Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6298 del 25/11/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 6298 Anno 2016
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: VERGA GIOVANNA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MALFITANO ANGELO N. IL 02/06/1929
avverso la sentenza n. 4977/2013 CORTE APPELLO di MILANO, del
09/01/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 25/11/2015 la relazione fatta dal
1
Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Fui h’ 6.9,ceit-7
che ha concluso per ;,e

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

tr;

Data Udienza: 25/11/2015

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con sentenza in data 9 gennaio 2014 la Corte d’appello di Milano confermava la sentenza del
locale Tribunale che il 18 marzo 2013 aveva condannato MALFITANO Angelo per concorso in
circonvenzione di incapace in danno di ‘Maria Antonietta, affetta da compromissione cognitiva
di grado moderatamente severo e da un’ evidente fragilità psicofisica, inducendola a porre in
essere atti aventi effetti giuridici dannosi e in particolare a vendere al MALFITANO un

Ricorre per cassazione l’imputato deducendo un motivo unico. Lamenta che la Corte
territoriale, analogamente a quanto fatto dal Giudice di prime cure, ha ritenuto sussistere il
richiesto stato di deficienza psichica della parte offesa – nel momento dell’atto di disposizione
patrimoniale contestato – sulla base delle conclusioni meramente probabilistiche fornite sul
punto dal Perito: “appare altamente probabile che al giugno 2006 la periziando versasse in
condizioni emotivo -cognitive compromesse”.
Sostiene che , fino al 26 dicembre 2007, non vi è alcun elemento obbiettivo o documentazione
medica che possa attestare l’esistenza d i uno status di deficienza della donna. Nel periodo in
cui sarebbe avvenuta la condotta penalmente rilevante (giugno 2006, un anno e mezzo
prima della diagnosi di deficienza psichica) non vi è prova dell’elemento costitutivo della norma
contestata: lo stato di deficienza psichica della vittima. Lamenta che la Corte territoriale ha
tentato di bypassare la censura difensiva in ordine ai termini probabilistici – e non di
certezza – con cui è stata ritenuta sussistente la deficienza psichica della donna,
valorizzando, con motivazione illogica e contraddittoria alcune patologie pregresse che
affliggevano la parte offesa, e che potrebbero essere indicative di una degenerazione
cognitiva già in atto nel 2006: una maculopatia che pregiudicava gravemente la vista della
parte offesa ed uno stato di ipertensione arteriosa. Sottolinea come tali patologie che si
riscontrano in una moltitudine di soggetti anziani sono del tutto neutre in relazione
all’accertamento di uno stato di deficienza psichica. Evidenzia come il medico curante si era
limitato a diagnosticare uno stato depressivo che lo aveva indotto a spingere la donna ad
effettuare accertamenti specialistici e che quindi nemmeno uno specialista all’epoca aveva
considerato che la donna versasse in uno stato di deficienza psichica.
Lamenta anche che in maniera apodittica ed illogica, la sentenza svilisce la testimonianza resa
dal notaio rogante che aveva escluso che nella parte offesa fosse esistente un deficit mentale.
Sostiene che la motivazione della sentenza impugnata manifesta la sua carenza ed illogicità
anche con riferimento all’indagine sul fine di profitto che avrebbe animato gli imputati, nonché
sul correlativo danno per la parte offesa, considerato che la donna rimase ad abitare in tale
immobile per oltre un anno e mezzo, senza versare nulla in corrispettivo (fino a quando, a
causa di una fuga di gas provocata dalla stessa, venne prelevata in casa dai Vigili del Fuoco e
condotta prima in ospedale e poi in una casa di riposo), immobile che fu successivamente
rivenduto dal Malfitano ad un terzo per la somma di Euro 82 mila.
1

appartamento sito in Milano per l’irrisorio prezzo, peraltro mai corrisposto, di euro 80,000,00.

Evidenzia che il MALFITANO ha versato l’importo alla VISCARDI Jolanda e che negli atti non vi
è prova dell’induzione.

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, giacché i motivi in esso dedotti sono
manifestamente infondati e ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal
giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare, per di più, non specifici. La mancanza di
specificità del motivo, invero, dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come
indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla

ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità,
conducente a mente dell’art. 591 cod. proc. pen., comma primo, lett. c), all’inammissibilità.
La Corte territoriale ha compiutamente esaminato le doglianze difensive ed ha dato conto del
proprio convincimento sulla base di tutti gli elementi a sua disposizione, esaurientemente
argomentando circa la pronuncia di responsabilità, in punto di fatto e di diritto.
Nell’esame operato dai giudici del merito le acquisizioni probatorie risultano interpretate nel
pieno rispetto dei canoni legali di valutazione e risultano applicate con esattezza le regole della
logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la conferma delle conclusioni
di colpevolezza
A fronte di tutto quanto esposto dai giudici di merito il ricorrente contrappone, quindi,
unicamente generiche contestazioni in fatto, con le quali, in realtà, si propone solo una non
consentita – in questa sede di legittimità – diversa lettura degli elementi valutati dai giudici di
merito e senza evidenziare alcuna manifesta illogicità o contraddizione della motivazione e
senza tenere conto delle specifiche argomentazioni della Corte d’Appello.
Giova qui ribadire che la funzione dell’indagine di legittimità sulla motivazione non è quella di
sindacare l’intrinseca attendibilità dei risultati dell’interpretazione delle prove e di attingere il
merito dell’analisi ricostruttiva dei fatti, bensì quella, del tutto diversa, di accertare se gli
elementi probatori posti a base della decisione siano stati valutati seguendo le regole della
logica e secondo linee argomentative adeguate, che rendano giustificate, sul piano della
consequenzialità, le conclusioni tratte, verificando la congruenza dei passaggi logici. Secondo
costante insegnamento di questa Corte, ad una logica valutazione dei fatti operata dal giudice
di merito, non può quello di legittimità opporne un’altra.
Il reato non era prescritto alla data della sentenza della Corte d’Appello (9.1.2014),
considerate le sospensioni, pari a gg. 22 e considerato che l’atto di vendita è del 30.6.2006.
L’inammissibilità del ricorso preclude l’accesso al rapporto di impugnazione ed impedisce la
declaratoria di prescrizione maturata dopo la pronuncia impugnata (Sez. un., 27 giugno 2001,
Cavalera, Cass. Sez. un. 23428/05 Bracale).

P.Q.M.
2

decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deliberato in Roma il 25.11.2015

Giovanna VERGA

Il Pr sidente
Anton ESPOSITO

Il Consigliere estensore

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