Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6376 del 22/12/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 6376 Anno 2016
Presidente: IZZO FAUSTO
Relatore: BELLINI UGO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Brugnoli Roberto nato ad Albano Laziale il 13.5.1971
nei confronti del Ministero della Economia e delle Finanze

avverso l’ordinanza della Corte di Appello di Perugia del 7.1.2015 – depositata
in data 17.2.2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Ugo Bellini
lette le conclusioni del P.G. Dott. Giuseppe Corasaniti in data 14.7.2015 il quale
ha chiesto dichiararsi la inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di Appello di Perugia respingeva la richiesta di riparazione
dell’ingiusta detenzione proposta da Brugnoli Roberto in ragione della custodia
sofferta per 19 giorni dal 3.12.2008 al 22.12.2008 in relazione al reato di cui agli
art.81 cpv c.p. e 73 D.P.R. 309/90, accuse dalle quali era stata definitivamente
assolto con sentenza della Corte di Appello di Perugia in data 4.5.2012, divenuta
irrevocabile.

Data Udienza: 22/12/2015

2. Assumeva il giudice di appello che dall’esame degli atti processuali poteva
affermarsi che il Brugnoli avesse concorso a dare causa alla adozione della
cautela così da escludere il suo diritto alla riparazione, atteso che nel medesimo
periodo in cui veniva attinto dalla misura, il Brugnoli si rendeva responsabile (in
data immediatamente successiva) di un episodio di illecita detenzione di
sostanza stupefacente, in relazione alla quale egli concordava l’applicazione della
pena su richiesta, manifestando comunque disponibilità dello stupefacente,

stupefacente quali il Salustri, che era in compagnia del Brugnoli sia in occasione
dell’episodio del 9.5.2008 che dette luogo alla misura cautelare per cui è
richiesta di riparazione, sia in occasione del fatto del 19.5.2008 allorquando il
Brugnoli, in compagnia del Salustri veniva sorpreso all’interno di autovettura a
disfarsi di un involucro poi risultato contenere sostanza stupefacente; la
circostanza che il Brugnoli fosse disposto ad accompagnare in autovettura il
Salustri per rifornire di stupefacente altro tossicodipendente, tale Charavalli che
dimorava a Terni mentre questi si trovava agli arresti domiciliari, e si rendeva
altresì destinatario di sostanza stupefacente, in uno con le stesse dichiarazioni
rese dal Brugnoli in sede di interrogatorio, reso in data 5.12.2008, nel quale
ammetteva che il Salustri in data 9.5.2008 dovesse incontrare il Chiaravalli,
persona alla quale si ipotizzava dovesse essere consegnato lo stupefacente,
rappresentavano, pur nella esclusione di una diretta responsabilità del ricorrente
nel fatto reato, elementi che denotavano gravi profili di colpa che avevano
concorso all’adozione della misura.
3. Ha proposto ricorso per cassazione Brugnoli Roberto. Il ricorrente con il primo
motivo di ricorso denunzia inosservanza o erronea applicazione della legge
penale,e in particolare dell’art.314 c.p.p. nella parte della ordinanza che imputa
al ricorrente profili di colpa efficiente ai fini della adozione della misura, laddove
nessuna interferenza potevano rivestire, ai fini della valutazione del
comportamento asseritamente sinergico del Brugnoli, i fatti avvenuti in epoca
successiva e che avevano dato luogo a diverso procedimento penale e che
comunque gli stessi avrebbero comunque dovuto assorbire, sulla base dei
principi della contestazione a catena, i fatti realizzati in epoca precedente a quelli
successivamente contestati ma già noti all’autorità giudiziaria o comunque
essere destinati ad essere valutati congiuntamente nell’ottica dell’istituto della
continuazione e comunque suscettibili di ricadere nella portata della sospensione
condizionale della pena; 3.1 con altro motivo di ricorso la difesa del Brugnoli
deduceva vizio di motivazione in quanto la Corte di Appello non aveva
argomentato in che misura la condotta tenuta dal Brugnoli potesse avere dato
causa alla misura attraverso la mera frequentazione del Salustri atteso che, al

adeguati canali di rifornimento e frequentazioni di consumatori e rifornitori dello

momento dell’adozione, non sussistevano i presupposti della cautela in termini di
gravi indizi di colpevolezza.
4.

