Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6321 del 23/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 6321 Anno 2014
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DITA VASILE MARIUS N. IL 20/09/1982
avverso la sentenza n. 449/2013 TRIBUNALE di TIVOLI, del
02/03/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 23/10/2013

Osserva
Ricorre per cassazione, personalmente, Dita Vasile Marius avverso la sentenza emessa in
data 2.3.2013 ai sensi dell’art. 444 c.p.p. dal Giudice monocratico del Tribunale di Tivoli
con la quale veniva applicata al predetto la pena concordata di mesi sei di reclusione ed
euro 300,00 di multa per il delitto di tentato furto aggravato.
Deduce il vizio motivazionale in ordine alla mancata applicazione del proscioglimento ai
sensi dell’art. 129 c.p.p. e alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
Il ricorso è inammissibile, ex articolo 606, comma 3, c.p.p., perché proposto per motivi

Come questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr. ex plurimis, Cass. pen. Sez. Un., n.
10372 del 27.9.1995, Rv. 202270, Serafino), l’obbligo della motivazione della sentenza di
applicazione concordata della pena va conformato alla particolare natura della medesima e
deve ritenersi adempiuto qualora il giudice dia atto, ancorché succintamente, di aver
proceduto alla delibazione degli elementi positivi richiesti (la sussistenza dell’accordo delle
parti, la corretta qualificazione giuridica del fatto, l’applicazione di eventuali circostanze ed
il giudizio di bilanciamento, la congruità della pena, la concedibilità della sospensione
condizionale della pena ove la efficacia della richiesta sia ad essa subordinata) e di quelli
negativi (che non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento a norma
dell’articolo 129 c.p.p.).
In particolare, il giudizio negativo in ordine alla ricorrenza di una delle ipotesi di cui
all’articolo 129 c.p.p. deve essere accompagnato da una specifica motivazione soltanto nel
caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la
possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in
caso contrario, una motivazione consistente nell’enunciazione, anche implicita, che è stata
compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per una
pronuncia di proscioglimento ai sensi della disposizione citata.
Del resto, in tema di patteggiamento, tutte le statuizioni non illegittime, concordate dalle
parti e recepite in sentenza (tra esse soprattutto quella principale dell’affermazione di
responsabilità, la misura della pena nonché le circostanze aggravanti e attenuanti, come
quelle invocate dal ricorrente), in quanto manifestazione di un generale potere dispositivo
che la legge riconosce alle parti e che il giudice ratifica, non possono essere dalle stesse
parti rimesse in discussione con il ricorso per cassazione (ex plurimis: Cass. pen. Sez. VI,
19.2.2004 n. 18385, Rv. 228047).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene
equo liquidare in C 1.500,00, in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi
assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.

2

manifestamente infondati e non consentiti nella presente sede.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 23.10.2013

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