Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6334 del 18/10/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6334 Anno 2014
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto nell’interesse di
Sirico Adolfo, nato a Salerno il 30/04/1925

avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Roma il 09/02/2012

visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Aurelio Galasso, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso

RITENUTO IN FATTO

Il difensore di Adolfo Sirico ricorre avverso la pronuncia emessa a carico del
suo assistito dalla Corte di appello di Roma il 09/02/2012, recante la parziale
riforma della sentenza del Tribunale della stessa città del 09/05/2005, con la
quale l’imputato era stato condannato alla pena di anni 4 e mesi 6 di reclusione
per delitti di bancarotta, in ipotesi commessi relativamente alla gestione della

Data Udienza: 18/10/2013

S.E.C.E.R. s.r.I., dichiarata fallita il 10/01/1991.

La Corte territoriale,

confermando la correttezza delle argomentazioni adottate dai giudici di prime
cure in punto di affermazione della penale responsabilità dell’imputato, riteneva
conforme a giustizia ridurre il trattamento sanzionatorio in considerazione
dell’età del Sirico (nato nel 1925) e comunque ai sensi dell’art. 133 cod. pen.: la
pena era così rideterminata in anni 3 e mesi 6 di reclusione, indicando una pena
base di anni 3 quanto alla bancarotta per distrazione, con aumento di mesi 6 per
la parimenti contestata bancarotta documentale. La Corte disattendeva invece il

attenuanti ex art. 62-bis cod. pen., «atteso il riferimento alla particolare gravità
della condotta, in particolare in relazione all’ammontare delle somme
complessivamente distratte in favore dei creditori».
Con il ricorso oggi in esame, il difensore del Sirico lamenta inosservanza ed
erronea applicazione di leggi sostanziali e processuali, nonché mancanza,
contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione della sentenza
impugnata.
La difesa evidenzia in particolare che la Corte territoriale avrebbe fondato il
proprio giudizio di responsabilità con riguardo sia alla bancarotta distrattiva che
a quella documentale, senza tuttavia avvedersi che in ordine a quest’ultima era
già intervenuta sentenza assolutoria da parte del Tribunale di Roma: errore che
avrebbe inevitabilmente riverberato conseguenze anche sulla decisione relativa
alla negazione delle circostanze attenuanti generiche ed alla determinazione
della pena. Relativamente all’omessa concessione delle attenuanti anzidette,
viene altresì evidenziato che i giudici di appello risultano aver radicato il proprio
convincimento sul solo presupposto della “particolare gravità del reato”,
elemento che tuttavia avrebbe dovuto essere considerato nella valutazione degli
aspetti oggettivi della condotta, da tenere distinta rispetto a quella concernente il
riconoscimento delle attenuanti in parola.
In ordine alla presunta bancarotta per distrazione, il ricorrente lamenta poi
– contrariamente a quanto ritenuto nella motivazione del provvedimento oggetto
di gravame – che nella cessione dell’azienda “Cafè de Paris” dalla società fallita
ad altra società non vi fu alcuna simulazione, ma al contrario «un negozio
giuridico che diede luogo al pagamento reale del prezzo»: la circostanza sarebbe
dimostrata documentalmente dalla acquisizione in atti delle copie di assegni
circolari emessi in favore della S.E.C.E.R. per detta causa, e definitivamente
ribadita dal Tribunale civile di Roma, in una sentenza del 1995 parimenti versata
nel carteggio processuale.

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motivo di appello concernente l’omessa concessione in favore del prevenuto delle

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve ritenersi inammissibile.
1.1 Manifestamente infondata appare infatti la doglianza difensiva
concernente la presunta assoluzione del Sirico, già intervenuta in primo grado,
quanto al reato di bancarotta documentale. Esaminando il capo d’imputazione,
si rileva infatti che il ricorrente era chiamato a rispondere (con specifico richiamo
in rubrica, fra l’altro, delle ipotesi criminose ex artt. 216, comma primo, nn. 1 e

