Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6366 del 13/01/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 6366 Anno 2016
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: GIORDANO EMILIA ANNA

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
Scarcella Giovanni Oronzo, n. a Lecce il 22/4/1945
nel procedimento a carico di:
Longo Antonio, n. a Corigliano Calabro il 15/12/1959;
avverso l’ordinanza di archiviazione del 19/2/2015 del giudice per le indagini preliminari
del Tribunale di Castrovillari
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Emilia Anna Giordano
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale,
Giuseppina Fodaroni, che ha concluso chiedendo di dichiarare l’inammissibilità del ricorso.
letta la memoria difensiva depositata, nell’interesse di Longo Antonio, in data 18.12.2015.

Ritenuto in fatto
1. Con decreto di archiviazione ( rectius ordinanza) del 19/2/1015, emessa a seguito di
udienza camerale fissata per l’opposizione della persona offesa, Giovanni Oronzo Scarcella, il
giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Castrovillari ordinava l’archiviazione del
procedimento penale a carico di Longo Antonio, sottoposto ad indagini per il reato di cui all’art.
323 cod. pen., per avere, in qualità di sindaco del Comune di Corigliano Calabro, in carenza di
poteri e con violazione di legge, intimato allo Scarcella, medico competente ex art. 2 L.
626/1994, di cessare di emettere certificazioni ai dipendenti nel contempo inviando

Data Udienza: 13/01/2016

Comunicazione alla Procura della Repubblica di Castrovillari per eventuali ipotesi di reato,
ascrivibili allo Scarcella, reato commesso in data 15.10.2013. Il giudice ha ritenuto
condivisibile la ricostruzione compiuta dal Pubblico Ministero nella richiesta di archiviazione e
che, pertanto, era da escludere che nell’intimazione rivolta dal Longo allo Scarcella ricorressero
indici rivelatori di una intenzione persecutoria e che, anzi, la richiesta del sindaco era
giustificata da una causale legittima, quale l’interesse dell’ente di rapportarsi ad un solo
medico competente, vincitore di concorso ( risultato essere la società Medical Sud s.r.I.) e di
non corrispondere doppi compensi. Con riferimento al reato di calunnia evidenziava che la

2. Propone ricorso per cassazione, a seguito di procura speciale ritualmente conferita, il
difensore dello Scarcella, che, con i motivi qui illustrati ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod.
proc. pen. nei limiti strettamente necessari per la motivazione, deduce: 1) vizio di violazione di
legge in relazione agli artt. 410, commi 1 e 2, 409, commi 2 e 3, cod. proc. pen. e 156 disp.
att. cod. proc. pen. poiché, con motivazione apodittica ed incongrua, erano state disattese le
richieste di indagini suppletive avanzate dall’opponente nella memoria del 9.11.2014; 2)
violazione ed erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 323 cod. pen.,
sussistendo, nei fatti accertati la materialità ed il dolo.

Considerato in diritto
1. Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato.
2. La giurisprudenza di legittimità ha ormai chiarito, in conformità al tenore ed alla ratio
della previsione di cui al comma 6 dell’art. 409 cod. proc. pen., che l’ordinanza di archiviazione
è ricorribile per cassazione solo nei casi di nullità previsti dall’art. 127, comma 5, cod. proc.
pen. che sanzionano l’inosservanza delle norme concernenti la citazione e l’intervento delle
parti in camera di consiglio ( ex multis, Sez. 2, n. 29936 del 04.07.2013, P.O. in proc.
Loffredo, Rv. 256660). Si è ritenuto che osta a una diversa lettura della norma il principio di
tassatività dei mezzi di impugnazione e che non v’è ragione costituzionalmente imposta di un
ampliamento della piattaforma dei vizi denunziabili mediante ricorso poiché la pretesa
sostanziale del denunziante/querelante trova comunque adeguata garanzia, da un lato, nella
possibilità di sollecitare una riapertura delle indagini, anche sulla scorta di indagini difensive, e,

dall’altro, nella facoltà esercitare i propri diritti d’azione e difesa, ampiamente e senza
preclusione alcuna, nella sede (civile) propria ( Sez. 1, n. 9440 del 3.2.2010, P.O. in proc. Di
Vincenzo ed altri, Rv. 246779). Tale conclusione è coerente con la natura dell’archiviazione interlocutoria e sommaria, finalizzata a un controllo di legalità sull’esercizio dell’azione penale e
non a un accertamento sul merito dell’imputazione – e con la ratio, esclusivamente servente il
controllo di legalità e obbligatorietà dell’azione penale, che tradizionalmente si riconosce
assistere lo ius ad loquendum e gli strumenti di tutela dell’offeso. Più di recente si è anche
osservato che siffatta limitazione del diritto al controllo delle decisioni giurisdizionali non viola il
diritto di difesa né i principi del giusto processo, stante l’intrinseca differenza tra le sentenze e

veridicità dei fatti denunciati dal Longo escludeva la ravvisabilità del reato.

il provvedimento di archiviazione, sfornito di uno specifico valore decisorio diverso da quello
-rebus sic stantibus, né viola il principio di uguaglianza, in quanto il predetto limite alla facoltà
di impugnazione opera nei confronti di tutte le parti processuali (Sez. 6, n. 12522 del
24.2.2015, P.O. in proc. Mera ed altri, Rv. 262953).
3. Consegue dall’inquadramento sistematico – condiviso dal Collegio per la sua razionalità
e intrinseca coerenza con il sistema delineato in materia di impugnazioni e con l’istituto
dell’archiviazione – che deve essere dichiarata inammissibile l’opposizione proposta dalla
persona offesa dopo avere rilevato che il provvedimento impugnato è stato emesso a
della

opposizione

del

ricorrente

e

all’esito

della

rituale instaurazione e celebrazione dell’udienza partecipata in camera di consiglio tenutasi il
28.11.2014.
4. Manifestamente inammissibile è il proposto ricorso anche per la deduzione di una nullità
ravvisabile nella mancanza di motivazione, smentito dal tenore letterale e dal contenuto del
provvedimento impugnato che si confronta con le risultanze investigative acquisite, e del
quale, a ben vedere, si censurano le valutazioni compiute dal giudice che si è soffermato,
pervenendo conclusioni affatto illogiche, sulla insussistenza di un danno ingiusto
intenzionalmente procurato all’opponente, evidenziando la consequenzialità e conformità della
missiva

incriminata

ai

risultati

del

concorso

indetto

dall’ente

e

all’interesse

dell’amministrazione a rapportarsi esclusivamente a tale soggetto per gli atti conseguenti,
conclusioni rispetto alle quali rivestono valenza neutra i conflitti, determinati da ragioni di
ufficio, denuncianti dall’Oronzo Scarcella, relativi ai rapporti tra questi e l’ente.
5. All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, per i profili di colpa
correlati all’irritualità dell’impugnazione (C. cost. n. 186 del 2000), di una somma in favore
della cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo
determinare in Euro 1.000,00.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 13.1.2016

seguito

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