Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6287 del 11/11/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 6287 Anno 2016
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: VERGA GIOVANNA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RIZZOTTO ANTONINO N. IL 15/07/1952
BAGNATO FRANCESCO N. IL 12/02/1962
avverso la sentenza n. 1179/2010 CORTE APPELLO di MESSINA, del
28/06/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/11/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIOVikNNA VERGA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. tue9).9 aetAl
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che ha concluso per “e ,
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Udito, per la parte civile, l’Avv
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Data Udienza: 11/11/2015

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con sentenza in data 28 giugno 2013 la Corte d’Appello di Messina in parziale riforma
della sentenza del locale Tribunale che aveva condannato RIZZOTTO Antonino e
BAGNATO Francesco per concorso in estorsione (capo a) e tentata turbativa d’asta(capo
b) dichiarava di non doversi procedere nei confronti del reato di tentata turbativa d’asta
perché estinto per prescrizione. Confermava del resto l’impugnata sentenza e

Ricorrono per cassazione gli imputati.
RIZZOTTO Antonino, a mezzo del difensore, deduce che la sentenza impugnata è
incorsa in violazione di legge e vizio della motivazione anche per travisamento della
prova. Lamenta che il giudizio di responsabilità si fonda esclusivamente sulle dichiarazioni
della persona offesa che versava in una situazione illecita e aveva posto in essere
comportamenti non perfettamente ortodossi, soprattutto avuto riguardo alla circostanza
che era un carabiniere. Sostiene che ciò avrebbe dovuto indurre la corte territoriale ad
operare un controllo più incisivo sulla sua credibilità. Sostiene anche che vi è stato un
travisamento del contenuto della intercettazione fra presenti del 17 settembre 2002,
giorno dell’arresto degli imputati. Ritiene comunque trattarsi di estorsione tentata e non
consumata

BAGNATO Francesco, a mezzo del difensore, deduce:
1. violazione dell’articolo 606 co 1 lett. d). Omessa ammissione di prova decisiva;
omessa pronunzia già in primo grado in ordine alla richiesta di perizia fonica.
Rileva che già in primo grado la difesa aveva chiesto perizia fonica per accertare
l’attendibilità delle voci registrate con particolare riferimento alle intercettazioni
avvenuta il 16 settembre 2002. Rileva che il collegio giudicante sciogliendo la
riserva assunta in ordine a detta questione all’udienza del 18 dicembre 2009 ha
rigettato la richiesta di perizia relativa alla conversazione 16 settembre 2009 ore
22,15, richiesta fatta dall’avvocato Scordo, senza alcuna statuizione sulla diversa
richiesta di perizia fonica formulata dalla difesa avente ad oggetto la
conversazione intercettata il 17/9/2002. La mancata assunzione di tale prova e
l’abnorme omissione di pronunzia realizzano secondo la difesa l’ipotesi di mancata
assunzione di prova decisiva;
2. violazione di legge e vizio della motivazione in ordine alla sussistenza del reato di
estorsione e alla inapplicabilità del reato impossibile e ancora in ordine alla
derubricazione nella meno grave ipotesi di tentativo di estorsione. Sostiene che
nel comportamento tenuto dal ricorrente non è ravvisabile né la minaccia né la
violenza. Sostiene anche vizio di motivazione in ordine all’elemento soggettivo.
1

rideterminava la pena.

Il ricorso di RIZZOTTO Antonino è inammissibile perché versato in fatto.
Il ricorrente si è limitato a criticare il significato che la Corte di appello di Messina ha dato
al contenuto delle emergenze acquisite durante l’istruttoria dibattimentale di primo
grado: e, tuttavia, bisogna rilevare come il ricorso, lungi dal proporre un “travisamento
delle prove”, vale a dire una incompatibilità tra l’apparato motivazionale del
provvedimento impugnato ed il contenuto degli atti del procedimento, tale da
disarticolare la coerenza logica dell’intera motivazione, è stato presentato per sostenere,
in pratica, una ipotesi di “travisamento dei fatti” oggetto di analisi, sollecitando

