Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6291 del 17/11/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 6291 Anno 2016
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: BELTRANI SERGIO

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
CALANDRIELLO GIOVANNI N. IL 11/03/1959
CUPONE MICHELE N. IL 23/04/1959

contro la sentenza n. 1115/2010 CORTE APPELLO di SALERNO del 29/11/2013
visti gli atti, la sentenza ed i ricorsi;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/11/2015 la relazione fatta dal Consigliere Dott. SERGIO
BELTRANI;
uditi: – il Procuratore Generale in persona del Dott. CIRO ANGELILLIS che ha concluso per
l’inammissibilità dei ricorsi;
– il difensore della parte civile P. VALVA, avv. MONICA BAGGI, sost. proc. dell’avv. MICHELE
PINTO, la quale si è riportata alle conclusioni scritte che ha depositato;
– i difensori degli imputati, avv. NICOLA RIVELLESE, sost. proc. dell’avv. ALARINDO
CESAREO, per G. CALANDRIELLO, ed avv. LUCIO ESBARDO per M. CUPONE, i quali hanno chiesto
l’accoglimento dei rispettivi ricorsi;

Data Udienza: 17/11/2015

RITENUTO IN FATTO
– che, con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Salerno ha confermato la
condanna alla pena ritenuta di giustizia pronunciata dal Tribunale di Sala Consilina in data
07/05/2009 nei confronti di CALANDRIELLO GIOVANNI e CUPONE MICHELE in relazione al
reato, contestato in concorso, di cui alli art. 629 c.p.;
– che, contro tale provvedimento, gli imputati (con l’ausilio di un difensore iscritto

(CALANDRIELL0): violazioni di legge (artt. 192 – 603 – 220 c.p.p. e 629 c.p.) e vizi di
motivazione con riferimento alla ritenuta responsabilità dell’imputato (l’affermazione di
responsabilità sarebbe inficiata dalla valorizzazione delle sole dichiarazioni accusatorie della
p.o. e dalla mancata valutazione di argomentazioni proposte dalla difesa; la motivazione della
sentenza impugnata sarebbe contraddittoria quanto al diniego di qualificazione dei fatti
accertati come truffa, in riferimento a quanto affermato a f. 33, e non avrebbe tenuto conto
delle plurime contraddizioni nelle quali sarebbero la p.o. e la sua compagna RITA ONORATO,
in atti generalizzata; la condotta ascrivibile al ricorrente sarebbe stata inidonea ad incutere
timore ed a coartare la volontà della p.o.; andava disposta la rinnovazione del dibattimento al
fine di esaminare i testi LUIGI BRIGANTE ed OTTAVIO CALANDRIELLO, la cui rilevanza
emergeva asseritamente ictu °culi, oltre che per disporre una perizia contabile, le ragioni del
cui diniego – la presunta sopravvenuta indisponibilità della documentazione di riferimento sarebbe incongrua ed indinnostrata; incongrua sarebbe anche la accolta ricostruzione dei fatti
– la p.o. avrebbe comprato dei gioielli incredibilmente verificandone solo ex post la falsità, ed
avrebbe concesso un prestito di 600 milioni di lire in cambio di nulla e senza garanzie);

(CUPONE): violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta
responsabilità dell’imputato ed alla qualificazione giuridica dei fatti accertati come estorsione
piuttosto che come esercizio arbitrario delle proprie ragioni, oltre che alla ritenuta
configurabilità della circostanza aggravante delle più persone riunite;
– che, all’odierna udienza pubblica, è stata verificata la regolarità degli avvisi di rito, ed
all’esito, le parti presenti hanno concluso come da epigrafe, ed il collegio, riunito in camera di
consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti, pubblicato mediante lettura in pubblica
udienza;

CONSIDERATO IN DIRITTO
– che il ricorso CALANDRIELLO è in toto inammissibile perché assolutamente privo di
specificità in tutte le sue articolazioni (reiterando, più o meno pedissequamente, censure già
dedotte in appello e già non accolte: Sez. IV, sentenza n. 15497 del 22 febbraio – 24 aprile
2002, CED Cass. n. 221693; Sez. VI, sentenza n. 34521 del 27 giugno – 8 agosto 2013, CED

all’apposito albo speciale) hanno proposto congiuntamente ricorso per cassazione, deducendo

Cass. n. 256133), del tutto assertivo e, comunque, manifestamente infondato, poiché la
Corte di appello (f. 15 ss.) – con argomentazioni giuridicamente corrette, nonché esaurienti,
logiche e non contraddittorie (che riprendono quelle, condivise, del primo giudice, come è
fisiologico in presenza di una doppia conforme affermazione di responsabilità), e, pertanto,
esenti da vizi rilevabili in questa sede – ha
– valorizzato ai fini della contestata affermazione di responsabilità, quanto riferito
dalla p.o. (motivatamente ritenuta nel complesso attendibile, nonostante qualche

essenzialmente nelle cospicue movimentazioni di somme di denaro sul suo conto corrente
bancario e nelle relative dichiarazioni rese dal direttore dell’istituto di riferimento;
– ritenuto non assolutamente necessaria ai fini della decisione la chiesta rinnovazione
dell’istruzione dibattimentale per l’esame degli indicati dichiaranti (f. 31 ss.) e la chiesta
perizia contabile (quanto a quest’ultima, in virtù non soltanto delle considerazioni
censurate dal ricorrente, ma anche implicitamente di tutto quanto nel complesso
osservato a fondamento dell’affermazione di responsabilità);
– evidenziato, a fondamento della qualificazione giuridica dei fatti accertati ritenuta
corretta (f. 33), che il <>;
– che, con tali argomentazioni, il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente,
limitandosi a reiterare le doglianze già sconfessate dalla Corte di appello e riproporre la
propria diversa “lettura” delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed
indimostrate congetture, senza documentare nei modi di rito eventuali travisamenti;

che il ricorso del CUPONE è inammissibile perché tardivo (il prescritto estratto

contumaciale era stato notificato in data 24.12.2013, ed il ricorso depositato venerdì
24.1.2014, con un giorno di ritardo rispetto al termine di giorni trenta, come peraltro
attestato in epigrafe della sentenza impugnata);
– che la declaratoria di inammissibilità totale dei ricorsi comporta, ai sensi dell’art. 616
c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché – apparendo
evidente che essi hanno proposto il ricorso determinando le cause di inammissibilità per colpa
(Corte cost., 13 giugno 2000 n. 186) e tenuto conto dell’entità delle rispettive colpe – della
somma di Euro mille ciascuno in favore della Cassa delle Ammende a titolo di sanzione
pecuniaria;

discrasia – f. 17 -), unitamente al riscontro alle sue dichiarazioni rinvenuto

– che i ricorrenti vanno inoltre condannati alla rifusione delle spese processuali sostenute
dalla parte civile PASQUALE VALVA, in atti generalizzato, nel presente grado, liquidate come
da dispositivo, con rimborso spese forfettario all’aliquota di legge, IVA e CPA;
P.Q.M.
dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali
e ciascuno della somma di euro mille alla Cassa delle ammende, nonché alla rifusione delle
spese processuali sostenute dalla parte civile VALVA PASQUALE nel presente grado che liquida

Così deciso in Roma, udienza pubblica 17 novembre 2015

Il com onente estensore

Il Presidente

in complessivi euro duemila, oltre accessori come per legge.

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