Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6366 del 18/10/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6366 Anno 2014
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto nell’interesse di
Sergiacomo Sara, nata a Popoli il 28/06/1982

avverso la sentenza emessa dal Giudice di pace di Como il 23/11/2010

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore
generale Dott. Vincenzo Geraci, che ha richiesto dichiararsi l’inammissibilità del
ricorso, con le conseguenti statuizioni di legge

RITENUTO IN FATTO

Il difensore di Sara Sergiacomo ricorre avverso la sentenza indicata in
epigrafe, con la quale il Giudice di pace di Como ha dichiarato la propria
incompetenza a conoscere dei reati addebitati alla stessa Sergiacomo ed a
Vincenza Crisafulli (rispettivamente, lesioni personali e percosse, in danno l’una

Data Udienza: 18/10/2013

dell’altra) nell’ambito del processo n. 395/2010 di quell’ufficio; la ragione
dell’incompetenza deriva, stando alla pronuncia impugnata, dal rilievo che nella
vicenda emergerebbero altresì gli estremi del delitto di violazione di domicilio in
capo all’odierna ricorrente, con la conseguente necessità di disporre la
trasmissione degli atti al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di
Como.
La difesa reputa abnorme la decisione de qua, atteso che il giudicante d’ufficio, e senza sollecitazioni di parte – avrebbe tratto gli elementi indicativi del

come esplicitato in motivazione, a dispetto della possibilità di valutare il
contenuto di detta querela ai soli fini della verifica della procedibilità. Inoltre,
l’incompetenza avrebbe potuto dichiararsi solo con riguardo agli addebiti
formalmente contestati, in ipotesi anche a seguito di ulteriori iniziative del P.M.
nel corso del giudizio, ma non relativamente a reati in astratto desumibili dagli
atti, per i quali sarebbe stata semmai rituale una ordinanza di restituzione del
fascicolo al titolare dell’azione penale (limitata ai fatti da intendere nuovi, con
invito a procedere ex art. 518 del codice di rito) e senza determinare «una
inammissibile regressione alla fase delle indagini preliminari per il reato già sub
iudice e di propria competenza».

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il gravame è inammissibile, essendo stato presentato avverso un
provvedimento non suscettibile di essere impugnato per mezzo di ricorso per
cassazione. Infatti, la giurisprudenza di questa Corte ha già chiarito che «la
sentenza con la quale il Giudice di pace dichiara la propria incompetenza per
materia e disponga trasmettersi gli atti alla Procura della Repubblica presso il
Tribunale, sul rilievo della ritenuta competenza del Tribunale, non è impugnabile
per cassazione giusta il disposto dell’art. 568, comma primo, cod. proc. pen. in
forza del quale sono sempre soggette a ricorso per cassazione, quando non sono
altrimenti impugnabili, le sentenze, con eccezione di quelle sulla competenza che
possono dare luogo ad un conflitto di giurisdizione o di competenza a norma
dell’art. 28. Pertanto, detta sentenza può dare luogo solo a conflitto ove il
Tribunale, individuato dal Giudice di pace come competente, ritenesse di non
dover condividere la tesi sostenuta dallo stesso Giudice di pace. Né,
diversamente, potrebbe sostenersi la ricorribilità per cassazione della sentenza in
questione sul rilievo che si tratterebbe di provvedimento “abnorme”, non
essendo invocabile la relativa nozione, in forza della quale deve definirsi

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reato ex art. 614 cod. pen. dalla lettura della querela sporta dalla Crisafulli,

abnorme (solo) l’atto che, per la sua singolarità, si pone al di fuori
dell’ordinamento e determina una stasi del procedimento» (Cass., Sez. IV, n.
46559 del 05/10/2004, Deli, Rv 230400).
Lo strumento di cui all’art. 28 cod. proc. pen. ben potrebbe essere invocato
dal giudice ritenuto competente e che intenda esprimere diverso avviso, una
volta che – ad esempio – il P.M. individuato nel dispositivo della sentenza
impugnata si determinasse ad emettere decreto di citazione diretta a giudizio
dinanzi al Tribunale monocratico con riguardo ai soli reati già contestati, e non

caso, dimostrerebbe all’evidenza l’impossibilità di ravvisare nel caso di specie
una irreversibile stasi del procedimento.

2. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna della ricorrente
al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, nonché ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità
(v. Corte Cost., sent. n. 186 del 13/06/2000) – al versamento in favore della
Cassa delle Ammende della somma di € 1.000,00, così equitativamente stabilita
in ragione dei motivi dedotti.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.

Così deciso il 18/10/2013.

anche alla ricordata ipotesi di violazione di domicilio: situazione che, in ogni

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