proposta dalla difesa una spiegazione alternativa alla semantica privilegiata dalla Corte
territoriale nell’ambito di un sistema motivazionale logicamente completo ed esauriente.
Questa Corte, pertanto, non ha ragione di discostarsi dal consolidato principio di diritto
secondo il quale, a seguito delle modifiche dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), ad
opera della L. 20 febbraio 2006, n. 46, art. 8, mentre è consentito dedurre con il ricorso
per cassazione il vizio di “travisamento della prova”, che ricorre nel caso in cui il giudice
di merito abbia fondato il proprio convincimento su una prova che non esiste o su un
risultato di prova obiettivamente ed incontestabilmente diverso da quello reale, non è
affatto permesso dedurre il vizio del “travisamento del fatto”, stante la preclusione per il
giudice di legittimità a sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a
quella compiuta nei precedenti gradi di merito, e considerato che, in tal caso, si
domanderebbe alla Cassazione il compimento di una operazione estranea al giudizio di
legittimità, qual è quella di reinterpretazione degli elementi di prova valutati dal giudice
di merito ai fini della decisione (così, tra le tante, Sez. 3, n. 39729 del 18/06/2009,
Belluccia, Rv. 244623; Sez. 5, n. 39048 del 25/09/2007, Casavola, Rv. 238215).
Discorso, questo, che vale anche con riferimento alla lettura del contenuto delle
conversazioni e comunicazioni captate durante le indagini, rispetto alle quali è stato
tratteggiato nel ricorso un mero problema di interpretazione delle frasi e del linguaggio
usato dai soggetti interessati a quelle intercettazioni, che è questione di fatto, rimessa
all’apprezzamento del giudice di merito, che si sottrae al giudizio di legittimità se – come
nella fattispecie è accaduto – la valutazione risulta logica in rapporto alle massime di
esperienza utilizzate (in questo senso Sez. 6, n. 17619 del 08/01/2008, Gionta, Rv.
239724).
La motivazione contenuta nella sentenza impugnata possiede, infatti, una stringente e
completa capacità persuasiva, nella quale non sono riconoscibili vizi di manifesta
illogicità.
Nell’esame operato dai giudici del merito le acquisizioni probatorie risultano interpretate
nel pieno rispetto dei canoni legali di valutazione, le dichiarazioni della parte offesa sono
state valutate con particolare attenzione ,e risultano applicate con esattezza le regole

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un’inammissibile rivalutazione dell’intero materiale d’indagine, rispetto al quale è stata

della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la conferma delle
conclusioni di colpevolezza per il reato consumato così come contestato.
Anche il ricorso di BAGNATO Francesco è inammissibile.
Con il primo motivo deduce violazione dell’articolo 606 comma 1 lett.d) per omessa
pronuncia in ordine a prova decisiva.
Il motivo di ricorso in esame, previsto dall’art. 606 lett. d del c.p.p., è configurabile
quando non sia stato ammesso un mezzo di prova che, in astratto, poteva determinare
una diversa valutazione da parte del giudice inficiando il giudizio formulato. Va però

esclude che la perizia possa farsi rientrare nel concetto di prova decisiva fatto proprio
dall’art. 606. La lettera d citata contiene infatti un esplicito riferimento all’art. 495
comma 2^ c.p.p. e pertanto si riferisce alle prove a discarico mentre la perizia non può
essere considerata tale stante il suo carattere per così dire “neutro”, sottratto alla
disponibilità delle parti e sostanzialmente rimesso alla discrezionalità del giudice (in tal
senso v. Cass., sez. 3^, 28 ottobre 1998, Patrizi; sez. 1″, 23 ottobre 1997, Geremia;
sez. 5^, 30 aprile 1997, Ritossa; sez. 6^, 26 novembre 1996, Tornabene; sez. 1^, 17
giugno 1994, Jahrni).
Con il secondo motivo vengono reiterate doglianze che sono già state oggetto di ampia
disamina da parte dei giudici di primo e secondo grado. Premesso che è giurisprudenza
pacifica di questa Suprema Corte che la sentenza appellata e quella di appello, quando
non vi è difformità sui punti denunciati, si integrano vicendevolmente, formando un tutto
organico ed inscindibile, una sola entità logico-giuridica, alla quale occorre fare
riferimento per giudicare della congruità della motivazione, integrando e completando
con quella adottata dal primo giudice le eventuali carenze di quella di appello, deve
rilevarsi che a fronte di tutto quanto esposto dai giudici di merito in punto di
responsabilità, il ricorrente, con il motivo in esame, contrappone generiche contestazioni
in fatto, con le quali si propone solo una non consentita – in questa sede di legittimità diversa lettura degli elementi già valutati in sede di merito. Inoltre, le censure del
ricorrente non tengono conto delle specifiche argomentazioni dei giudici di merito in
punto sussistenza del reato di estorsione consumata ( pag 9 sentenza impugnata che
richiama l’ampia motivazione del primo giudice). In proposito questa Corte Suprema ha
più volte affermato il principio, condiviso dal Collegio, che sono inammissibili i motivi di
ricorso per Cassazione quando manchi l’indicazione della correlazione tra le ragioni
argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’atto di
impugnazione, che non può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato, senza
cadere nel vizio di aspecificità, che conduce, ex art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c),
all’inammissibilità del ricorso

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rilevato, nel caso in esame, che la costante giurisprudenza della Corte di Cassazione

I ricorsi sono pertanto inammissibili e i ricorrenti devono essere condannati al pagamento
delle spese processuali e ciascuno della somma di € 1000,00 da versare alla Cassa delle
Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento

delle spese

processuali e ciascuno della somma di euro 1000,00 alla Cassa delle Annmen e.

Il Consigliere estensore
Giovanna VERGA

I residente
ESPOSITO

Così deliberato in Roma 1’11.11.2015

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