La procura Generale concludeva perché fosse dichiarata la inammissibilità

del ricorso.
5. Nel costituirsi in giudizio tramite l’Avvocatura Generale dello Stato il Ministero
della Economia e delle Finanze chiedeva il rigetto del ricorso.

1. Il ricorso è infondato.
Preliminarmente va evidenziato che in tema di equa riparazione per ingiusta
detenzione rappresenta causa impeditiva all’affermazione del diritto alla
riparazione l’avere l’interessato dato causa, per dolo o per colpa grave,
all’instaurazione o al mantenimento della custodia cautelare (art. 314, comma 1,
ultima parte, cod. proc. pen.); l’assenza di tale causa, costituendo condizione
necessaria al sorgere del diritto all’equa riparazione, deve essere accertata
d’ufficio dal giudice, indipendentemente dalla deduzione della parte (cfr. sul
punto questa sez. 4, 5.11.2002, n. 34181 Guadagno, rv. 226004).
Le Sezioni Unite hanno ancora stabilito che il giudice di merito, per valutare se
chi l’ha patita vi abbia dato o concorso a darvi causa con dolo o colpa grave,
deve apprezzare, in modo autonomo e completo, tutti gli elementi probatori
disponibili, con particolare riferimento alla sussistenza di condotte che rivelino
edatante o macroscopica negligenza, imprudenza o violazione di leggi o
regolamenti, fornendo del convincimento conseguito motivazione, che, se
adeguata e congrua, è incensurabile in sede di legittimità. (Nell’occasione, la
Corte ha affermato che il giudice deve fondare la deliberazione conclusiva su fatti
concreti e precisi e non su mere supposizioni, esaminando la condotta tenuta dal
richiedente sia prima, sia dopo la perdita della libertà personale,
indipendentemente dall’eventuale conoscenza, che quest’ultimo abbia avuto,
dell’inizio dell’attività di indagine, al fine di stabilire, con valutazione “ex ante”,
non se tale condotta integri estremi di reato, ma solo se sia stata H presupposto
che abbia ingenerato, ancorché in presenza di errore dell’autorità procedente, la
falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale, dando luogo alla
detenzione con rapporto di causa ad effetto (sez.U, 26.6.2002 n.34559 PG
contro De Benedictis). A tal riguardo, la colpa grave può concretarsi in
comportamenti sia processuali sia di tipo extraprocessuale, come la grave
leggerezza o la rilevante trascuratezza, tenuti sia anteriormente che
successivamente al momento restrittivo della libertà personale; onde
l’applicazione della suddetta disciplina normativa non può non imporre l’analisi

CONSIDERATO IN DIRITTO

..
dei comportamenti tenuti dall’interessato, anche prima dell’inizio dell’attività
investigativa e della relativa conoscenza, indipendentemente dalla circostanza
che tali comportamenti non integrino reato (anzi, questo è il presupposto,
scontato, dell’intervento del giudice della riparazione) (in puntuali termini, Sez.
4^, 16/10/2007, n. 42729).
2. Ciò premesso il giudice territoriale si è del tutto conformato tali principi, con
una motivazione assolutamente resistente alle censure mosse dal ricorrente.
Coerentemente ha provveduto a valutare, ai fini di escludere la ricorrenza della

aspetti della condotta tenuta dal Brugnoli in coincidenza con i provvedimenti
adottati nei suoi confronti in sede di indagine, considerando la portata
gravemente indiziante costituita dalle frequentazioni di questi, del suo
accompagnarsi con altro soggetto attivo nel settore degli stupefacenti, di offrirsi
comunque di portarsi con esso a Terni ove si trovava altra persona cui si
assumeva, sulla base dell’attività di intercettazioni in atto, fosse destinataria di
sostanza stupefacente, di rendersi destinatario di sostanza stupefacente esso
stesso. Il ragionamento seguito dalla corte territoriale si pone peraltro in linea
con i principi enunciati da questa Corte allorquando ha affermato che se la
condizione di

tossicodipendenza di per sé non costituisce condizione di

esclusione della riparazione per ingiusta detenzione sotto il profilo della colpa
grave, sotto diverso profilo la stessa può assumere rilievo al fine che qui rileva
quanto la stessa viene valutata nella globalità e nella pluralità delle azioni con le
quali il tossicodipendente si pone alla ricerca della sostanza stupefacente,
quando le stesse siano tali da indurre il giudice nell’erroneo convincimento che la
condotta non sia diretta al mero approvvigionamento per alimentare una propria
dipendenza, ma possa essere orientata a finalità di commercio o di cessione. A
questo proposito il S.C. ha statuito che la colpa grave che osta alla riparazione
non è integrata dalla mera tossicodipendenza, ma può essere ravvisata nel
comportamento del tossicodipendente che si attivi al fine di procurarsi le
sostanze dalle quali dipende, in presenza di elementi ulteriori che lascino
ragionevolmente ritenere che si tratti di attività finalizzata non solo al consumo
personale, ma anche allo spaccio

