Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6288 del 17/11/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 6288 Anno 2016
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: BELTRANI SERGIO

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
GALLINA MARIA n. 12/03/1956
VITALE MARIA n. 22/04/1975

contro la sentenza n. 4742/2011 CORTE APPELLO di PALERMO del 23/12/2013
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/11/2015 la relazione fatta dal Consigliere Dott. SERGIO
BELTRANI;
udito il Procuratore Generale in persona del Dott. CIRO ANGELILLIS che ha concluso per il rigetto
dei ricorsi;
udito l’avv. BARTOLOMEO PARRINO, difensore di fiducia di MARIA VITALE, che si è riportato ai
motivi di ricorso, chiedendone l’accoglimento;
rilevata la regolarità degli avvisi di rito;

Data Udienza: 17/11/2015

RITENUTO IN FATTO
– che, con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Palermo, decidendo quale
giudice di rinvio a seguito dell’annullamento della propria precedente sentenza del 14.1.2011
disposto dalla Sesta sezione della Corte di cassazione (con sentenza n. 45293/2011), ha
confermato, quanto alle affermazioni di responsabilità, la sentenza emessa dal Tribunale della
stessa città in data 28.4.2009 (che aveva dichiarato l’imputata GALLINA colpevole dei reati di
cui ai capi da 1 a 7, nonché 9 e 10, e l’imputata VITALE colpevole dei reati di cui ai capi

della continuazione con il reato di cui all’art. 416-bis c.p. separatamente giudicato), riducendo
la pena ritenuta di giustizia dal primo giudice alla sola VITALE, per effetto del riconoscimento
delle attenuanti generiche;

– che, contro tale provvedimento, le imputate (con l’ausilio di difensori iscritti all’apposito
albo speciale) hanno proposto distinti ricorsi per cassazione, deducendo plurime violazioni di
legge e vizio di motivazione;
– che, all’odierna udienza pubblica, è stata verificata la regolarità degli avvisi di rito, ed
all’esito, le parti presenti hanno concluso come da epigrafe, ed il collegio, riunito in camera di
consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti, pubblicato mediante lettura in pubblica
udienza;

CONSIDERATO IN DIRITTO
– che l’imputata GALLINA denunzia violazione degli artt. 649 c.p.p., 15 c.p., 627 c.p.p.,
lamentando in particolare che la separata condanna per il reato associativo, irrevocabile a far
data dal 31-10-2007, sarebbe assorbente rispetto alle odierne ricettazioni (primo motivo),
nonché degli artt. 7 I. n. 203 del 1991 e 62 bis c.p., lamentando la ritenuta configurabilità
della prima circostanza aggravante, ed il diniego della seconda circostanza attenuante
(secondo motivo, con vizio di motivazione);
– che il primo motivo deve ritenersi non consentito (come peraltro osservato dalla stessa
Corte di appello a f. 12), essendo stato pacificamente dedotto soltanto nel corso del giudizio
di rinvio, pur essendo deducibile anche in precedenza, e dovendo ribadirsi che la regola posta
dall’art. 627, comma 4, c.p.p., che inibisce espressamente nel corso del giudizio di rinvio la
sola rilevazione delle cause di nullità od inammissibilità, costituisce espressione del più
generale principio di inoppugnabilità delle sentenze della Corte Suprema, dal quale discende
la formazione del c.d. “giudicato progressivo” per le questioni non dedotte (Sez. I, n. 1988
del 22.12.1997, dep. 18.2.1998, C.E.D. Cass. n. 209843; per una applicazione inerente a
ritenuta inammissibilità della deduzione per la prima volta, nel corso del giudizio di rinvio, di
un’eccezione di illegittimità costituzionale che avrebbe potuto essere sollevata nel corso del
precedente giudizio di appello, cfr. Sez. VI, n. 31455 del 6.6.2013, C.E.D. Cass. n. 256304);

6.7.9.10: si trattava di ricettazioni aggravate ex art. 7 I. n. 203 del 1991, unificate dal vincolo

