Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6365 del 18/12/2012


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 6365 Anno 2013
Presidente: MARZANO FRANCESCO
Relatore: D’ISA CLAUDIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
1. TESTINI PAOLO

n. il 24.04.1967

2. BIANCOTTI GIANCARLO n. il 29.09.1970

avverso la sentenza n. 1820/2012 della Corte d’appello di Milano del
21.03.2012.
Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso
Udita in PUBBLICA UDIENZA del 18 dicembre 2012 la relazione fatta
dal Consigliere dott. CLAUDIO D’ISA
Udito il Procuratore Generale nella persona del dott. Eduardo Vittorio
Scardaccione che ha concluso per il rigetto dei ricorsi .

Data Udienza: 18/12/2012

RITENUTO IN FATTO

TESTINI Paolo e BIANCOTTI Giancarlo ricorrono in cassazione avverso la
sentenza, in epigrafe indicata, della Corte d’appello di Milano che, in parziale
riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Sondrio il 15.05.2007 nei loro
confronti in ordine ad un delitto di furto aggravato, contestato al solo TESTINI
(capo A), e ad altro delitto di furto (capo B) ed al reato di cui all’art. 707 cod. pen.
contestati ad entrambi in concorso, ha dichiarato n.d.p. per il reato di cui al capo

i reati residui.
Il TESTINI, con un primo motivo, denuncia vizio di motivazione in ordine alla
ritenuta responsabilità per il reato di cui al capo B), mancando qualsiasi prova del
furto dell’auto stante, per altro, la confessione del coimputato che ha escluso la
partecipazione del ricorrente.
Con un secondo motivo denuncia altro vizio di motivazione in ordine alla denegata
attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen. e delle attenuanti generiche.
Il BIANCOTTI con il primo motivo denuncia violazione di legge e solleva questione
di incostituzionalità in ordine alla norma di cui all’art. 599 c.p.p. con riferimento
agli artt. 3, 24 e 40 Cost. Si adduce che la Corte d’Appello, sul rilievo che si
trattasse di procedimento con rito abbreviato, ha rigettato l’istanza del difensore di
rinvio dell’udienza del 21.03.2012 per avere aderito all’astensione dalle udienze
proclamata dall’associazione di categoria. Si argomenta che, allorché l’adesione del
difensore all’astensione proclamata dalle associazioni di categoria vada considerata
un legittimo impedimento e conseguentemente inserita nella previsione dell’art.
599y’ c.p.p. determina una illegittima contrazione del diritto di sciopero del legale
che allorché debba occuparsi dell’appello di un’udienza camerale non potrà
esercitarlo, creando disparità di trattamento con l’analoga posizione del legale
nell’ambito del giudizio ordinario, laddove tale impedimento legittimo impone il
rinvio della trattazione del processo.
Con Il secondo motivo denuncia vizio di motivazione per quanto riguarda la
mancata esposizione delle ragioni per cui si è ritenuto di fissare la pena base in tre
anni.
RITENUTO IN DIRITTO
I motivi esposti in entrambi i ricorsi sono inammissibili o perché non consentiti nel
giudizio di legittimità o perché manifestamente infondati.
Quelli esposti nell’interesse di TESTINI Paolo contengono censure non consentite
nel giudizio di legittimità, in quanto concernenti la ricostruzione e la valutazione del
fatto, nonché l’apprezzamento del materiale probatorio, profili del gi dizio rimessi

C) in quanto estinto per prescrizione ed ha rideterminato per entrambi la pena per

