa di non
punibilità già prevista dalla normativa previgente, introducendo, prima dell’invio
della notitia criminis, un meccanismo, costituito dalla contestazione o notifica
dell’accertamento della violazione, finalizzato ad agevolare la definizione del
contenzioso in sede amministrativa, nel termine all’uopo concesso al datore di
lavoro, senza introdurre una condizione di procedibilità del reato.
A ben vedere il comma 1-ter del citato art. 2, secondo il quale “la denuncia di
reato è presentata o trasmessa senza ritardo dopo il versamento di cui al comma
1-bis ovvero decorso inutilmente il termine ivi previsto” costituisce solo una
deroga all’obbligo di riferire, “senza ritardo” – peraltro il termine è ripetuto nello

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conseguenze della omessa notificazione dell’avviso di accertamento con

stesso comma 1-ter – la notizia di reato al pubblico ministero, imposto alla
polizia giudiziaria dall’art. 347 cod. proc. pen. e, in generale, al pubblico ufficiale
dall’art. 331, comma 2, cod. proc. pen., posponendone l’adempimento.
Sicché non vi è ragione di dubitare che il pubblico ministero eserciti ritualmente
l’azione penale per il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed
assistenziali anche se non si sia perfezionato il procedimento per la definizione
del contesto in sede amministrativa, così come esercita l’azione penale per i fatti
costituenti reato di cui sia venuto a conoscenza aliunde rispetto ai meccanismi di

2. Escluso, dunque, che si sia in presenza di una condizione di procedibilità,
rimane fermo il diritto del datore di lavoro ad essere messo in concreto in
condizione di esercitare la possibilità di sanare il debito. Sul punto la sentenza
delle Sezioni Unite conclude che a tale diritto corrispor1kdono specifici obblighi per
l’ente previdenziale e per l’autorità giudiziaria. In sintesi (punto 10 della
motivazione), esiste un conseguente “obbligo, secondo la formulazione dell’art.
2, comma 1-bis, da parte dell’ente previdenziale di rendere noto, nelle forme
previste dalla norma, al datore di lavoro l’accertamento delle violazioni, nonché
le modalità e termini per eliminare il contenzioso in sede penale

Incombe,

perciò, in primo luogo sull’ente previdenziale l’obbligo di assicurare la regolarità
della contestazione o della notifica dell’accertamento delle violazioni e attendere
il decorso del termine di tre mesi, in caso di inadempimento, prima di
trasmettere la notizia di reato al pubblico ministero. Sarà, poi, compito dello
stesso pubblico ministero verificare che l’indagato sia stato posto concretamente
in condizione di esercitare la facoltà di fruire della causa di non punibilità,
notiziando, nel caso di esito negativo di detta verifica, l’ente previdenziale perché
adempia all’obbligo di contestazione o di notifica dell’accertamento delle
violazioni imposto dall’art. 2, comma 1-bis, d.l. n. 463 del 1983. …..
Analogamente, il giudice di entrambi i gradi di merito dovrà provvedere alla
verifica che l’imputato sia stato posto in condizione di fruire della causa di non
punibilità, accogliendo, in caso di esito negativo, l’eventuale richiesta di rinvio
formulata dall’imputato, finalizzata a consentigli di provvedere al versamento
delle ritenute, tenuto conto che la legge già prevede la sospensione del decorso
della prescrizione per il periodo di tre mesi concesso al datore di lavoro per il
versamento, sicché tale sospensione giustifica il rinvio del dibattimento anche in
assenza di una espressa previsione normativa. Per dare concretezza ed
effettività all’esercizio della facoltà da parte dell’imputato di effettuare il
versamento delle ritenute all’ente previdenziale si deve rilevare che l’avviso
dell’accertamento inviato dall’ente al datore di lavoro contiene l’indicazione del
periodo cui si riferisce l’omesso versamento delle ritenute ed il relativo importo,

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informazione previsti dai citati art. 347 e 331 cod. proc. pen.”.

