Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6363 del 18/10/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6363 Anno 2014
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA

sui ricorsi proposti nell’interesse di

Marciante Benedetto, nato a Palermo il 17/07/1952

Spitaleri Antonella, nata a Palermo il 25/05/1956

Sabella Francesco, nato a Palermo il 20/06/1973

Dragotto Placido, nato a Palermo 1’08/07/1969

Marciante Serena, nata a Palermo il 26/07/1978

avverso il decreto della Corte di appello di Palermo del 21/10/2011
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
lette le conclusioni del Procuratore generale presso questa Corte, nella persona
del Dott. Carmine Stabile, che ha richiesto il rigetto del ricorso

RITENUTO IN FATTO
I difensori di Benedetto Marciante, Antonella Spitaleri, Serena Marciante,
Francesco Sabella e Placido Dragotto ricorrono avverso il provvedimento indicato
in epigrafe, recante la conferma del decreto adottato dal Tribunale di Palermo il

Data Udienza: 18/10/2013

22/02/2006, in forza del quale era stata disposta a carico di Benedetto
Marciante, per anni 4 e con obbligo di soggiorno nel comune di residenza, la
misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, nonché la confisca ex
art. 2-ter della legge n. 575 del 1965 di numerosi beni intestati a suoi congiunti
(i soggetti di cui sopra, terzi interessati ed intervenienti nel procedimento di
prevenzione).
I ricorsi, afferenti la sola misura patrimoniale in quanto la misura personale
era stata oggetto di precedente decreto della Corte di appello di Palermo,

di cui appresso.
Ricorso Avv. Vincenzo Giambruno (per Benedetto Marciante, Antonella
Spitaleri e Serena Marciante)
Si lamenta violazione degli artt. 2-ter, 3-ter della legge n. 575 del 1965 e 7
della legge n. 1423 del 1956, contestando la ricostruzione dei giudici di merito
secondo cui i beni oggetto di sequestro avrebbero origine illecita. A riguardo,
viene evidenziato che il presunto ingresso del Marciante nel presunto sodalizio
criminoso – da cui si ricaverebbero gli indici della sua pericolosità – sarebbe
posteriore agli acquisti dei beni de quibus, acquisti per la cui provvista risultava
dimostrata una provenienza dall’autonomo patrimonio della moglie del proposto.
Inoltre, la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto del ruolo marginale
comunque rivestito dal Marciante nell’ambito di “cosa nostra”, nonché del suo
sopravvenuto e dimostrato recesso dall’organizzazione criminale, emergente da
più sentenze prodotte nel suo interesse.
La difesa contesta altresì la ritenuta sperequazione fra il valore dei beni
appresi e la capacità economico-finanziaria del nucleo familiare del Marciante,
per ricostruire la quale non si era tenuto conto – fra l’altro – del reale
ammontare di ricavi leciti nel periodo considerato, degli apporti che il genero
Sabella aveva effettuato per l’acquisto di un immobile intestato alla figlia del
proposto, del valore di beni percepiti in via di successione ereditaria e
dell’intervenuta alienazioni di altri beni cui si erano apportate migliorie.
Ricorsi Avv. Fabio Ferrara (con atti distinti, per Serena Marciante, Francesco
Sabella e Placido Ora gotto)
La difesa deduce inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 2-bis e 2ter della legge n. 575 del 1965, rappresentando che la parte motiva del decreto
impugnato sarebbe meramente apparente; ciò in quanto la Corte territoriale non
avrebbe compiuto una reale verifica, come prescritto dal dato normativo, circa la
sproporzione dei beni oggetto di sequestro e la capacità reddituale delle persone
che ne risultano rispettivamente intestatarie o che ne avrebbero la formale
disponibilità (a riguardo, nell’interesse dei soggetti assistiti, il difensore espone i

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parimenti confermativo del provvedimento del Tribunale, sviluppano le doglianze

dati desumibili dalla documentazione già offerta in produzione, della quale i
giudici di merito non avrebbero erroneamente tenuto conto). Inoltre, sia il
Tribunale che la Corte di appello di Palermo avrebbero erroneamente riferito
detti beni a Benedetto Marciante, sulla base di una mera relazione materiale e
perciò di elementi soltanto presuntivi, così determinando una illegittima
inversione dell’onere probatorio.

