Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6352 del 16/01/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6352 Anno 2014
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Zammarano Eupremio, nato a Taranto il 26/03/1951

avverso la sentenza emessa il 20/10/2011 dalla Corte di appello di Lecce,
sezione distaccata di Taranto

visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Oscar Cedrangolo, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della
sentenza impugnata, per sopravvenuta prescrizione del reato contestato

RITENUTO IN FATTO

Eupremio Zammarano ricorre avverso la pronuncia indicata in epigrafe,
recante la conferma della sua condanna, di cui alla sentenza del Tribunale di
Taranto del 26/11/2010, alla pena di mesi 6 di reclusione per il delitto di falso

Data Udienza: 16/01/2014

materiale ex artt. 476 e 482 cod. pen., che in appello era comunque riqualificato
ai sensi dell’art. 469 cod. pen.: i fatti si riferiscono alla formazione di una falsa
ricevuta di versamento relativa ad una imposizione tributaria, falsificazione
realizzata mediante la riproduzione sul bollettino dell’impronta dell’ufficio postale
attestante l’avvenuto pagamento.
Il ricorrente lamenta:
1. violazione dell’art. 178, comma 1, lett. c) del codice di rito, adducendo di
non avere mai ricevuto notifica del decreto di citazione per il giudizio di

2. violazione degli artt. 516 e 533 cod. proc. pen., in quanto l’affermazione
della penale responsabilità risulta espressa in forma alternativa, con
l’indicazione dell’imputato come esecutore materiale della contraffazione
ovvero come committente della condotta medesima, così riproducendo il
tenore della contestazione senza optare per l’una o l’altra ricostruzione
dei fatti in base alle risultanze istruttorie (a tal proposito, censura
l’assunto della Corte di appello secondo cui non sarebbe riscontrabile una
ipotesi di nullità);
3. inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 469 cod. pen. e 192,
comma 2, cod. proc. pen., dal momento che – tenendo conto della
diversa qualificazione del fatto operata dai giudici di appello – il timbro
attestante il pagamento non avrebbe potuto intendersi come “impronta di
pubblica autenticazione o certificazione”; inoltre, gli indizi raccolti
avrebbero dovuto reputarsi insufficienti, visto che era stato lo stesso
ricorrente ad attivare la procedura di controllo da parte di Poste Italiane
s.p.a. e si trattava di un versamento per importo esiguo, sì da
determinare quanto meno dubbi ragionevoli sulla sussistenza
dell’addebito;
4. omessa motivazione, non avendo la Corte territoriale esaminato il profilo
di gravame afferente la richiesta derubricazione nel reato di cui all’art.
489 cod. pen., che avrebbe comportato anche la declaratoria di
improcedibilità per difetto di querela;
5. inosservanza dell’art. 1 della legge n. 241 del 2006, essendo stata
disattesa la richiesta difensiva di applicazione dell’indulto, con l’erronea
motivazione che le relative determinazioni avrebbero dovuto riservarsi al
giudice dell’esecuzione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

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appello;

1. Deve prendersi atto dell’intervenuta prescrizione del reato addebitato al
ricorrente, a fronte peraltro di elementi di incertezza sulla effettiva ricezione da
parte dello Zammarano dell’avviso di fissazione dell’udienza per il giudizio di
appello.
1.1 In atti, si rinviene la copia di una attestazione di Poste Italiane s.p.a. di
non piano significato (vi si legge che il piego raccomandato, spedito il
12/08/2011, sarebbe stato accettato dal centro postale di Bari il 17, e
consegnato allo sportello della sede di Taranto il 31/08/2011, senza ulteriori

