Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6355 del 16/01/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6355 Anno 2014
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
D’AMICO KELLY N. IL 12/05/1972
avverso la sentenza n. 1776/2008 CORTE APPELLO di L’AQUILA,
del 17/05/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI DEMARCHI ALBENGO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la pa civile, l’Avv
Udit i dif sor Avv.

Data Udienza: 16/01/2014

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Oscar Cedrangolo,
ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza
impugnata per prescrizione.

RITENUTO IN FATTO

1.

D’Amico Kelly è stato condannato dal tribunale di Chieti, sezione

distaccata di Ortona, alla pena di un anno e quattro mesi di reclusione

personali in danno di Torrente Pino.
2.

La Corte d’appello de L’Aquila ha dichiarato infondato l’appello.

3.

D’Amico Kelly propone ricorso per cassazione contro la predetta

sentenza per i seguenti motivi:
a.

contraddittorietà, travisamento dei fatti e manifesta illogicità
della sentenza in ordine ai reati contestati.

b. Vizio di motivazione con riferimento all’articolo 192 del codice
di procedura penale, all’articolo 27 della costituzione,
all’articolo 6 della cedu, agli articoli 530 e 533 cod. proc. pen.,
per violazione del principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio.
c.

Mancanza di motivazione su un motivo di appello e sulle
ragioni per le quali il giudice ha ritenuto non attendibili le
prove contrarie.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato. Quanto al primo motivo,
occorre premettere che in cassazione, a seguito delle modifiche dell’art.
606, comma primo, lett. e) ad opera dell’art. 8 della L. n. 46 del 2006,
non è consentito dedurre il “travisamento del fatto”, stante la
preclusione per il giudice di legittimità di sovrapporre la propria
valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti
gradi di merito (Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Rv. 253099; conf.
Sez. 5, n. 39048 del 25/09/2007, Casavola).
2. Quanto al fatto che la teste Fiacco, indicata dal querelante quale
persona informata sui fatti, ha dichiarato di non aver visto l’imputato, si
rileva che la Corte d’appello ha tenuto conto di tale circostanza e ne ha

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per i reati di tentato esercizio arbitrario delle proprie ragioni e lesioni

dato una spiegazione logica. In merito all’asserito travisamento delle
dichiarazioni rese dalla predetta teste, si osserva che la Corte dice,
prima di tutto, che la Fiacco potrebbe non aver notato l’imputato e ciò è
compatibile con l’affermazione della persona offesa, secondo cui la teste
non aveva assistito al diverbio. Le ulteriori considerazioni sulla memoria
dei fatti sono ultronee e non determinanti e pertanto, anche ove fosse
fondata la censura del ricorrente, essa non sarebbe in grado di
scardinare il costrutto logico della sentenza impugnata.

possono essere oggetto di rivisitazione in sede di legittimità, essendo
corredate di adeguata giustificazione, risultante dal complesso delle
motivazioni di primo e secondo grado (è noto che il giudice di legittimità,
ai fini della valutazione della congruità della motivazione del
provvedimento impugnato, deve fare riferimento alle sentenze di primo e
secondo grado, le quali si integrano a vicenda confluendo in un risultato
organico ed inscindibile; cfr. Sez. 2, n. 11220 del 13/11/1997,
Ambrosino; conff. Sez. 6, n. 23248 del 07/02/2003, Zanotti; Sez. 6, n.
11878 del 20/01/2003, Vigevano; sez. 2, n. 19947 del 15 maggio
2008).
4. Il terzo motivo di ricorso è generico e privo della necessaria
specificità; si deve comunque ricordare che per la validità della decisione
non è necessario che il giudice di merito sviluppi nella motivazione la
specifica ed esplicita confutazione della tesi difensiva disattesa, essendo
sufficiente, per escludere la ricorrenza del vizio di motivazione, che la
sentenza evidenzi una ricostruzione dei fatti che conduca alla reiezione
della deduzione difensiva implicitamente e senza lasciare spazio ad una
valida alternativa (cfr. sez. 2, n. 24847 del 5 maggio 2009, Polimeni). Il
dovere di motivazione della sentenza è adempiuto, ad opera del giudice
del merito, attraverso la valutazione globale delle deduzioni delle parti e
delle risultanze processuali, non essendo necessaria l’analisi approfondita
e l’esame dettagliato delle predette ed è sufficiente che si spieghino le
ragioni che hanno determinato il convincimento, dimostrando di aver
tenuto presente ogni fatto decisivo, nel qual caso devono considerarsi
implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non
espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la
decisione adottata (Sez. 6, n. 20092 del 04/05/2011, Schowick).
5. Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; alla
declaratoria di inammissibilità segue, per legge (art. 616 c.p.p.), la

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3. Il secondo motivo di ricorso censura valutazioni di fatto che non

condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché
(trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa
emergenti dal ricorso: cfr. Sez. 2, n. 35443 del 06/07/2007 – dep.
24/09/2007, Ferraloro, Rv. 237957) al versamento, a favore della
cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo
determinare in Euro 1.000,00.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 a
favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 16/1/2014

p.q.m.

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