alla esclusiva competenza del giudice di merito, che ha fornito una congrua e
adeguata motivazione, immune da censure logiche, perché basata su corretti
criteri di inferenza, espressi in un ragionamento fondato su condivisibili massime di
esperienza.
Per altro le censure ripetitive delle argomentazioni già sottoposte al vaglio del
giudice dell’appello, manifestamente infondate e, in gran parte, dedotte con
formulazioni generiche concernenti apprezzamenti di merito relativi al trattamento
sanzionatorio incensurabili in questa sede.
“È inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che ripropongono le
stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi
gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero,
deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma
anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione
impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo
ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità
conducente, a mente dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), all’inammissibilità” (in
termini, sez. 2 sent. n. 19951 del 15.05.2008, Rv. 240109; sez. 4 sent. n. 34270
del 3.07.2007, Rv. 236845; sez. 1 sent. n. 39598 del 30.09.2004 Rv. 290634Sez.
4, N. 256/98 – ud. 18/9/1997 – RV. 210157; nello stesso senso Sez. 4, N. 1561/93
– ud. 15/12/1992 – RV. 193046). Il ricorso per cassazione deve rappresentare
censura alla sentenza impugnata, criticandone eventuali vizi in procedendo o in
iudicando: esso, quindi, non può consistere in una supina riproposizione delle
doglianze espresse con l’appello, ma deve consistere in una critica alle ragioni in
fatto e/o in diritto sulla cui scorta il secondo giudice ha ritenuto di dover
disattendere il gravame.
Anche sul secondo motivo si condivide l’assunto del giudice d’appello, per altro
questa Corte non può interferire nella valutazione economica del danno subito dalla
persona offesa del furto trattandosi di questione di fatto, a meno che, ictu acuii,
non appaia logicamente erronea, ma nel caso di specie il valore dell’autoveicolo
oggetto del furto, fissato in C 1000,00, quale parametro per determinare il danno
subito dalla persona offesa, correttamente è stato ritenuto esorbitare dalla nozione
di danno patrimoniale di speciale tenuità.
Relativamente alla questione di diritto proposta con il primo motivo del ricorso del
BIANCOTTI la violazione dell’art. 178 c.p.p., non sussiste, in quanto “l’istituto
dell’impedimento a comparire del difensore (derivante dall’astensione collettiva
degli avvocati) previsto dall’art. 420 ter c.p.p., in relazione all’udienza preliminare,
è applicabile nel giudizio abbreviato di primo grado, giust il disposto dell’art. 441

Nella giurisprudenza di legittimità è stato affermato il seguente principio di diritto:

c.p.p., e non anche nel giudizio camerale di appello” (Sez. 5, Sentenza n. 36623
del 16/07/2010 Ud. ; Rv. 248435Cass., sez. 6^, 23 settembre 2004, n. 40542).
Ed in precedenza anche le S.U. (Sez. U, Sentenza n. 31461 del 27/06/2006
Cc. Rv. 234146) Il disposto di cui all’art. 420 ter cod. proc. pen., secondo cui il
legittimo impedimento del difensore può costituire causa di rinvio dell’udienza
preliminare, non trova applicazione con riguardo agli altri procedimenti camerali,
ivi compresi quelli per i quali la presenza del difensore è prevista come necessaria,
soccorrendo, in tali ipotesi, la regola dettata dall’art. 97, comma quarto, cod. proc.
Quanto alla eccepita illegittimità costituzionale la questione già è stata affrontata
dalla Corte (Sez. 5, Sentenza n. 16555 del 6.04.2006, Rv. 234451) ed è stato
affermato che è manifestamente infondata in relazione agli artt. 3 e 24 Cost. la
questione di legittimità costituzionale dell’art. 599 cod. proc. pen. nella parte in cui
non prevede che, in caso di mancata partecipazione al giudizio camerate di appello
del difensore che sia legittimamente impedito, si faccia applicazione della regola
(art. 420 ter cod. proc. pen.) che impone il rinvio della udienza
Il Collegio non ritiene di discostarsi dalla suddetta statuizione, in quanto è
assolutamente costante, nella giurisprudenza della Consulta (V. per tutte Sentenza
Corte Cost. n. 373 del 1998), l’affermazione che le concrete modalità di esercizio
del diritto di difesa possono essere variamente modulate dal legislatore ordinario in
relazione alla diversità dei riti, con modalità improntate a criteri di economia
processuale e di massima speditezza, che tengano conto della struttura e delle
finalità dei riti alternativi, senza che per ciò siano lesi i principi costituzionali in
materia di eguaglianza, difesa e giusto processo, purché di tale diritto non sia
snaturata o preclusa l’effettività. Nè può ritenersi che un contraddittorio che in
sede di gravame si svolga, in ipotesi, in forma meramente cartolare vanifichi
l’esercizio di difesa o leda il principio di eguaglianza allorché tale possibilità
consegua all’opzione, liberamente privilegiata dallo stesso imputato, di consentire
l’accelerazione del procedimento in cambio di consistenti benefici sostanziali.
Da ultimo, per quanto riguarda la censura del BIANCOTTI relativa al vizio di
motivazione circa la quantificazione della pena si osserva che la Corte del merito
ha fatto riferimento alla sentenza di primo grado di cui ha condiviso la motivazione.
Alla dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti al
pagamento delle spese processuali e della somma di C 1000,00 in favore della
cassa delle ammende.
P.Q.M.

pen..

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno a quello della somma di C 1000,00 in favore della cassa
delle ammende.
Così deciso in Roma alla pubblica udienza del 18 dicembre 2012

Il Presidente

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