Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6347 del 16/01/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6347 Anno 2014
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI SCHIAVI MANLIO N. IL 22/05/1975
avverso la sentenza n. 27/2012 CORTE APPELLO di CAMPOBASSO,
del 12/11/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI DEMARCHI ALBENGO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 16/01/2014

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Oscar Cedrangolo,
ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.

Di Schiavi Manlio è stato condannato dal tribunale di Isernia per i

reati di cui agli articoli 416, 473 e 474 del codice penale per essersi
associato con altri (con il ruolo di promotore) al fine di produrre e porre

recanti marchi contraffatti di case di moda italiane.
2.

La Corte d’appello di Campobasso ha dichiarato la prescrizione dei

reati di cui ai capi b e c (articoli 473 e 474 del codice penale) e,
confermata l’imputazione di cui al capo A (416 cod. pen.), concesse le
attenuanti generiche ed esclusa la continuazione, ha rideterminato la
pena in anni due e mesi sei di reclusione, interamente condonati.
3.

Contro la predetta sentenza di appello propone ricorso per

cassazione l’imputato per i seguenti motivi:
a. inosservanza di norme processuali e mancata assunzione di
prova decisiva con riferimento alla richiesta di perizia sui corpi
di reato. Sostiene la difesa che lo stesso tribunale aveva
ritenuto necessario, al fine di accertare la riconducibilità a
ciascun imputato di ognuno dei capi sottoposti all’esame degli
ausiliari di polizia giudiziaria, di disporre integrazione
testimoniale sensi dell’articolo 507, che però non aveva
colmato le lacune riscontrate, rendendosi invece necessario
disporre la richiesta perizia.
b. Violazione di legge in merito alla ritenuta sussistenza del
reato, pur in presenza di un falso grossolano; violazione di
legge a cagione della non ritenuta sussistenza della meno
grave fattispecie di cui all’articolo 517 del codice penale.
c. Inosservanza od erronea applicazione della legge penale e
mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della
motivazione; travisamento del fatto e delle prove.
d. Insussistenza degli elementi costitutivi del reato associativo;
carenza ed inadeguatezza delle prove in ordine all’esistenza
del pactum sceleris e dell’a ffectio societatís; insufficienza e
contraddittorietà della motivazione.

1

in commercio sui mercati nazionali ed esteri capi di abbigliamento

e. Insussistenza degli elementi costitutivi dei reati fine;
mancanza di prova della contraffazione e della destinazione
alla vendita dei prodotti; insufficienza e contraddittorietà della
motivazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

attiene ad una valutazione di merito che era stata disattesa
dal tribunale e puntualmente esaminata dal giudice di appello,
che ne ha dato risposta alla pagina sei, ritenendo non
sussistente alcuna lacuna istruttoria e fornendone adeguata
motivazione, non censurabile in questa sede di legittimità.
b. Il secondo motivo di ricorso consiste in una generica
elencazione di pronunce giurisprudenziali, senza indicare con
chiarezza ed in modo specifico perché sarebbe scorretta la
qualificazione giuridica del fatto. Le pronunce richiamate
ruotano attorno alla necessità dell’avvenuta registrazione dei
marchi, ma non vi è in tutto lo svolgimento del motivo una
sola contestazione esplicita dell’avvenuta registrazione dei
marchi oggetto di giudizio, che peraltro sembra poco
verosimile, trattandosi di marchi noti a livello mondiale ed
operanti da parecchi anni.
c.

Il terzo motivo di ricorso è poco chiaro e non individua in
modo specifico l’asserito travisamento; in realtà il motivo
costituisce, in concreto, una reiterazione delle difese di merito
già disattese dai Giudici di appello, oltre che censura in punto
di fatto della sentenza impugnata, inerendo esclusivamente
alla valutazione degli elementi di prova ed alla scelta delle
ragioni ritenute idonee a giustificare la decisione, cioè ad
attività che rientrano nel potere discrezionale del giudice di
merito, il cui apprezzamento è insindacabile in sede di
legittimità se sorretto, come nel caso in esame, da adeguata e
congrua motivazione esente da vizi logico-giuridici. Il
ricorrente pretende, con una valutazione frammentaria delle
prove, di riproporre in questa sede di legittimità temi di
merito che sono stati adeguatamente sviscerati e che non
sono pertanto sindacabili in cassazione.

2

a. Il primo motivo -d4—motivo di ricorso è generico e comunque

d. Il quarto motivo è generico e comunque valutativo, attenendo
ad una circostanza di merito che è stata accertata in modo
conforme dai giudici di primo e secondo grado e che ha
trovato nella complessiva motivazione evincibile dalle due
sentenze una spiegazione adeguata, congrua e priva di
evidenti vizi logici. Occorre ricordare che

i-e

giudice di

legittimità, ai fini della valutazione della congruità della
motivazione del provvedimento impugnato, deve fare

integrano a vicenda confluendo in un risultato organico ed
inscindibile (Sez. 2, n. 11220 del 13/11/1997, Ambrosino;
conff. Sez. 6, n. 23248 del 07/02/2003, Zanotti; Sez. 6, n.
11878 del 20/01/2003, Vigevano; sez. 2, n. 19947 del 15
maggio 2008).
e. Il quinto motivo è inammissibile, in quanto non consentito,
nella parte in cui concerne valutazioni di merito che sono state
adeguatamente sviscerate nel giudizio di primo e secondo
grado e che hanno trovato una motivazione più che adeguata
e scevra da vizi logici di sorta.
f.

La questione di diritto, in ordine alla configurabilità dei reati di
cui agli articoli 473 e 474 – per i quali peraltro vi è stata
declaratoria di prescrizione in secondo grado – è anch’essa
manifestamente infondata. Invero, le suddette norme tendono
alla tutela della pubblica fede con riferimento ai segni distintivi
di un determinato prodotto ed hanno come presupposto
l’attivita fraudolenta del soggetto, esplicatasi mediante
alterazione o contraffazione di marchi, etichette o sigilli
originali; in tale contesto normativo, il riutilizzo di una
etichetta o di un marchio vero su un prodotto non “originale”
rientra senz’altro nel concetto di contraffazione (cfr. Sez. 5, n.
918 del 14/05/1969, Angiolini, Rv. 112504).

2. Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; alla
declaratoria di inammissibilità segue, per legge (art. 616 c.p.p.), la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché
(trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa
emergenti dal ricorso: cfr. Sez. 2, n. 35443 del 06/07/2007 – dep.
24/09/2007, Ferraloro, Rv. 237957) al versamento, a favore della

3

riferimento alle sentenze di primo e secondo grado, le quali si

cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo
determinare in Euro 1.000,00.
3. L’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta
infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto
di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e
dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc.
pen. (Nella specie la prescrizione del reato maturata
successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso). (Sez. U, n.

p.q.m.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 a
favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 16/1/2014

32 del 22/11/2000, De Luca, Rv. 217266).

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