Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 628 del 06/12/2017


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 628 Anno 2018
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: SCOTTI UMBERTO LUIGI

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
GIANNATIEMPO FRANCESCO nato il 18/11/1974 a POTENZA
FARRIS FEDERICO nato il 27/07/1978 a BOLOTANA

avverso la sentenza del 15/05/2015 della CORTE APPELLO di SALERNO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere UMBERTO LUIGI SCOTTI
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale OLGA
MIGNOLO che ha concluso per l’inammissibilità
udito il difensore avv.FRANCESCO ANELLI del Foro di Roma in sostituzione
dell’avv. ANTONIO MAROTTA del Foro di Salerno per l’imputato
FRANCESCO GIANNATIEMPO, che si è riportato al ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 15/5/2015 la Corte di appello di Salerno, in parziale
riforma della sentenza del 13/11/2009 del Tribunale di Salerno, appellata dagli
imputati Francesco Giannatiempo e Federico Farris, ha assolto Francesco
Giannatiempo dal reato di bancarotta fraudolenta documentale per non aver
commesso il fatto, confermando nel resto la sentenza impugnata.
I due imputati erano accusati del reato di bancarotta fraudolenta distrattiva
e documentale, ex artt.216, commi 1 e 2, 219, comma 2, n.1 e 222 I.fall., nelle

Data Udienza: 06/12/2017

rispettive vesti, Francesco Giannatiempo, di socio accomandatario dalla
costituzione del 26/5/1996 al 12/5/2004, Federico Farris, di socio
accomandatario dal 12/5/2004 al fallimento del 20/7/2005, della società Service
Promoter s.a.s. di Farris Federico, già Service Promoter s.a.s. di Giannatiennpo
Francesco, in manifesto stato di dissesto sin dal 2000, per aver distratto e
occultato beni strumentali, merci acquistate e corrispettivi di vendita e per aver
sottratto o distrutto tutti i libri e scritture contabili allo scopo di procurarsi
ingiusto profitto e per recar danno ai creditori.

colpevoli dei reati loro contestati e, concesse le attenuanti generiche prevalenti
sulla contestata aggravante, li aveva condannati ciascuno alla pena di anni due
di reclusione, con le pene accessorie di legge e sospensione della pena per il
Giannatiempo.

2. Ha proposto ricorso il difensore d’ufficio dell’imputato Federico Farris,
avv.Maurizio Mastrogiovanni, svolgendo tre motivi.
2.1. Con il primo motivo proposto

ex art.606, comma 1, lett. b) ed e)

cod.proc.pen. il ricorrente denuncia violazione di legge in relazione agli artt.216,
comma 1 e 2, 219, comma 2, n.1 I.fall. nonché mancanza, contraddittorietà e
manifesta illogicità della motivazione.
Il Farris doveva essere assolto dall’accusa di bancarotta fraudolenta
distrattiva perché era provato che tutti i debiti erano maturati in precedenza
all’assunzione da parte del Farris della veste di accomandatario e che questi
aveva acquisito la società già in stato di decozione, senza svolgere alcuna
attività, mentre non risultava alcuna sua condotta distrattiva posta in essere in
previsione del fallimento.
Quanto alla bancarotta fraudolenta documentale, era emerso che le scritture
non erano state affatto distrutte ma non erano state reperite per esclusiva
negligenza del curatore mentre erano depositate presso lo studio del
commercialista. Il curatore, dopo aver rilevato che il Farris non aveva svolto
alcuna attività, avrebbe dovuto attivarsi per contattare il precedente
amministratore al fine di controllare esistenza e regolarità delle scritture
contabili.
Tuttalpiù il Farris poteva essere ritenuto responsabile di bancarotta semplice
documentale per non aver tenuto le scritture contabili nel periodo annuale in cui
era stato l’amministratore della società.
2.2. Con il secondo motivo proposto

ex art.606, comma 1, lett.

b)

cod.proc.pen. il ricorrente denuncia violazione di legge in relazione agli artt.216,
comma 1 e 2, 219, comma 2, n.1 I.fall. per il mancato riconoscimento