- che il secondo motivo è in toto inammissibile perché assolutamente privo di specificità in
tutte le sue articolazioni (reiterando, più o meno pedissequamente, censure già dedotte in
appello e già non accolte: Sez. IV, sentenza n. 15497 del 22 febbraio – 24 aprile 2002, CED
Cass. n. 221693; Sez. VI, sentenza n. 34521 del 27 giugno – 8 agosto 2013, CED Cass. n.
256133), del tutto assertivo (limitandosi a riportare alcune massime giurisprudenziali inerenti
alla configurabilità dell’aggravante in oggetto, e senza nulla osservare quanto all’attenuante)
e, comunque, manifestamente infondato, poiché la Corte di appello (f. 15 ss.) – con
argomentazioni giuridicamente corrette, nonché esaurienti, logiche e non contraddittorie (che

conforme affermazione di responsabilità), e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede,
dalle quali la ricorrente prescinde del tutto, disinteressandosene,ha valorizzato, ai fini delle
statuizioni contestate, gli elementi desunti da una serie di intercettazioni di conversazioni
incensurabilmente interpretate, concludendo per la sussistenza della circostanza aggravante
in entrambe le sue configurazioni, «avendo imposto sulla base della forza prevaricatrice
derivante dall’appartenenza alla famiglia mafiosa di vertice del centro abitato di Partinico,
consegna nelle loro mani delle somme di denaro precedentemente estorte. Tale consegna ha
permesso poi di garantire il sostentamento della stessa famiglia di sangue del detenuto
LEONARDO VITALE, capo mafia di quel territorio, e ciò costituisce uno degli scopi ed obiettivi
tipici di Cosa Nostra»; ha incensurabilnnente valorizzato, inoltre, a fondamento del mancato
riconoscimento delle attenuanti generiche, la particolare gravità dei fatti e la negativa
personalità dell’imputata, legittimamente desunta dalla precedente condanna riportata per il
reato di partecipazione ad associazione ex art. 416-bis c.p. (f. 13);
– che l’imputata VITALE denunzia violazione degli artt. 648 c.p. e 7 I. n. 203 del 1991, e
vizi di motivazione, lamentando, quanto all’affermazione di responsabilità, che mancherebbe
la compiuta dimostrazione della provenienza illecita delle somme di denaro in oggetto, e la
consapevolezza di essa in capo all’imputata, e quanto alla circostanza aggravante citata, che
mancherebbe l’indicazione di specifici elementi a sostegno della sua ritenuta configurabilità;
– che il ricorso è integralmente inammissibile perché assolutamente privo di specificità in
tutte le sue articolazioni (reiterando, più o meno pedissequamente, censure già dedotte in
appello e già non accolte: Sez. IV, sentenza n. 15497 del 22 febbraio – 24 aprile 2002, CED
Cass. n. 221693; Sez. VI, sentenza n. 34521 del 27 giugno – 8 agosto 2013, CED Cass. n.
256133), del tutto assertivo e, comunque, manifestamente infondato, poiché la Corte di
appello – con argomentazioni ancora una volta giuridicamente corrette, nonché esaurienti,
logiche e non contraddittorie (che riprendono quelle, condivise, del primo giudice, come è
fisiologico in presenza di una doppia conforme affermazione di responsabilità), e, pertanto,
esenti da vizi rilevabili in questa sede, dalle quali la ricorrente prescinde del tutto,
disinteressandosene,

ha valorizzato, ai fini delle affermazioni di responsabilità,

essenzialmente gli elementi desunti da una serie di intercettazioni di conversazioni
incensurabilmente interpretate (f. 5 ss.), concludendo per la sussistenza della circostanza

riprendono quelle, condivise, del primo giudice, come è fisiologico in presenza di una doppia

aggravante in entrambe le sue configurazioni, in virtù delle incensurabili considerazioni già
riportate in riferimento all’analoga doglianza sollevata dalla coimputata ricorrente;
– che, con tali argomentazioni, le ricorrenti in concreto non si confrontano adeguatamente,
limitandosi a reiterare le doglianze già sconfessate dalla Corte di appello e riproporre la
propria diversa “lettura” delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed
indimostrate congetture, senza documentare nei modi di rito eventuali travisamenti;
– che il rigetto del ricorso della GALLINA e la declaratoria di inammissibilità del ricorso

delle spese processuali, e la condanna della sola VITALE – apparendo evidente che ella ha
proposto il ricorso determinando le cause di inammissibilità per colpa (Corte cost., 13 giugno
2000 n. 186) e tenuto conto dell’entità di detta colpa – della somma di Euro mille in favore
della Cassa delle Ammende a titolo di sanzione pecuniaria;
P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso di VITALE MARIA e rigetta il ricorso di GALLINA MARIA;
condanna le ricorrenti al pagamento delle spese processuali e la VITALE anche al versamento
della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, udienza pubblica 17 novembre 2015

Il componente estensore

Il Presidente

della VITALE comportano, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna di entrambe al pagamento

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