Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6300 del 23/10/2013
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6300 Anno 2014
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
CICCIA CONCETTO N. IL 15/11/1982
avverso la sentenza n. 478/2013 TRIBUNALE di CATANIA, del
08/02/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;
Data Udienza: 23/10/2013
t
Osserva
Ricorre per cassazione, il difensore di fiducia di Ciccia Concetto avverso la sentenza
emessa in data 8.2.2013 ai sensi dell’art. 444 c.p.p. dal Giudice monocratico del Tribunale
di Catania con la quale veniva applicata al predetto la pena concordata di anni due e mesi
otto di reclusione ed euro 12.000,00 di multa per il delitto di cui all’art. 73 comma 1 bis
dPR 309/1990.
Deduce il vizio motivazionale in ordine alla mancata applicazione del proscioglimento ai
sensi dell’art. 129 c.p.p..
manifestamente infondato e non consentito nella presente sede..
A parte la palese aspecificità della censura del tutto vaga ed inconcludente, come questa
Corte ha ripetutamente affermato (cfr. ex plurimis, Cass. pen. Sez. Un., n. 10372 del
27.9.1995, Rv. 202270, Serafino), l’obbligo della motivazione della sentenza di
applicazione concordata della pena va conformato alla particolare natura della medesima e
deve ritenersi adempiuto qualora il giudice dia atto, ancorché succintamente, di aver
proceduto alla delibazione degli elementi positivi richiesti (la sussistenza dell’accordo delle
parti, la corretta qualificazione giuridica del fatto, l’applicazione di eventuali circostanze ed
il giudizio di bilanciamento, la congruità della pena, la concedibilità della sospensione
condizionale della pena ove la efficacia della richiesta sia ad essa subordinata) e di quelli
negativi (che non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento a norma
dell’articolo 129 c.p.p.).
In particolare, il giudizio negativo in ordine alla ricorrenza di una delle ipotesi di cui
all’articolo 129 c.p.p. deve essere accompagnato da una specifica motivazione soltanto nel
caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la
possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in
caso contrario, una motivazione consistente nell’enunciazione, anche implicita, che è stata
compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per una
pronuncia di proscioglimento ai sensi della disposizione citata.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene
equo liquidare in C 1.500,00, in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi
assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il
Il ricorso è inammissibile, ex articolo 606, comma 3, c.p.p., perché proposto per motivo