1. Il ricorso presentato nell’interesse di Benedetto Marciante deve qualificarsi
inammissibile. E’ infatti pacificamente affermato, nella giurisprudenza di questa
Corte, che «in tema di misure di prevenzione, la riserva del sindacato di
legittimità alla violazione di legge non consente di dedurre il vizio di motivazione,
ai sensi dell’art. 606, comma primo, lett. e) cod. proc. pen., sicché il controllo
del provvedimento consiste solo nella verifica della rispondenza degli elementi
esaminati […] ai parametri legali, imposti per l’applicazione delle singole misure
e vincolanti, in assenza della quale ricorre la violazione di legge sub specie di
motivazione apparente» (Cass., Sez. V, n. 19598 dell’08/04/2010, Palermo, Rv
247514).
Nel caso in esame, al contrario, il ricorso invoca vizi del decreto impugnato
per inosservanza di previsioni normative ma – per come prospettate in concreto,
in base alle argomentazioni sopra esposte – la censura si risolve in aspetti
riguardanti il merito, sollecitando un controllo dell’iter giustificativo della
decisione che in questa sede deve intendersi precluso: la Corte di appello di
Palermo ha infatti reso una concreta motivazione in ordine alla sussistenza dei
presupposti per l’applicazione della misura patrimoniale, adottando argomenti
che, per quanto non condivisibili dal ricorrente, non possono in alcun modo
considerarsi inesistenti o quanto meno apparenti.
La motivazione investe infatti tutti i profili oggetto di doglianza, ed in
particolare:
l’irrilevanza del momento di acquisto della proprietà dei beni da
confiscare, rispetto alla data cui riferire la valutazione di pericolosità del
proposto, ove peraltro si consideri che la giurisprudenza di questa Corte
ha più volte affermato che «in tema di misure di prevenzione antimafia,
sono soggetti a confisca anche i beni che il proposto ha acquisito,
direttamente o indirettamente, in epoca antecedente a quella a cui si
manifesta la sua pericolosità, se ne risulta la sproporzione rispetto ai
redditi e l’assenza di fonti lecite di acquisto» (Cass., Sez. VI, n. 35240 del
27/06/2013, Cardone, Rv 256266);

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CONSIDERATO IN DIRITTO

l’importanza del ruolo assunto da Benedetto Marciante all’interno della
struttura criminale, fino a considerare che l’impresa a lui riferibile
(assurta in brevissimo tempo al rango di azienda dominante nel settore
delle commesse portuali, pure in assenza di pregresse esperienze e
malgrado egli fosse stato in passato un semplice dipendente di una
cooperativa) avesse carattere

ex se

di mafiosità, per documentati rapporti

con la famiglia dell’Acquasanta, in particolare con i Galatolo \che ne erano
membri di spicco;

seria e convinta determinazione di recidere tutti i vincoli che lo avevano
per lungo tempo avvinto al sodalizio mafioso», come già evidenziato nel
decreto della Corte di appello di Palermo del 23/11/2009 in tema di
misura di prevenzione personale, il cui contenuto risulta riportato per
ampi stralci nel corpo del provvedimento oggetto degli odierni ricorsi.
Va infine ricordato che la limitazione alla violazione di legge del sindacato di
legittimità in materia di misure di prevenzione, prevista dall’art. 4 della legge n.
1423 del 1956 in coerenza con la natura e la funzione del relativo procedimento,
è stata riconosciuta dalla Corte Costituzionale non irragionevole – come si evince
dalla sentenza n. 321 del 2004 – proprio in ragione delle peculiarità di detto
procedimento ‘sia sul piano del rito che su quello sostanziale.
2. Debbono reputarsi inammissibili anche i ricorsi presentati nell’interesse
degli intervenienti. Oltre a doversi rilevare che anche i motivi esposti per i
ricorrenti ulteriori al proposto investono il merito del provvedimento impugnato,
in via preliminare appare assorbente la constatazione che – in pari data rispetto
alla presentazione dei ricorsi sopra ricordati – risultano depositate nomine
recanti la comune dicitura di un conferimento all’Avv. Fabio Ferrara di “ogni
potere e facoltà connessa al mandato difensivo, revocando ogni altra nomina”.
Non si tratta pertanto di atti aventi (anche) contenuto di procura speciale, al fine
di presentare ricorso per cassazione; analogamente, dall’esame del fascicolo non
risulta che Antonella Spitaleri e Serena Marciante abbiano conferito procura
speciale a detto fine in favore dell’Avv. Vincenzo Giambruno.
A riguardo, la costante giurisprudenza di legittimità ritiene che «in tema di
procedimento di prevenzione, il difensore del terzo interessato, non munito di
procura speciale, non è legittimato a ricorrere per cassazione avverso il decreto
che dispone la misura di prevenzione della confisca; né a tal fine può assumere
rilievo la distinzione tra i casi in cui il terzo intervenga volontariamente, e quelli
in cui sia intervenuto iussu iudicis,

poiché in entrambi i casi i soggetti

intervenienti non sono destinatari della chiesta misura di prevenzione e risultano,

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l’impossibilità di ritenere che il proposto avesse davvero palesato «una

quindi, portatori, nel procedimento di prevenzione, di un mero interesse di
natura civilistica» (Cass., Sez. II, n. 27037 del 27/03/2012, Bini, Rv 253404; v.
anche Cass., Sez. VI, n. 35240 del 27/06/2013, Cardone, cit.).

3. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna di ciascun
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi
profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al
pagamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di € 1.000,00,

P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 18/10/2013.

così equitativamente stabilita in ragione dei motivi dedotti.

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