2

Il Tribunale con la sentenza del 13/11/2009 aveva ritenuto gli imputati

dell’attenuante di cui all’art.219, comma 3, I.fall, poiché nel periodo della sua
amministrazione non erano stati iscritti ulteriori debiti e la sua condotta non
aveva aumentato il passivo fallimentare; al contrario, i creditori avevano ricevuto
un beneficio determinato dall’estensione della loro garanzia anche al patrimonio
del nuovo socio accomandatario.
2.3. Con il terzo motivo proposto

ex art.606, comma 1, lett.

b)

cod.proc.pen. il ricorrente denuncia violazione di legge in relazione alla mancata
sospensione condizionale della pena, peraltro concedibile, in difetto di un giudizio

3. Hanno proposto ricorso i difensori di fiducia dell’imputato Francesco
Giannatiempo, avv.ti Antonio Marotta e Massimiliano Marotta, svolgendo tre
motivi.
3.1. Con il primo motivo proposto

ex art.606, comma 1, lett.

e),

cod.proc.pen. i ricorrenti denunciano mancanza, contraddittorietà e manifesta
illogicità della motivazione.
La Corte territoriale avrebbe dovuto trarre le conseguenze dalla condivisibile
assoluzione del Giannatiempo dal delitto di bancarotta fraudolenta documentale
(comunque prospettata solo in termini di mancata consegna delle scritture
contabili) anche in relazione alla concorrente imputazione di bancarotta
fraudolenta per distrazione.
Dal momento che era stato accertato che il Giannatiempo non aveva mai
ricevuto richiesta di consegna delle scritture contabili e che addirittura, sentito a
sommarie informazioni dalla Guardia di Finanza, aveva indicato la loro esatta
collocazione presso lo studio del consulente fiscale, non si poteva non
riconoscere anche che a lui non era mai stata riconosciuta quella facoltà di difesa
nel merito delle vicende societarie che era stata invece garantita al Farris.
Solo nel processo penale il Giannatiempo aveva potuto esercitare le facoltà
difensive, recuperando le scritture contabili, mentre la Corte di appello lo aveva
ritenuto responsabile sulla base di sole e semplici presunzioni derivanti dalla
mancata consegna delle scritture e dalla mancata giustificazione della
destinazione dei beni societari. Infatti, non poteva darsi responsabilità distrattiva
di quei beni di cui non si era, prima di tutto, dimostrata l’esistenza e poi la
diversa eventuale destinazione.
3.2. Con il secondo motivo proposto

ex art.606, comma 1, lett.

b)

cod.proc.pen. i ricorrenti denunciano violazione di legge in relazione all’art.192
cod.proc.pen.
Pur dando atto dell’intervenuta consegna delle scritture contabili, la Corte
territoriale ha perseverato nell’errore del Tribunale continuando a fondarsi sulla

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prognostico negativo in ordine alla commissione di futuri reati.

relazione del curatore fallimentare per l’analisi delle vicende societarie, che
tuttavia era priva di alcun collegamento con le scritture della società; ogni
valutazione avrebbe dovuto basarsi sulla documentazione contabile
successivamente acquisita, se del caso valutata con l’ausilio di un perito.
3.3. Con il terzo motivo proposto

ex

art.606, comma 1, lett.

e)

cod.proc.pen. i ricorrenti denunciano assenza della motivazione in ordine alla
mancata presa in considerazione delle scritture contabili acquisite.

Ricorso nell’interesse di Federico Farris.
1. Con il primo motivo del ricorso nell’interesse di Federico Farris