la indicazione della sede dell’ente presso il quale deve essere effettuato il
versamento entro il termine di tre mesi all’uopo concesso dalla legge e l’avviso
che il pagamento consente di fruire della causa di non punibilità. Per avere la
certezza, quindi, che l’imputato sia stato posto in grado di fruire della causa di
non punibilità il giudice di merito, così come prima di lui il pubblico ministero,
dovranno verificare, nel caso di omessa notifica dell’accertamento, se l’imputato
sia stato raggiunto in sede giudiziaria da un atto di contenuto equipollente
all’avviso dell’ente previdenziale che gli abbia consentito, sul piano sostanziale,

4. Al termine del discorso così sviluppato la sentenza citata fissa al punto
11 il seguente principio e trae da esso le conseguenze di seguito riportate:
“11. Al quesito posto alle Sezioni Unite, avente ad oggetto la possibile
equivalenza del decreto di citazione a giudizio alla notifica dell’avviso di
accertamento delle violazioni, pertanto, deve essere data risposta nel senso che
“il decreto di citazione a giudizio è equivalente alla notifica dell’avviso di
accertamento solo se, al pari di qualsiasi altro atto processuale indirizzato
all’imputato, contiene gli elementi essenziali del predetto avviso”. Consegue da
quanto rilevato che deve essere ritenuto tempestivo, ai fini del verificarsi della
causa di non punibilità, il versamento delle ritenute previdenziali effettuato
dall’imputato nel corso del giudizio, allorché risulti che lo stesso non ha ricevuto
dall’ente previdenziale la contestazione o la notifica dell’accertamento delle
violazioni o non sia stato raggiunto nel corso del procedimento penale da un atto
che contenga gli elementi essenziali dell’avviso di accertamento, come precisati.
Se, poi, il procedimento sia pervenuto in sede di legittimità, senza che l’imputato
sia stato posto in grado di fruire della causa di non punibilità, deve essere
disposto l’annullamento con rinvio della sentenza per consentirgli di fruire della
facoltà concessa dalla legge.”
5. Così ricostruiti la “ratio” del meccanismo fissato dalla legge e le relative
modalità di attuazione, questa Corte deve affrontare il tema della validità della
comunicazione effettuata dall’ente territoriale al ricorrente odierno.
6. Ricordato che la citata sentenza delle Sezioni Unite ha chiarito che per
l’ente previdenziale sussiste un obbligo di notificazione che segue le regole
ordinarie e può avere adempimento a mezzo del servizio postale, deve
concordarsi col ricorrente allorché censura la validità di una comunicazione
effettuata presso la sede della società in epoca successiva alla data di cui egli è
cessato dalla carica di amministratore. In effetti, essendo la responsabilità
penale caratterizzata da personalità, va escluso che gli obblighi e gli
adempimenti richiesti alla persona giuridica siano sovrapponibili a quelli della

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di esercitare la facoltà concessagli dalla legge.”

persona fisica che non è (più) legata alla persona giuridica da rapporti di
immedesimazione o rappresentanza formale.
7. In altri termini, può qui affermarsi il principio che mentre la
comunicazione indirizzata dall’ente previdenziale all’interessato può considerasi
validamente effettuata presso

rA

sede della persona giuridica qualora permanga

in capo allo stesso il rapporto di rappresentanza o un rapporto organico con la
stessa, non altrettanto può dirsi per l’ipotesi che tali rapporti siano cessati e non
risulti così rispettato il diritto della persona a essere informato dall’ente

di evitare le relative conseguenze penali. In tale ipotesi, dunque, la
comunicazione deve essere inoltrata dall’ente previdenziale all’ex amministratore
personalmente, il che non toglie che sul piano operativo la comunicazione possa
essere effettuata presso entrambi gli indirizzi (persona giuridica debitrice e
persona fisica potenzialmente perseguibile in sede penale).
8. Consegue a tale conclusione che nel caso in esame sussiste la violazione
del diritto del ricorrente, così come interpretato dalla citata decisione delle
Sezioni Unite, e va rilevato che si è in presenza di violazione che non risulta
avere trovato rimedio nei successivi adempimenti posti in essere nella fase
d’indagine e nei gradi del processo. La sentenza impugnata deve, pertanto,
essere annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Torino
affinché, nel rispetto dei principi fissati con la presente decisione, si proceda a
nuovo esame.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello
di Torino.
Così deciso il 4/12/2013

previdenziale circa l’esistenza dell’inadempimento e ad attivarsi utilmente al fine

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