(sez.IV, 29.4.2010 n.31973; 10.6.2010

n.34622; 12.7.2012 n.10653).
3. A tale proposito la valutazione del giudice della riparazione può comprendere
anche i comportamenti tenuti dal Brugnoli in epoca coeva, anche se
immediatamente successiva all’episodio per cui venne emessa la cautela in
quanto ad esso intimamente connesso, sia in relazione alla frequentazione del
Salustri abituale compagno di spostamenti in macchina del Brugnoli, sia in
ragione delle modalità dell’ulteriore accertamento che diede luogo al

condizione impeditiva di cui all’art.314 I comma ultima parte c.p.p., tutti gli

rinvenimento dello stupefacente lasciato cadere dal Brugnoli dall’autovettura,
circostanza questa che certamente concorse alla formazione e alla tenuta del
quadro indiziario che dette luogo alla cautela per il fatto antecedentemente
indagato e in relazione al quale il Brugnoli venne assolto con formula piena.
Invero ha affermato questa Corte in relazione all’oggetto della valutazione
prognostica che deve compiere il giudice nel piano prospettico di cui all’art.314
c.p.p. al fine di verificare profili di dolo e colpa grave in capo al ricorrente

si riferisce allo specifico reato per il quale si rimarrà destinatari di misura
cautelare, bensì investe la generica possibilità che la condotta possa dare luogo,
sia pure perché malamente intesa, ad un intervento coercitivo dell’A.G. così da
concludersi che “in tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, la colpa grave,
ostativa alla riparazione della detenzione subita, non deve consistere
necessariamente in una condotta che, gravemente imprudente o negligente, sia
idonea ad indurre in errore l’A.G. specificamente in relazione al reato per il quale
si è patita la detenzione, sempre che la trasgressione sia stata giuridicamente
idonea a sostenere una misura cautelare detentiva” (sez.IV, 29.5.2014 n.37401
Agostino).
4. Quanto infine alla contestata violazione di legge per asserita carenza ab
origine dei presupposti cautelari che avevano dato luogo alla misura, nonché del
vizio derivante dalla contestazione a catena di fatti che dovevano essere
compresi nel procedimento penale prioritariamente instaurato, per omessa
previsione da parte del giudice del procedimento della opportunità di
applicazione del regime della continuazione tra i suddetti fatti e dell’omessa
previsione da parte del giudice della cautela della concedibilità della sospensione
condizionale di pena, tutte le suddette censure attengono al merito del
procedimento penale nel cui alveo sono stati assunti o non sono stati assunti i
provvedimenti richiesti o avversati dalla difesa del Brugnoli, i quali non possono
formare oggetto in questa sede di una rivisitazione critica, essendosi la
valutazione della Corte di Appello fissata sul diverso piano della causalità tra il
comportamento del ricorrente, in quanto connotato da elementi di rilevantissima
imprudenza e leggerezza nell’ambito delle frequentazioni e di volontaria
violazione di legge (in relazione alle illecite condotte di detenzione di
stupefacente in epoca coeva a quella del fatto reato per cui fu cautela) e con
riferimento a tale piano la valutazione del primo giudice risulta assolutamente
coerente sotto il profilo logico giuridico e resistente alle censure mosse sotto il
profilo motivazionale dalla difesa del Brugnoli.

efficienti ai fini della adozione della misura, che la verifica della prevedibilità non

5. Il ricorso va pertanto rigettato e il ricorrente deve essere condannato al
pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese sostenute
dal Ministero resistente che liquida come da dispositivo.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento

delle spese

processuali oltre alla rifusione delle spese in favore del Ministero resistente

così deciso in Roma nella camera di consiglio del 22.12.2015.

che liquida in complessivi € 1.000.

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