Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6365 del 18/10/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6365 Anno 2014
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: GUARDIANO ALFREDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Verra Giacinto, nato ad Arco il 7.1.1976, avverso l’ordinanza emessa il
12.6.2012 dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di
Trento;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Alfredo Guardiano.

FATTO E DIRITTO

1. Con ordinanza adottata il 12.6.2012 il giudice per le indagini
preliminari presso il tribunale di Trento rigettava la richiesta di
definizione del procedimento penale sorto a carico di Verra Giacinto,
mediante applicazione della pena in relazione al delitto di lesioni
volontarie aggravate, disponendo il rinvio a giudizio dell’imputato
innanzi al tribunale di Trento, sezione distaccata di Tione di Trento,

Data Udienza: 18/10/2013

ritenendo che “la qualificazione giuridica del fatto non è corretta
ravvisandosi anche il reato di rapina impropria aggravato dall’uso di
un’arma”.
2. Avverso tale decisione, di cui chiede l’annullamento, ha proposto
tempestivo ricorso per Cassazione, il Verra, a mezzo del suo difensore di

di merito e la violazione dell’art. 178, co. 1, lett. b), c.p.p., in relazione
all’art. 179, co. 1, dello stesso codice.
3 Con requisitoria scritta depositata il 10.4.2013 il pubblico ministero,
nella persona del sostituto procuratore generale dott. Pietro Gaeta, ha
concluso per l’annullamento dell’impugnata ordinanza, con ogni
conseguente statuizione.
4. Il ricorso è fondato e va, pertanto, accolto.
5. Il provvedimento del giudice procedente è censurabile sotto diversi
profili.
Esso si presenta come completamente avulso dal sistema processuale,
essendo caratterizzato da una vera è propria abnormità processuale, che
legittima il ricorso per Cassazione e ne giustifica l’annullamento (cfr.
Cass., sez. VI, 12.10.2004, n. 45459, S. e altro, rv. 230412; Cass., sez.
VI, 14.3.2013, n. 12627, G.; Cass., sez. u, n. 25957, 26.03.2009, Toni,
Rv., 243590).
Ed invero al rigetto della richiesta di applicazione della pena formulata
nell’interesse del Verra nella fase delle indagini preliminari, ai sensi
dell’art. 447, c.p.p., che poteva legittimamente essere fondata su di una
diversa qualificazione giuridica del fatto-reato, doveva seguire la
restituzione, da parte del giudice procedente, degli atti al pubblico
ministero affinché procedesse nelle forme ordinarie.
Incidentalmente va, inoltre, rilevato come sia del tutto impossibile
comprendere, dalla lettura del provvedimento impugnato, non avendolo
il giudice per le indagini preliminari specificato, per quale reato sia
intervenuto il rinvio a giudizio del Verra: se per il delitto di lesioni
volontarie aggravate (presumibilmente) dall’uso di un’arma (ipotesi di
reato su cui si era formato il consenso tra le parti in ordine alla richiesta

2

fiducia, lamentando l’abnormità del provvedimento adottato dal giudice

t

di “patteggiamento”) o se per il delitto di rapina impropria aggravata
dall’uso di un’arma, con conseguente indeterminatezza del giudice
eventualmente competente per materia (tribunale in composizione
monocratica o collegiale).
Ma quel che più conta è che il giudice per le indagini preliminari abbia

sconosciuto al sistema (“l’ordinanza di rinvio a giudizio”), adottato dallo
stesso giudice autonomamente, vale a dire in assenza di una richiesta
formulata al riguardo dal pubblico ministero, operando, in tal modo, un
completo stravolgimento non solo della sequenza procedimentale
prevista nel caso di rigetto della richiesta di patteggiamento avanzata
nella fase delle indagini preliminari, su cui nel caso in esame si era
formato il consenso delle parti, ma anche delle ordinarie regole che
presiedono all’esercizio dell’azione penale nel vigente ordinamento
processuale.
Il giudice per le indagini preliminari, infatti, indipendentemente dal
nomen iuris che ritiene di attribuire al suo provvedimento, non può
emettere il decreto che dispone il giudizio previsto dall’art. 429, c.p.p.,
se non sul presupposto di una richiesta di rinvio a giudizio del pubblico
ministero, che costituisce, ai sensi dell’art. 405, c.p.p., una delle forme
di esercizio dell’azione penale, in cui deve essere contenuta, tra l’altro,
la qualificazione giuridica del fatto-reato oggetto di contestazione,
riservata al pubblico ministero, nel caso in esame totalmente assente, né
ovviamente, per i reati che non prevedono la celebrazione preventiva
dell’udienza preliminare, emettere direttamente il decreto di citazione a
giudizio, altra forma di esercizio dell’azione penale che l’ordinamento
(art. 550, c.p.p.) riserva al pubblico ministero (peraltro anche i diversi
epiloghi decisori dell’opposizione al decreto penale di condanna
presuppongono l’esercizio dell’azione penale, con relativa qualificazione
del fatto per cui si procede da parte del pubblico ministero, attraverso la
richiesta motivata di emissione del decreto penale di condanna prevista
dall’art. 459, c.p.p.).

3

disposto il rinvio a giudizio dell’imputato sulla base di un provvedimento

Con il provvedimento impugnato, dunque, il giudice per le indagini
preliminari ha esercitato il potere di vocatio in iudicium dell’imputato al
di fuori dei casi consentiti dalla legge e delle ipotesi previste, al di là di
ogni ragionevole limite, dando vita ad una sorta di “ircocervo” giuridico,
che, connotandosi di evidente abnormità, va annullato, senza rinvio, con

tribunale di Trento per quanto di competenza.
P.Q.M.
annulla senza rinvio il provvedimento impugnato e dispone restituirsi gli
atti alla procura della Repubblica presso il tribunale di Trento per quanto
di competenza.
Così deciso in Roma il 18.10.2013

trasmissione degli atti all’ufficio della procura della Repubblica presso il

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