della dissimulazione di beni della società, mediante la vendita fittizia

dell’azienda “Cafè de Paris”;
– della distrazione di 500 milioni di lire fra il 1986 e il 1988, nonché di poco più di
due miliardi di lire apparentemente restituiti a terzi, a saldo di anticipazioni;
– della omessa indicazione di passività nella situazione patrimoniale aggiornata al
10/01/1991;
– della tenuta delle scritture contabili in modo tale da non rendere possibile la
ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della società fallita.
Analizzando il contenuto della sentenza di primo grado, si rileva l’evidente
affermazione della penale responsabilità del Sirico quanto alle prime due
condotte, cui fa seguito – a pag. 11 – l’osservazione secondo cui le scritture
contabili dovevano intendersi inattendibili, tanto più che l’imputato risultava aver
fatto presente alla Guardia di Finanza di avere subito il furto dei libri in
questione, riservandosi di produrre copia della relativa denuncia (incombente che
si era ben guardato dal curare). Ancora immediatamente dopo vi si legge che
«le omissioni racchiuse nella specifica contestazione di cui all’art. 2621, con
riferimento al bilancio 10/01/1991, non possono essere considerate causative del
dissesto nel senso fatto proprio dalla legge, perché attengono a condotte
successivt al dissesto sfociato nella sentenza dichiarativa di fallimento, e
pertanto solo con riferimento ad esse il reato va escluso alla luce della nuova
fattispecie penale sul falso in bilancio, con conseguente assoluzione del Sirico
perché il fatto non sussiste».
Ergo, una pronuncia liberatoria nei confronti dell’imputato era intervenuta
soltanto con specifico riferimento all’addebito

ex art. 2621 cod. civ., come

richiamato dall’art. 223, comma secondo, n. 1, legge fall.: addebito che risultava
esattamente descritto in rubrica, ed altrettanto chiaramente distinto dalla
successiva contestazione afferente la bancarotta documentale.
1.2 Il problema della ravvisabilità o meno di un negozio simulato, nella
cessione dell’azienda da parte della S.E.C.E.R., da un lato i inerisced merito della
vicenda, e dall’altro l appare del tutto irrilevante ai fini dell’invocata esclusione

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2, 223, comma primo e comma secondo, n. 1, legge fall.):

della responsabilità del Sirico in sede penale, considerando i termini della
contestazione effettivamente mossa all’imputato. E’ infatti innegabile che la
sentenza civile menzionata nel ricorso, già nel contenuto richiamato
nell’interesse del prevenuto, segnala che «la mancata acquisizione della somma
corrisposta in esecuzione del contratto di vendita, ove realmente configurabile,
non potrebbe essere considerata prova della simulazione»; tuttavia, la
motivazione prosegue dando atto che detta prova farebbe difetto essendo al
contempo ragionevole ipotizzare che la somma de qua non venne acquisita a

E0 questo è proprio quanto accertato all’esito del processo penale, dove indipendentemente dalla regolare emissione di assegni circolari a fronte
dell’operazione ricordata, e della successiva consegna di quei titoli in pagamento
– appare provato che «tutti gli assegni circolari versati alla S.E.C.E.R. vengono
poi girati dalla società (e quindi dal Sirico, quale suo amministratore) ad altre
società […] e da queste nuovamente al Sirico che, in conclusione, appare l’ultimo
prenditore di tutti i titoli, come dimostrato peraltro dal fatto che è sua l’ultima
firma di girata apposta» (v. pag. 2 della sentenza oggi impugnata, dove peraltro
si ricorda che l’amministratore delle società giratarie aveva sostenuto la falsità
delle relative sottoscrizioni).
1.3 In ordine alla negazione delle attenuanti generiche, va ribadito che la
sussistenza di circostanze rilevanti ex art. 62-bis cod. pen. è oggetto di un
giudizio di fatto, e può essere esclusa dal giudice con motivazione fondata sulle
sole ragioni preponderanti della propria decisione, non sindacabile in sede di
legittimità, purché non contraddittoria e congruamente motivata, neppure
quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori
attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato (v. Cass., Sez. VI, n. 42688 del
24/09/2008, Caridi). Peraltro, ai fini della concessione o del diniego delle
circostanze attenuanti generiche il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra
gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., quello che ritiene prevalente ed atto
a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo
elemento attinente alla personalità del colpevole, alla gravità del reato ed alle
modalità di esecuzione della condotta criminosa può essere sufficiente in tal
senso (v. Cass., Sez. II, n. 3609 del 18/01/2011, Sermone).

2. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna del Sirico al
pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa
nella determinazione della causa di inammissibilità, in quanto riconducibile alla
volontà del ricorrente (v. Corte Cost., sent. n. 186 del 13/06/2000) – al

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causa di «una illecita e non consentita appropriazione del denaro».

versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di C 1.000,00,
così equitativamente stabilita in ragione dei motivi dedotti.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle

Così deciso il 18/10/2013.

Ammende.

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