Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6291 del 23/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 6291 Anno 2014
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MARINO MAURO N. IL 30/08/1979
avverso la sentenza n. 3521/2009 TRIB.SEZ.DIST. di MARANO DI
NAPOLI, del 02/04/2010
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 23/10/2013

Osserva
Propone impugnazione (erroneamente denominata appello e indirizzata alla Corte di
Appello, ma qui poi correttamente trasmessa, trattandosi di sentenza inappellabile
ai sensi dell’art. 593 ult. Comma c.p.p.) il difensore di fiducia di Marino Mauro
avverso la sentenza emessa in data 2.4.2010 dal Giudice monocratico del Tribunale
di Napoli-Sezione distaccata di Marano con la quale il predetto Marimo è stato
condannato alla pena di C 3.000,00 di ammenda per il reato di cui all’art. 116 co.
13° C.d.S..

circostanze attenuanti generiche.
Il ricorso è inammissibile essendo le censure mosse manifestamente infondate ed
aspecifiche.
E’ palese l’estrema genericità della doglianza che non indica le concrete ragioni per
le quali l’imputato sarebbe stato meritevole delle impetrate attenuanti il cui diniego
è stato esaustivamente motivato, si rileva che la concessione o meno delle
attenuanti generiche è un giudizio di fatto lasciato alla discrezionalità del giudice,
sottratto al controllo di legittimità, tanto che “ai fini della concessione o del diniego
delle circostanze attenuanti generiche il giudice può limitarsi a prendere in esame,
tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., quello che ritiene prevalente ed atto
a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo
elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle
modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente in tal senso” (Cass. pen. Sez.
II, n. 3609 del 18.1.2011, Rv. 249163).
Inoltre, si rammenta che la determinazione della misura della pena tra il minimo e il
massimo edittale rientra nell’ampio potere discrezionale del giudice di merito, il
quale assolve il suo compito anche se abbia valutato intuitivamente e globalmente
gli elementi indicati nell’art. 133 c.p.: tale valutazione, infatti, rientra nella sua
discrezionalità e non postula una analitica esposizione dei criteri adottati per
addivenirvi in concreto (Cass. pen. Sez. II, n. 12749 del 19.3.2008, Rv. 239754).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p.,
la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che
si ritiene equo liquidare in C 1.000,00, in favore della cassa delle ammende, non
ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di
inammissibilità.
P.Q.M.

2

Si duole dell’eccessività della pena inflitta e della mancata concessione delle

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 23.10.2013

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