il

ricorrente denuncia violazione di legge in relazione agli artt.216, comma 1 e 2,
219, comma 2, n.1 I.fall. nonché vizio logico della motivazione.
1.1. Secondo il ricorrente il Farris avrebbe dovuto essere assolto dall’accusa
di bancarotta fraudolenta distrattiva perché era provato che tutti i debiti erano
maturati in precedenza all’assunzione da parte del Farris della veste di
accomandatario e che questi aveva acquisito la società già in stato di decozione,
senza svolgere alcuna attività, e non risultava alcuna sua condotta distrattiva
posta in essere in previsione del fallimento.
E’ vero che i debiti, essenzialmente verso fornitori, che avevano condotto la
Service Promoter s.a.s. al fallimento erano risalenti all’amministrazione del
precedente socio e titolare Francesco Giannatiempo (cfr sentenza impugnata,
pag.7).
E’ altrettanto vero che il Farris aveva acquisito la società in stato di
decozione senza svolgere alcuna attività, di guisa peraltro da autorizzare i
giudici del merito a concludere con statuizione non censurata specificamente per
la natura fittizia del trasferimento delle quote da Giannatiempo a Farris.
Tuttavia non consta alcuna prova che il Farris, come assume, non abbia
posto in essere alcuna attività di distrazione o occultamento di beni (merci e beni
strumentali) della società, obiettivamente esistenti (perché effettivamente
entrati nella disponibilità della società per effetto delle forniture accertate e non
pagate: cfr sentenza impugnata, pag.7-8) e non reperiti.
Secondo giurisprudenza del tutto consolidata di questa Corte in tema di
bancarotta fraudolenta, la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni
della società dichiarata fallita può essere desunta dalla mancata dimostrazione,
da parte dell’amministratore, della destinazione dei beni suddetti; la
responsabilità dell’imprenditore per la conservazione della garanzia patrimoniale
verso i creditori e l’obbligo di verità, penalmente sanzionato, gravante ex art. 87

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CONSIDERATO IN DIRITTO

I. fall. sul fallito interpellato dal curatore circa la destinazione dei beni
dell’impresa, giustificano l’apparente inversione dell’onere della prova a carico
dell’amministratore della società fallita, in caso di mancato rinvenimento di beni
aziendali o del loro ricavato, non essendo a tal fine sufficiente la generica
asserzione per cui gli stessi sarebbero stati assorbiti dai costi gestionali, ove non
documentati né precisati nel loro dettagliato ammontare (Sez. 5, n. 8260 del
22/09/2015 – dep. 2016, Aucello, Rv. 267710; Sez. 5, n. 19896 del 07/03/2014,
Ranon, Rv. 259848; Sez. 5, n. 11095 del 13/02/2014, Ghirardelli, Rv. 262740;

27/11/2008 – dep. 2009, Bianchini, Rv. 243295).
In tema di prova del delitto di bancarotta fraudolenta, il mancato
rinvenimento, all’atto della dichiarazione di fallimento, di beni e valori societari
costituisce valida presunzione della loro dolosa distrazione, rilevante, ai sensi
dell’art 192 cod. proc. pen.,a1 fine di affermare la responsabilità dell’imputato.
Non costituisce pertanto inversione dell’onere della prova il fatto che sia rimessa
all’interessato la dimostrazione della concreta destinazione dei beni o del loro
ricavato (Sez. 5, n. 2876 del 10/06/1998 – dep. 1999, Vichi W, Rv. 212606).
Poiché è certo che i beni scomparsi esistevano e non è stata fornita alcuna
giustificazione della loro mancanza al momento dell’apertura della procedura
fallimentare, il Farris non può sottrarsi alla relativa responsabilità, al pari del
Giannatiempo, visto che l’attribuzione della responsabilità della distrazione
all’uno o all’altro implicherebbe, per ogni singolo bene, la dimostrazione della sua
sorte e del momento della sua sottrazione.
1.2. Relativamente all’accusa di bancarotta fraudolenta documentale, il
ricorrente fa leva sul fatto che le scritture non erano state distrutte e non erano
state reperite per negligenza del curatore, poiché si trovavano depositate presso
lo studio del commercialista. Secondo il ricorrente, il curatore, dopo aver rilevato
che il Farris non aveva svolto alcuna attività, avrebbe dovuto attivarsi per
contattare il precedente amministratore al fine di controllare esistenza e
regolarità delle scritture contabili.
L’argomento è palesemente fallace.
L’eventuale negligenza del curatore, che sicuramente non aveva contattato il
Giannatiempo (che pure aveva dato indicazione alla Guardia di Finanza della
collocazione della contabilità societaria presso lo studio Rotunno di Potenza, cosa
che è gli valsa l’assoluzione in secondo grado dall’accusa di bancarotta
fraudolenta documentale), non era certo la ragione esclusiva del mancato
ritrovamento tempestivo della contabilità e non esonerava certamente il Farris,
amministratore in carica, dalle sue responsabilità, sia per non aver ricevuto le
scritture contabili della società al momento del passaggio di quote ed

5

Sez. 5, n. 22894 del 17/04/2013, Zanettin, Rv. 255385; Sez. 5, n. 7048 del

amministratore, sia per non aver fornito, lui per primo, al curatore richiedente, le
informazioni utili al reperimento delle scritture presso il Giannatempo, socio
amministratore precedente e il fiscalista della società.
Nell’attribuire la responsabilità, per giunta esclusiva, del mancato
reperimento delle scritture al curatore, il ricorrente dimentica la posizione di
garanzia circa la conservazione delle scritture attribuita dall’ordinamento
all’amministratore di diritto.
In tema di reati fallimentari, l’amministratore di diritto risponde del reato di

frode ai creditori, delle scritture contabili, anche laddove sia investito solo
formalmente dell’amministrazione della società fallita (cosiddetta «testa di
legno»), in quanto sussiste il diretto e personale obbligo dell’amministratore di
diritto di tenere e conservare le predette scritture, purché sia fornita la
dimostrazione della effettiva e concreta consapevolezza del loro stato, tale da
impedire la ricostruzione del movimento degli affari (Sez. 5, n. 642 del
30/10/2013 – dep. 2014, Demajo, Rv. 257950). Tale la responsabilità
dell’amministratore non è esclusa neppure se la documentazione contabile è
stata nella disponibilità di un institore, atteso che la responsabilità di costui si
aggiunge a quella del primo, assumendo entrambi nell’ambito della impresa una
posizione di garanzia rispetto alla corretta tenuta delle scritture contabili (Sez. 5,
n. 33243 del 09/02/2015, Bosco e altri, Rv. 264952).
1.3. Il ricorrente sostiene che tuttalpiù il Farris poteva essere ritenuto
responsabile di bancarotta semplice documentale per non aver tenuto le scritture
contabili nel periodo annuale in cui era stato l’amministratore della società.
Questa responsabilità, tuttavia si aggiunge a quella della sottrazione delle
scritture precedenti al 2004 e non !a esclude.

2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge in
relazione agli artt.216, comma 1 e 2, 219, comma 2, n.1 I.fall. per il mancato
riconoscimento dell’attenuante di cui all’art.219, comma 3, I.fall. poiché nel
periodo della amministrazione Farris non erano stati iscritti ulteriori debiti e la
sua condotta non aveva aumentato il passivo fallimentare; al contrario, i
creditori avevano ricevuto un beneficio determinato dall’estensione della loro
garanzia anche al patrimonio del nuovo socio accomandatario.
L’art.219, comma 3, legge fall. prevede la riduzione delle pene sino ad un
terzo nel caso in cui i fatti previsti negli artt. 216, 217 e 218 abbiano cagionato
un danno patrimoniale di speciale tenuità.
L’attenuante invocata non è stata concessa al Farris (sentenza impugnata,
pag.9), sul presupposto della diminuzione patrimoniale cagionata direttamente ai

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bancarotta fraudolenta documentale per sottrazione o per omessa tenuta, in

creditori, che può anche consistere nella impossibilità di ricostruire la situazione
contabile dell’impresa; in sostanza, la Corte territoriale, così argomentando, ha
sostenuto che non giovava al Farris l’assunto che la sua amministrazione inerte
non aveva cagionato particolari pregiudizi al ceto creditorio e che i debiti che
avevano provocato il fallimento risalivano tutti all’amministrazione
Giannatiempo, perché egli doveva comunque rispondere dell’impossibilità di
ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari (ivi compresa,
evidentemente, la sorte dei beni distratti).

maggior ragione non confutata, con la conseguente genericità e a-specificità del
motivo.
Comunque, secondo consolidato orientamento di questa Corte, per
l’applicabilità dell’attenuante di cui all’ultimo comma dell’art. 219 della legge
fallimentare, in caso di bancarotta documentale, deve essere considerata non
l’entità del passivo, ma l’incidenza causale della omessa o irregolare tenuta delle
scritture contabili sulla diretta determinazione del pregiudizio ai creditori,
valutando l’effettiva diminuzione patrimoniale subita da questi ultimi in
conseguenza dell’impossibilità di ricostruire totalmente o parzialmente la
situazione contabile dell’impresa fallita o di esercitare l’azione revocatoria o altre
azioni a tutela dei creditori (Sez. 5, n. 19304 del 18/01/2013, Tumminelli, Rv.
255439; Sez. 5, n. 44443 del 04/07/2012, Robbiano e altro, Rv. 253778; Sez. 5,
n. 8808 del 21/05/1985, Mastroberti, Rv. 170645; Sez. 5, n. 5707 del
16/04/1986, Izzo, Rv. 173156).

3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge in relazione
alla mancata sospensione condizionale della pena, peraltro concedibile, in difetto
di un giudizio prognostico negativo in ordine alla commissione di futuri reati.
Il Farris aveva astrattamente interesse alla concessione del beneficio, anche
se la sentenza di primo grado aveva rimesso alla fase esecutiva l’applicazione
dell’indulto a suo favore e la sentenza di appello, a pagina 2, dà atto dell’intero
condono della pena a favore del Farris. Infatti il beneficio, ritenuto più
favorevole, della sospensione condizionale della pena prevale sull’indulto (Sez.
U, n. 36837 del 15/07/2010, P.G. in proc. Bracco, Rv. 247940; Sez. 6, n. 49864
del 29/11/2013, Talone, Rv. 258134).
Tuttavia il motivo, del tutto generico, non deduce neppure l’esistenza di una
richiesta in tal senso formulata nel giudizio di secondo grado, né indica le ragioni
dell’auspicata prognosi favorevole circa la commissione di futuri reati; in effetti
tale istanza non è stata proposta con i motivi di appello e non è stata neppure

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Il ricorrente non si confronta neppure con tale ineccepibile affermazione, a

formulata con le conclusioni rassegnate in secondo grado, che richiamavano
semplicemente quelle dell’atto di appello.
Il giudice di appello non è tenuto a motivare in ordine al mancato esercizio
del potere discrezionale di concedere d’ufficio la sospensione condizionale della
pena, ai sensi dell’art. 597, comma 3, cod. proc. pen., quando l’interessato non
abbia formulato al riguardo alcuna richiesta; ne deriva che il mancato
riconoscimento del beneficio non costituisce violazione di legge e non configura
mancanza di motivazione suscettibile di ricorso per cassazione neppure ex art.

Moundi e altro, Rv. 266563).

Ricorso nell’interesse di Francesco Giannatiempo.

4. Con il primo motivo del ricorso proposto nell’interesse dell’imputato
Giannatiempo i ricorrenti denunciano contraddittorietà e manifesta illogicità
della motivazione, assumendo che la Corte territoriale avrebbe dovuto trarre le
conseguenze dalla condivisibile assoluzione del Giannatiempo dal delitto di
bancarotta fraudolenta documentale anche in relazione alla concorrente
imputazione di bancarotta fraudolenta per distrazione.
4.1. Poiché era stato ammesso non solo che il Giannatiempo non aveva mai
ricevuto richiesta di consegna delle scritture contabili ma addirittura che egli,
sentito a sommarie informazioni dalla Guardia di Finanza, aveva indicato la loro
esatta collocazione presso lo studio del consulente fiscale, non si poteva non
sostenere che a lui non era mai stata riconosciuta quella facoltà di difesa nel
merito delle vicende societarie che invece concessa al Farris.
Solo nel processo penale il Giannatiempo aveva potuto esercitare le facoltà
difensive, recuperando le scritture contabili, mentre la Corte di appello lo aveva
ritenuto responsabile sulla base di sole e semplici presunzioni derivanti dalla
mancata consegna delle scritture e dalla mancata giustificazione della
destinazione dei beni societari.
4.2. L’incoerenza logica prospettata non sussiste.
Giannatiempo è stato assolto dall’accusa di aver sottratto o distrutto con lo
scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai
creditori, i libri o le altre scritture contabili, perché il curatore non lo aveva mai
contatto e lui, al contrario, aveva fornito le indicazioni utili al loro reperimento
allorché era stato sentito dalla Guardia di Finanza.
Non vi è però alcuna contraddizione con il fatto che egli debba rispondere
della mancanza dei beni della società, obiettivamente esistenti e non reperiti,
sulla base della presunzione illustrata nel § 1, con riferimento al ricorso Farris e

