Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6317 del 17/11/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 6317 Anno 2016
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: RECCHIONE SANDRA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TRISCALI VINCENZO N. IL 21/10/1968
avverso la sentenza n. 259/2015 TRIBUNALE di TORINO, del
17/03/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SANDRA RECCHIONE;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. et
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Udit i difeRgor Avv.;

Data Udienza: 17/11/2015

RITENUTO IN FATTO

1.11 Giudice per le indagini preliminari di Torino applicava al Triscali su su
richiesta e con il consenso del pubblico ministero la pena di anni due mesi sei di
reclusione ed euro 2000 di multa in relazione ai reati di ricettazione e di furto
aggravato.

2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso l’imputato che deduceva carenza di

3.

Il Procuratore generale con requisitoria scritta concludeva per la

inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 ricorso è manifestamente infondato
1.1. Come La Corte di legittimità ha ripetutamente affermato (cfr. ex plurimis
Cass. S.U. 27 settembre 1995, Serafino), l’obbligo della motivazione della
sentenza di applicazione concordata della pena va conformato alla particolare
natura della medesima e deve ritenersi adempiuto qualora il giudice dia atto,
ancorché succintamente, ovvero implicitamente di aver proceduto alla
delibazione degli elementi positivi richiesti e di quelli negativi, ovvero che non
debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento a norma dell’art. 129 cod.
proc.pen. (Cass. Sez. 4, n. 34494 13/07/2006; Cass. sez. 1, n. 3980\94
Magliulo, rv 199479).
In particolare, il giudizio sintetico sulla congruità della pena offerto nella
sentenza impugnata offre un sostegno motivazionale coerente con i parametri di
legge tenuto conto della particolare natura del rito che vede il giudice procedere
ad una ratifica ad un accordo tra le parti che comporta una rinuncia allo
sviluppo del processo con le forme ordinarie, con conseguente riduzione degli
oneri motivazionali che si ritengono assolti anche attraverso il ricorso a formule
sintetiche.
Sotto altro profilo, si rileva che la adesione a tale accordo, nella misura in cui la
pena proposto sia legale, elide l’interesse della parte al ricorso per cassazione
che deve, anche in relazione a tale aspetto, essere dichiarato inammissibile.
Invero, l’interesse ad impugnare richiamato dall’art. 568 cod. proc.pen., comma
4 , cod. proc. pen. quale condizione di ammissibilità di qualsiasi impugnazione,
deve essere correlato agli effetti primari e diretti del provvedimento da
2

motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio.

impugnare e sussiste solo se il gravame sia idoneo a costituire, attraverso
l’eliminazione di un provvedimento pregiudizievole, una situazione pratica più
vantaggiosa per l’impugnante rispetto a quella esistente.
Dunque sussiste un interesse concreto solo ove dalla denunciata violazione sia
derivata una lesione dei diritti che si intendono tutelare e nel nuovo giudizio
possa ipoteticamente raggiungersi un risultato non solo teoricamente corretto,
ma anche praticamente favorevole (cfr. Cass. S.U. n. 42 del 13.12.95, dep.
29.12.95; Cass. n. 6301/97; Cass. n. 514/98; Cass. Sez. 2, n. 15715 del

11.12.2003, nonché numerose altre analoghe). In altre parole, l’interesse ad
impugnare non è costituito dalla mera aspirazione della parte all’esattezza
tecnico-giuridica della motivazione del provvedimento, ma dall’interesse a
conseguire – dalla riforma o dall’annullamento del provvedimento impugnato – un
concreto vantaggio (Cass. Sez. 2, n. 31048 del 13/06/2013, Rv. 257066).
Nel caso di specie non si rinviene l’ interesse del ricorrente che si duole della
motivazione di accoglimento di una sua esplicita richiesta di patteggiamento.
Manifestamente infondate sono anche le doglianze avanzate in ordine alla
sinteticità della motivazione riferite alla qualificazione giuridica. In assenza di
errori di inquadramento non si rinviene l’interesse al ricorso della parte che ha
aderito all’accordo.

2. Alla inammissibilità del ricorso segue, a norma dell’art. 616 cod. proc.pen., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al pagamento a
favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della
somma di euro 1500 a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e di euro 1500.00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il giorno
L’estensore

17 novembre 2015
Il Presidente

28.5.2004, dep. 8.6.2004; Cass. Sez. 1, n. 47496 del 17.10.2003, dep.

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