Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6295 del 23/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 6295 Anno 2014
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SALVATI SIMONE N. IL 19/11/1982
avverso la sentenza n. 1453/2013 TRIBUNALE di ROMA, del
19/02/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 23/10/2013

0)r

Osserva
Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Salvati Simone avverso la sentenza ex art.
444 c.p.p. in data 19.2.2013 del Giudice monocratico del Tribunale di Roma che applicava
al predetto Salvati a pena concordata di anni due e mesi otto di reclusione ed euro
12.000,00 di multa per il reato di cui all’art. 73 comma 1 bis dPR 309/1990.
Deduce il vizio motivazionale e la violazione di legge in ordine alla corretta qualificazione
giuridica del fatto, assumendo che andava applicato il 5° comma dell’art. 73 dPR cit..
Il ricorso è inammissibile essendo le censure mosse manifestamente infondate ed aspecifica

I motivi di ricorso sovra esposti, peraltro con estrema genericità, tendono a rimettere in
discussione i termini dell’accordo finalizzato all’applicazione della pena oggetto del
patteggiamento.
Al riguardo è stato affermato che “in caso di patteggiamento ai sensi dell’art. 444 c.p.p.,
l’accordo intervenuto esonera l’accusa dall’onere della prova e comporta che la sentenza
che recepisce l’accordo fra le parti sia da considerare sufficientemente motivata con una
succinta descrizione del fatto (deducibile dal capo d’imputazione), con l’affermazione della
correttezza della qualificazione giuridica di esso, con il richiamo all’art. 129 c.p.p. per
escludere la ricorrenza di alcuna delle ipotesi ivi previste, con la verifica della congruità
della pena patteggiata ai fini e nei limiti di cui all’art. 27 Cost.” (Cass. pen., Sez. IV, 13.7.
2006, n. 34494).
Del resto, in tema di patteggiamento, tutte le statuizioni non illegittime, concordate dalle
parti e recepite in sentenza (tra esse soprattutto quella principale dell’affermazione di
responsabilità, la misura della pena nonché le circostanze aggravanti e attenuanti, come
quella invocate dal ricorrente), in quanto manifestazione di un generale potere dispositivo
che la legge riconosce alle parti e che il giudice ratifica, non possono essere dalle stesse
parti rimesse in discussione con il ricorso per cassazione (ex plurimis: Cass. pen. Sez. VI,
19.2.2004 n. 18385, Rv. 228047).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene
equo liquidare in € 1.500,00, in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi
assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, 23.10.2013

oltre che non consentite in questa sede.

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