Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6357 del 16/01/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 5 Num. 6357 Anno 2014
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ROBERTO FRANCESCO N. IL 01/11/1965
avverso la sentenza n. 1335/2010 CORTE APPELLO di SALERNO, del
05/11/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI DEMARCHI ALBENGO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Data Udienza: 16/01/2014

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Oscar Cedrangolo,
ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza
impugnata per prescrizione.
Per il ricorrente è presente l’Avvocato Festa Amerigo, il quale si riporta ai
motivi.

RITENUTO IN FATTO

Roberto Francesco è stato condannato dal tribunale di Salerno,

sezione distaccata di Mercato San Severino, alla pena di mesi tre di
reclusione ed euro 100 di multa per il furto aggravato di € 500
commesso ai danni di Truda Patrizia, che deteneva detta somma nella
cassa del proprio esercizio commerciale.
2.

La Corte d’appello di Salerno ha respinto l’impugnazione.

3.

Contro la predetta sentenza propone ricorso per cassazione

l’imputato per i seguenti motivi:
a.

manifesta illogicità della motivazione per travisamento delle
emergenze processuali. Il ricorrente lamenta il travisamento
della prova laddove la Corte non avrebbe considerato che la
vittima si trovava in una zona da cui la cassa non era visibile.

b. Erronea interpretazione dell’articolo 625, numero 4, del codice
penale; sotto tale profilo si ritiene che l’aggravante della
destrezza non sia configurabile quando il soggetto non abbia il
controllo visivo diretto del bene oggetto di sottrazione.
c.

Violazione degli articoli 159, numero 3, cod. pen. e 132 (disp.
Att.) cod. proc. pen.; prescrizione del reato. Sotto il primo
profilo si sostiene che la sospensione del decorso della
prescrizione per effetto del rinvio dal 16 gennaio 2009 al 16
ottobre 2010 poteva essere applicata per un massimo di
giorni 60. Sotto il secondo profilo di censura, il ricorrente
sostiene che la disposizione di cui all’articolo 132 bis non si
applichi ai processi pendenti in appello e rileva che il processo
non fu rinviato a seguito di organico provvedimento della
Corte, ma per le esigenze specifiche del ruolo di udienza.
Infine, il rinvio sarebbe stato disposto senza interpello delle
parti.

1

1.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile; il primo motivo è palesemente
infondato, dal momento che la stessa Corte d’appello ha riconosciuto che
la persona offesa non aveva la visuale sulla cassa perché si trovava in un
diverso ambiente; cfr. pag. 5, prime 2 righe. Non sussiste, pertanto,
alcun travisamento della prova.
2. Anche la censura in diritto è manifestamente infondata, giacché ai

che la vittima abbia un controllo visivo diretto del bene, potendo
mantenere un contatto con la cosa anche in via mediata e attraverso
diversi metodi di controllo, quale quello di tipo “sonoro”, indicato dalla
Corte d’appello alla pagina 5 della sentenza.
3. Quanto all’eccezione di prescrizione del reato, si osserva quanto
segue: con riferimento al rinvio dal 16 gennaio 2009 al 16 ottobre 2010,
occorre considerare una sospensione di 63 giorni perché la malattia
dell’imputato, che giustificò l’accoglimento dell’istanza di rinvio, aveva
una prognosi di cinque giorni, decorrente da due giorni prima
dell’udienza. I sessanta giorni vanno, dunque, calcolati dalla data di
cessazione dell’impedimento, riconducibile, dal certificato medico in atti,
a tre giorni dopo l’udienza di rinvio. I tre giorni in più, rispetto ai 60
giorni indicati dal ricorrente, sono comunque irrilevanti ai fini della
anticipazione della decorrenza della prescrizione a prima della sentenza
di appello. Il motivo è, dunque, manifestamente infondato.
4. Sotto il secondo profilo di censura, il ricorrente sostiene che la
disposizione di cui all’articolo 132 bis non si applichi ai processi pendenti
in appello e rileva che il processo non fu rinviato (il 18 aprile 2011) a
seguito di organico provvedimento della Corte, ma per le esigenze
specifiche del ruolo di udienza. Infine, il rinvio sarebbe stato disposto
senza interpello delle parti.
5. Anche questo motivo è manifestamente infondato; innanzitutto,
non risulta che la disposizione in esame sia riservata ai giudizi di primo
grado, né il ricorrente esplica i motivi di tale asserita limitazione, per cui
il ricorso sul punto è anche privo della necessaria specificità. Analoghe
considerazioni vanno svolte con riferimento alla asserita impossibilità che
il rinvio ex art. 132 bis sia disposto con riferimento alla determinazione
dei criteri di priorità nella trattazione dei processi di una singola udienza,
posto che nessuna limitazione in tal senso è contenuta nella norma in
2

fini di sussistenza dell’aggravante in questione non è affatto necessario

esame. Al contrario, l’art. 132 bis si riferisce non solo alla formazione dei
ruoli di udienza, ma anche alla trattazione dei singoli processi.
6. In secondo luogo, occorre rilevare che la Cassazione ritiene sì
necessario il contraddittorio – al fine di permettere alla difesa di poter
esercitare la facoltà di opporsi al rinvio (cfr. Sez. 2, n. 3343 del
13/11/2012, Morganti, Rv. 254778) – , ma risulta dal provvedimento in
atti (affoliazione 14 del fascicolo di appello) che il rinvio ai sensi dell’art.
132 bis delle disposizioni di attuazione al cpp fu disposto in udienza, nel

opposero.

L’odierna doglianza appare, dunque, del tutto pretestuosa e

inammissibile, essendovi stata quantomeno acquiescenza al rinvio
disposto ai sensi dell’art. 132 bis disp. Att. Cod. proc. pen..
7. Consegue a quanto detto che – dovendosi calcolare l’intero periodo
per il rinvio dal 18 aprile 2011 al 5 novembre 2012 – la prescrizione è ad
oggi decorsa, ma solo dopo la sentenza di appello (più precisamente il
1.02.2013), per effetto di sospensioni per complessivi anni uno, mesi 8 e
giorni 3. Ma l’inammissibilità del ricorso per cassazione, dovuta alla
manifesta infondatezza dei motivi, non consente il formarsi di un valido
rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e
dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen.
(Nella specie la prescrizione del reato maturata successivamente alla
sentenza impugnata con il ricorso). (Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, De
Luca, Rv. 217266
8.

Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; alla
declaratoria di inammissibilità segue, per legge (art. 616 c.p.p.), la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché
(trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa
emergenti dal ricorso: cfr. Sez. 2, n. 35443 del 06/07/2007 – dep.
24/09/2007, Ferraloro, Rv. 237957) al versamento, a favore della
cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo
determinare in Euro 1.000,00.

p.q.m.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 a
favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 16/1/2014

contraddittorio, ed in ogni caso le parti, sentite sul punto, non si

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA