Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6306 del 11/11/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 6306 Anno 2016
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: VERGA GIOVANNA

Data Udienza: 11/11/2015

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DE BENEDETTI DAVIDE N. IL 31/03/1988
avverso l’ordinanza n. 53/2015 TRIB. LIBERTA’ di FROSINONE, del
25/06/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA;
Ittsentite le conclusioni del PG Dott.
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MOTIVI DELLA DECISIONE

Ricorre per Cassazione DE BENEDETTI Davide avverso l’ordinanza del Tribunale del
riesame di Frosinone che ha confermato il decreto di sequestro preventivo dell’ immobile
sito in Ceprano di proprietà di DE BENEDETTI Davide, indagato per riciclaggio, fino alla
concorrenza dell’importo di euro 147.000,00.
Ricorre per Cassazione l’indagato deducendo che il provvedimento impugnato è incorso
in:

e 178 lett. C) codice di procedura penale. Lamenta che il tribunale ha
completamente ignorato la doglianza avanzata in sede di riesame e relativa
all’assenza del fascicolo nella cancelleria del tribunale in violazione dell’articolo
306 comma 6 che prescrive esplicitamente che fino al giorno dell’udienza gli atti
devono restare depositati in cancelleria. Atti che invece com’è facile riscontrare
dalla consultazione degli stessi sono pervenuti via fax alle ore le 9,30 del 25
giugno 2015, un’ora prima della discussione, anche in questo caso in palese
violazione dell’articolo 324 comma 3. Rileva inoltre che il tribunale ha
completamente omesso ogni considerazione in merito all’eccepita incompletezza e
mancata acquisizione della documentazione posta a fondamento del decreto
impugnato
2. violazione di legge in relazione all’648 bis 648 quater.. Mancanza di motivazione in
ordine al fumus. Lamenta che il tribunale si è limitato ad una mera enunciazione e
descrizione della fattispecie criminosa senza spiegare le ragioni per cui la stessa
sia sovrapponibile ai fatti contestati. Rileva inoltre che il tribunale ha mancato di
confutare le doglianze difensive in merito all’eccepita insussistenza del delitto di
riciclaggio derivante dal fatto che i conti – da dove sono stati prelevati i soldi per
l’acquisto dell’appartamento – risultano cointestati con la madre, quindi l’autore
del reato presupposto avrebbe depositati profitti illeciti sul suo conto personale,
cointestato con il ricorrente. Sostiene che la predisposizione dei conti cointestati
su cui depositare proventi delle truffe, potrebbe essere un concreto indizio di
concorso nella consumazione del reato presupposto con esclusione della
responsabilità per la clausola di riserva delle contestato reato di riciclaggio. Rileva
inoltre che manca qualsiasi prova della consapevolezza del ricorrente della
provenienza illecita del denaro . Evidenzia che in ogni modo risulta che i soldi
utilizzati per l’acquisto dell’immobile sono di sicura provenienza lecita;
3. violazione di legge, illegittimità del sequestro per equivalente. Mancanza e
apparenza di motivazione. Rileva che è indubbio che si può procedere a sequestro
preventivo per equivalente solo nel caso in cui risulta impossibile il sequestro
diretto del profitto del reato. Nel caso in esame l’appartamento sequestrato
1

1. violazione dell’articolo 324 comma 3 e 6 in relazione all’articolo 309 comma 9 e 10

costituisce il profitto del reato di riciclaggio così come risulta dalla imputazione.
Sostiene che il decreto dovrebbe considerarsi nullo o illegittimo per carenza del
requisito della pertinenzialità del bene al reato contestato e per l’omessa
motivazione sul punto.

Il primo motivo di ricorso è infondato.

riesame e relativa all’assenza del fascicolo nella cancelleria del tribunale in violazione
dell’articolo 306 comma 6 che prescrive esplicitamente che fino al giorno dell’udienza gli
atti devono restare depositati in cancelleria,ttti che, come era facile riscontrare dalla
consultazione degli stessi , erano pervenuti via fax alle ore 9.30 del 25.6.2015 e quindi
un’ora prima della discussione. Atti dei quali comunque denunciava l’incompletezza.
Con riguardo alla censura deve in primo luogo rilevarsi che le Sezioni Unite di questa
Corte ( sentenza n. 26268/2013) al quesito «se, nel procedimento di riesame del
provvedimento di sequestro, sia applicabile il termine perentorio di cinque giorni, previsto
dall’art. 309, comma 5, cod. proc. pen. (con la conseguente perdita di efficacia del
provvedimento in caso di violazione) per la trasmissione degli atti al tribunale» hanno
risposto negativamente, “atteso che, per il riesame delle misure cautelari reali, il termine
per la trasmissione degli atti al tribunale, è rimasto invariato, nella sua durata di un
giorno e nella sua natura ordinatoria…..la possibilità per il tribunale di disporre eventuali
integrazioni degli atti, nei limiti derivanti dall’effetto devolutivo dell’impugnazione,
rappresenta il logico corollario della non perentorietà del termine di trasmissione degli
atti. Invero, poiché il tribunale può procedere al giudizio solo con piena cognizione degli
atti posti a sostegno della misura, il collegio, con provvedimento volto all’adempimento di
un dovere funzionale (il cui esercizio è necessario e strumentale alla definizione del
procedimento incidentale), può e deve disporre l’acquisizione degli atti mancanti, la cui
trasmissione tardiva non può comportare la caducazione della misura”.
Ciò detto deve rilevarsi che il Tribunale ha dato atto che gli atti del fascicolo erano stati
trasmessi in un tempo anteriore alla celebrazione dell’udienza e che il decreto di
sequestro e il verbale di esecuzione erano conosciuti e conoscibili dalla parte perché alla
stessa notificati al momento dell’intervento della P.G. Che la parte sia stata in grado di
esaminare gli atti è provato dal fatto che la stessa nelle sue conclusioni rese all’ udienza
26.6.2015, dopo avere depositato documentazione, ha eccepito l’incompletezza degli atti
trasmessi dalla Procura di Cassino.
E’ evidente pertanto che nessuna violazione del diritto di difesa è stata realizzata
essendo stata la difesa, presente in udienza, in grado di esaminare gli atti
compiutamente al punto di rilevarne l’incompletezza.
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Il ricorrente sostiene che il tribunale avrebbe ignorato la doglianza avanzata in sede di

Con riguardo al secondo motivo deve rilevarsi che in tema di riesame delle misura
cautelari reali, nella nozione di “violazione di legge” per cui soltanto può essere proposto
ricorso per cassazione a norma dell’art. 325 c.p.p., comma 1, rientrano la mancanza
assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto
correlate all’inosservanza di precise norme processuali; ne consegue che non possono
essere dedotti con il predetto mezzo di impugnazione vizi della motivazione, atteso che
nel predetto concetto di “violazione di legge”, come indicato nell’art. 111 Cost. e art. 606

della motivazione, che sono invece separatamente previsti come motivo di ricorso
(peraltro non applicabile al ricorso ex art. 325 c.p.p.) dall’art. 606 c.p.p., comma 1, lett.
e), (Cass. SS.UU., 28.1.2004 n. 5876).
Deve aggiungersi che la verifica delle condizioni di legittimità della misura, da parte
(prima) del Tribunale e (poi) della Corte di legittimità, non può tradursi in un’anticipata
decisione della questione di merito, concernente la responsabilità del soggetto indagato,
in ordine al reato oggetto di investigazione, ma deve limitarsi al controllo di compatibilità
tra la fattispecie concreta e quella legale ipotizzata, mediante una valutazione prioritaria
dell’antigiuridicità del fatto
Non vi può infatti essere alcun dubbio in ordine alla differenza dei presupposti necessari
per l’applicazione delle misure cautelari personali e di quelle reali. In effetti, come è stato
ribadito anche dalla Corte Costituzionale (vedi ordinanza n. 153 del 2007 della Corte
Costituzionale, che ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 324 c.p.p. in relazione all’art. 111 Cost., comma 2, nella parte in
cui limiterebbe i poteri del Tribunale del riesame alla verifica della sola astratta possibilità
di sussumere il fatto in una determinata ipotesi di reato), per le misure cautelari reali non
è richiesto il presupposto della gravità indiziaria, postulato, invece, in tema di cautele
personali, in correlazione alla diversità, pure di rango costituzionale, dei valori coinvolti.
Tale ratio si riflette anche sulla ampiezza del sindacato giurisdizionale relativo alla verifica
della base fattuale richiesta per l’adozione delle misure cautelari, valendo il paradigma
della qualificata probabilità di responsabilità nelle misure cautelari personali ed il diverso
metro del fumus commissi delicti in tema di sequestri.
Questo non vuol dire che il sindacato giurisdizionale operato dal Tribunale del riesame e
dalla Corte di Cassazione sulla compatibilità tra la fattispecie concreta e quella legale
debba essere meramente astratto e puramente cartolare, disancorato da ogni valutazione
della effettiva situazione concreta.
Il giudice cautelare, a differenza di quello del merito, non ha poteri di istruzione e di
valutazione probatoria, che sono incompatibili con la natura cautelare del giudizio, ma
tuttavia conserva in pieno il potere di valutare in punto di diritto se sulla base delle
prospettazioni hic et inde dedotte ricorra il reato contestato. Si tratta di una valutazione
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c.p.p., comma 1, lett. b) e c), non rientrano anche la mancanza e la manifesta illogicità

provvisoria dettata dalla urgenza, che dovrà essere approfondita dal giudice di merito
dopo il compimento della istruzione probatoria, ma che deve essere reale, al fine di
evitare che il controllo di garanzia del giudice sia vanificato, lasciando così al solo
Pubblico Ministero il potere di espropriare unilateralmente, sia pure non a tempo
indeterminato, diritti patrimoniali garantiti dalla Costituzione.
Nel caso di specie il giudice del riesame ha fatto corretta applicazione del principi espressi
dando atto di avere esaminato e valutato gli elementi accusatori e quelli prospettati dalla
difesa e all’esito di essere pervenuto alla affermazioni di sussistenza del fumus di cui ha

informativa della polizia postale, riscontrata dalla documentazione rinvenuta e
sequestrata a Canni Laura nel corso della perquisizione, con riguardo al reato
presupposto di truffa, e alle rilevanti disponibilità di somme di denaro riconducibili al DE
BENEDETTI che non trovano giustificazione diversa da quella sostenuta dall’accusa, così
come l’acquisto pro quota dell’immobile effettuato con denaro di cui il DE BENEDETTI
non ha fornito alcuna seria e valida giustificazione della lecita provenienza .
Con riguardo al terzo motivo deve rilevarsi che, come indicato dal Tribunale, il sequestro
è avvenuto ai fini di confisca per equivalente ex art. 648 quater c.p.
In tema di confisca per equivalente, qualora il profitto tratto da taluno dei reati sia
costituito da denaro, l’adozione del sequestro preventivo non è subordinata alla verifica
che le somme provengano dal delitto e siano confluite nella effettiva disponibilità
dell’indagato, in quanto il denaro oggetto di ablazione deve solo equivalere all’importo
che corrisponde per valore al prezzo o al profitto del reato, non sussistendo alcun
nesso pertinenziale tra il reato e il bene da confiscare (Cass. N. 7081 del 2012 Rv.
252103, N. 1261 del 2013 Rv. 254175; n. 21228 2014 Rv. 259717)
Il ricorso deve pertanto essere respinto e il ricorrente condannato al pagamento delle
spese processuali

P.Q.M.

Rigetta il ricorso condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
Così deliberato in Roma 1’11.11.2015
Il Consigliere estensore
Giovanna VERGA

dato conto nel provvedimento in questa sede censurato, facendo riferimento alla

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