dell’avviso risultano peraltro avvalorati dalla circostanza che la notifica
dell’estratto contumaciale della successiva sentenza, spedito allo stesso indirizzo
(in Leporano, Via Viole 15), risulta non avere avuto esito positivo perché il
destinatario risultava trasferito.
1.2 Le censure del ricorrente in ordine alla formulazione alternativa delle
contestazioni di reato sono invece infondate, alla luce delle ineccepibili
considerazioni svolte nella sentenza impugnata: i giudici di appello rilevano che
«la condotta effettuata nell’interesse di taluno non può che essere nota allo
stesso, per cui, nel caso di specie, in cui la alterazione del bollettino postale, allo
stato degli atti, non poteva che giovare allo Zammarano, gli elementi per
l’affermazione della penale responsabilità dello stesso restano validi sia che egli
venga riconosciuto quale autore materiale che quale mero istigatore o
committente della intervenuta falsificazione».
1.3 Deve altresì ritenersi la correttezza dell’avvenuta riqualificazione
dell’addebito, atteso che secondo la giurisprudenza di questa Corte «integra gli
estremi del delitto di cui all’art. 469 cod. pen. la riproduzione, mediante un
programma informatico, dell’impronta impressa dall’ufficio postale attestante
l’avvenuto pagamento di bollettini di conto corrente» (Cass., Sez. V, n. 43369
del 06/10/2005, D’Emanuele, Rv 232850). Il ricorrente, del resto, non evidenzia
le ragioni secondo cui quella apposta sulla apparente ricevuta non avrebbe le
caratteristiche dell’impronta.
Le ulteriori doglianze sviluppate nel terzo motivo di ricorso costituiscono poi
censure in fatto già disattese dalla Corte territoriale (sull’irrilevanza dell’essere
stato lo Zammarano a sollecitare gli accertamenti e della modestia dell’importo
non pagato, i giudici di appello offrono una compiuta disamina alle pagg. 6 e 7,
con motivazione immune da vizi di contraddittorietà od illogicità).
1.4 Parimenti irrilevante risulta la mancata analisi, nel corpo della sentenza
impugnata, del motivo di appello sulla dedotta derubricazione del reato nella
meno grave ipotesi dell’uso di atto falso, fattispecie da escludere già per effetto
dalla disposta riqualificazione ai sensi dell’art. 469 cod. pen.; sia pure in ordine

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indicazioni); i profili di dubbio sulla completezza della procedura di notifica

ad una diversa casistica, si è già affermato che «integra il delitto di cui all’art.
469 cod. pen. (contraffazione delle impronte di una pubblica autenticazione o
certificazione e uso della cosa contraffatta) – e non quello di cui all’art. 489 cod.
pen. (uso di atto falso) – la condotta di colui che utilizza un documento di
circolazione recante stampigliata l’impronta di un timbro della Motorizzazione
civile contraffatto, considerato che la falsità di cui all’art. 489 riguarda gli atti e
non i sigilli o le impronte» (Cass., Sez. V, n. 39452 del 18/10/2006, Milenkovic,
Rv 235484).

cassazione per la mancata applicazione dell’indulto è ammissibile solo quando il
giudice di merito l’abbia erroneamente esclusa, con espressa statuizione nel
dispositivo della sentenza, diversamente dovendo adirsi il giudice
dell’esecuzione» (Cass., Sez. III, n. 25135 del 15/04/2009, Renda, Rv 243907;
v. anche Cass., Sez. V, n. 43262 del 22/10/2009, Albano).

2. Come già segnalato, deve in conclusione prendersi atto della maturata
prescrizione: la causa estintiva è venuta a perfezionarsi in data 07/12/2011, non
risultando ipotesi di sospensione, e si impone – pur essendo detta causa
sopravvenuta in epoca successiva alla sentenza di appello, ma in difetto di
elementi per una declaratoria di inammissibilità del ricorso – la conseguente
pronuncia ex art. 129 del codice di rito.

P. Q. M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, per essere il reato estinto per
prescrizione.

Così deciso il 16/01/2014.

1.5 Vi è infine pacifica giurisprudenza nel senso che «il ricorso per

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