Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6356 del 16/01/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6356 Anno 2014
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CUNDARI TOMMASO N. IL 01/04/1962
avverso la sentenza n. 698/2009 CORTE APPELLO di MESSINA, del
09/11/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI DEMARCHI ALBENGO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 16/01/2014

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Oscar Cedrangolo,
ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza
impugnata per prescrizione, con conferma delle statuizioni civili.

RITENUTO IN FATTO

1.

Cundari Tommaso è stato condannato dal tribunale di Messina alla

pena di mesi quattro di reclusione ed euro 300 di multa perché ritenuto

d’appello ha riqualificato il fatto ai sensi dell’articolo 485 del codice
penale ed a rideterminato la pena in mesi quattro di reclusione.
2.

Il Cundari propone ricorso per cassazione per i seguenti motivi:
a.

violazione degli articoli 518, 601, 179 del codice di procedura
penale per mancata notifica del decreto di citazione a giudizio
dell’imputato nel domicilio eletto.

b.

Violazione degli articoli 521 e 604 del codice di procedura
penale, avendo la Corte d’appello condannato l’imputato per
un reato diverso, negando all’imputato il diritto di difesa.

c.

Inosservanza od erronea applicazione degli articoli 336, 337
del codice di procedura penale e 124 cod. pen. per mancanza
di una valida querela; il motivo si articola in due censure. In
primo luogo si contesta che l’unica querela presentata sia
stata proposta nei confronti di soggetto diverso dall’odierno
imputato. In secondo luogo si contesta la presentazione
tardiva della querela, a distanza di due anni dalla conoscenza
dei fatti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile per genericità e carenza
di autosufficienza; l’imputato ricorrente si limita ad eccepire la mancata
notifica al domicilio eletto, senza dire quale fosse tale domicilio e dove
fosse contenuta l’elezione; tanto più che il decreto di citazione di primo
grado indica il domicilio presso lo studio del difensore, mentre il decreto
di citazione per il giudizio di appello viene notificato alla residenza
dell’imputato (residenza che risulta ancora attuale, come risulta
dall’intestazione del ricorso per cassazione), senza che risulti dagli atti

1

responsabile del reato di cui all’articolo 642 del codice penale; la Corte

una diversa elezione di domicilio. Il ricorso, dunque, non è sul punto
autosufficiente, oltre che generico, mancando l’allegazione dell’asserita
elezione di domicilio o la precisa indicazione di dove tale pretesa elezione
si troverebbe all’interno del fascicolo processuale.
2. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato: qualora,
infatti, una diversa qualificazione giuridica del fatto venga effettuata
dal giudice di appello senza che l’imputato abbia preventivamente
avuto modo di interloquire sul punto, la garanzia del contraddittorio

definizione mediante il ricorso per cassazione (Sez. 2, n. 21170 del
07/05/2013, Maiuri, Rv. 255735).
3. Ciò premesso, deve ritenersi il motivo di ricorso inammissibile per
mancanza di specificità; premesso che il contraddittorio, venuto
meno in secondo grado, può essere assicurato in cassazione (posto
che la corte di legittimità può procedere alla qualificazione giuridica
della fattispecie), al fine di consentire alla Corte di esercitare tale
controllo è necessario che il ricorrente eccepisca non solo la
violazione del contraddittorio (cui la Corte può in questa sede porre
rimedio), ma esponga altresì con precisione i motivi per cui ritiene
erronea la diversa qualificazione giuridica del fatto operata nel
giudizio di appello. Nel caso di specie, il ricorrente non indica in alcun
modo perché la qualificazione giuridica del fatto ex art. 485 cod. pen.
sarebbe erronea; omette, dunque, di indicare i motivi di censura
della decisione, in diritto, della Corte d’appello, che risulta invece
adeguatamente e correttamente motivata, anche in diritto, con
riferimento alla giurisprudenza di questa Corte.
4. Il terzo motivo deduce violazione di legge per essere intervenuta
condanna nonostante la mancata procedibilità del reato per
mancanza e tardività della querela (non viene eccepito, invece, il
difetto di motivazione).
5. La censura relativa alla mancanza della condizione di procedibilità è
manifestamente infondata perché non tiene in considerazione
l’effetto estensivo della querela, che ha efficacia nei confronti
dell’effettivo responsabile, pur se presentata contro soggetto diverso
(ciò ai sensi dell’articolo 123 del codice penale). Sul punto, c’è
comunque motivazione adeguata a pagina due della sentenza.

2

resta comunque assicurata dalla possibilità di contestare la diversa

6.

La censura relativa alla tardività della querela è, invece,
inammissibile perché non autosufficiente, facendo riferimento ad un
atto (fax inviato dalla Procura della repubblica alla Winterthur
assicurazioni il 19/11/2004) che non risulta nel fascicolo e che non è
stato allegato, nemmeno in copia, al ricorso (né viene indicata la sua
precisa collocazione in atti, ove ipoteticamente esistente).

7.

Per tutti questi motivi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;
l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta

di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e
dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc.
pen.

(Nella

specie

la

prescrizione

del

reato

maturata

successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso). (Sez. U, n.
32 del 22/11/2000, De Luca, Rv. 217266)

p.q.m.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 a
favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 16/1/2014

infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto

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