Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6348 del 16/01/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6348 Anno 2014
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MARZANO MARCO N. IL 11/07/1968
avverso la sentenza n. 970/2009 CORTE APPELLO di GENOVA, del
02/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI DEMARCHI ALBENGO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la pa civile, l’Avv
Udit i dife or Avv.

Data Udienza: 16/01/2014

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Oscar Cedrangolo,
ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza
impugnata per prescrizione.

RITENUTO IN FATTO

1.

Marzano Marco propone ricorso per cassazione contro la sentenza

della Corte d’appello di Genova che, in parziale riforma di quella di primo

numero 7 del codice penale, previa concessione dell’attenuante di cui
all’articolo 62, numero 4, ritenuta equivalente alla aggravante,
condannandolo alla pena di mesi quattro di reclusione ed euro 300 di
multa.
2.

A sostegno del ricorso per cassazione lamenta la violazione

dell’articolo 442 cod. proc. pen. per mancata riduzione della pena
conseguente alla scelta del rito abbreviato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato; considerato che vi è stata
concessione dell’attenuante, ritenuta equivalente alla aggravante di cui
all’articolo 625, la pena andava determinata nell’ambito dei limiti edittali
di cui all’articolo 624, che prevede un minimo di mesi sei.
2. La pena, concretamente determinata nella misura di mesi quattro,
non può che essere stata ridotta per il rito, dato che è inferiore di un
terzo al minimo edittale. Anche la pena pecuniaria risulta, pur al lordo
della riduzione, ricompresa entro i limiti edittali.
3. Ne consegue che la riduzione di cui all’articolo 442 del codice di
procedura penale è stata correttamente applicata, pur non essendone
stato dato atto esplicitamente nella motivazione.
4.

Per questi motivi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per
manifesta infondatezza; alla declaratoria di inammissibilità segue,
per legge (art. 616 c.p.p.), la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali nonché (trattandosi di causa di
inammissibilità determinata da profili di colpa emergenti dal ricorso:
cfr. Sez. 2, n. 35443 del 06/07/2007, Ferraloro, Rv. 237957) al

1

grado, lo ha ritenuto colpevole del reato di cui agli articoli 624 e 625

versamento, a favore della cassa delle ammende, di una somma che
si ritiene equo e congruo determinare in Euro 1.000,00.
5. L’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta
infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto
di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e
dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc.
pen. (Nella specie la prescrizione del reato maturata
successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso). (Sez. U, n.

p.q.m.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 a
favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 16/1/2014

32 del 22/11/2000, De Luca, Rv. 217266).

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