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606, comma primo, lett. e) , cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 15930 del 19/02/2016,

nel suo caso ulteriormente supportata dalla sicura riferibilità all’epoca della sua
amministrazione della fase operativa della società e della maturazione in tal
periodo dell’insolvenza, prima del passaggio di quote, considerato fittizio, al
Fa rris.
Nulla impediva al Giannatiempo di fornire nel processo, dopo aver
recuperato le scritture contabili, le più ampie giustificazioni circa la sorte dei beni
sottratti e mancanti.
4.3. I ricorrenti sostengono che non poteva darsi responsabilità distrattiva

diversa eventuale destinazione.
La doglianza è generica e non pertinente rispetto alla motivazione della
sentenza impugnata, che, alle pagine 7 e soprattutto 8, individua i beni sottratti
in quelli effettivamente entrati nella disponibilità della società alla luce della
tipologia dei crediti insinuati al passivo per forniture di merci assolutamente
compatibili con il nuovo oggetto sociale di Service Promoter s.a.s (vendita
all’ingrosso di porcellane e ceramiche idrosanitarie).

5. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano violazione di legge in
relazione all’art.192 cod.proc.pen.
Pur dando atto dell’intervenuta consegna delle scritture contabili, la Corte
territoriale avrebbe perseverato nell’errore del Tribunale, continuando a fondarsi
sulla relazione del curatore fallimentare per l’analisi delle vicende societarie, che
tuttavia era priva di alcun collegamento con le scritture della società; ogni
valutazione avrebbe dovuto basarsi sulla documentazione contabile
successivamente acquisita, se del caso valutata con l’ausilio di un perito.
Il motivo è palesemente inammissibile perché generico e non pertinente.
I ricorrenti non indicano in che modo le acquisite scritture contabili
avrebbero potuto orientare un diverso giudizio circa la responsabilità ascritta al
Giannatiennpo per i fatti distrattivi addebitatigli, dimostrare che le merci la cui
sparizione ingiustificata aveva fondato l’accertamento dell’accusa di distrazione
non erano state sottratte, ma utilmente impiegate o vendute, e,
correlativamente, fornire le necessarie spiegazioni sulla sorte degli eventuali
relativi corrispettivi.

6. Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano assenza della motivazione in
ordine alla mancata presa in considerazione delle scritture contabili acquisite.
Anche questo motivo è inammissibile per l’assoluta genericità della
deduzione, che non indica in che misura e in quale prospettiva probatoria
l’elemento asseritamente sottovalutato avrebbe potuto dimostrare l’innocenza

9

di quei beni di cui non si era, prima di tutto, dimostrata l’esistenza e poi la

dell’imputato Giannatiempo e, in particolare, dimostrare l’insussistenza delle
distrazioni contestategli.

7. I ricorsi devono quindi essere dichiarati inammissibili e i ricorrenti
devono essere condannati, ciascuno, al pagamento delle spese del procedimento
e della somma di C 2.000,00= in favore della Cassa delle Ammende, così
equitativamente determinata in relazione ai motivi di ricorso che inducono a
ritenere la parte ricorrente in colpa nella determinazione della causa di

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento
delle spese del procedimento e della somma di C 2.000,00= a favore della Cassa
delle ammende.

Così deciso il 6/12/2017.

Il Presidente

Il C nsigliere este ore

Ufri berto Lui i S ()W L ,

Paolo Antonio Bruno

,

Depositato h Canceilena
Roma, lì

4•&N

mia..

inammissibilità (Corte cost. 13/6/2000 n.186).

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