Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6276 del 12/12/2012


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 6276 Anno 2013
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: SARNO GIULIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) COSCO MASSIMO N. IL 28/12/1981
2) FRAGALE STEFANO N. IL 17/10/1989
avverso la sentenza n. 5324/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del
09/12/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/12/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIULIO SARNO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 6-~ I
che ha concluso per _e k à.t.,tet).13.42„Ary.,-t„-ele•_ ctek r \A\ t51.40

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 12/12/2012

Ritenuto in fatto
Cosco Massimo e Fragale Stefano propongono per il tramite del comune difensore
ricorso per cassazione avverso la sentenza in epigrafe con la quale la corte di appello
di Milano, in parziale riforma di quella del tribunale della stessa città resa in data 12
maggio 2011, ha ridotto per Cosco Massimo la pena ad anni tre di reclusione ferma la
pena pecuniaria ed ha concesso a Fragale Stefano il beneficio della sospensione
condizionale della pena.
Entrambi gli imputati erano stati condannati perché in concorso tra loro illecitamente
detenevano sostanza stupefacente del tipo cocaina destinata ad uso non
esclusivamente personale e la destinazione a terzi era stata desunta dal peso
complessivo lordo di grammi 12, dal confezionamento frazionato in 26 involucri
nonché dal possesso di bilancino e bustine.
Deducono in questa sede i ricorrenti:
1) la violazione dell’articolo 73 comma 5 d.p.r. 309/90 e dell’articolo 133 del codice
penale asserendo che il Cosco aveva spontaneamente consegnato agli agenti un
calzino arrotolato estratto da una tasca interna del suo colorito all’interno del quale
erano nascosti i 26 involucri contenenti lo stupefacente e che già nell’immediatezza
dei fatti si era assunto ogni responsabilità; che il peso netto dello stupefacente era
risultato di 9 g circostanza questa che aveva indotto il primo giudice a ritenere
sussistente l’attenuante dell’articolo 73 comma 5 DPR 309/90 e che nessuna
motivazione vi era sulle ragioni che avevano indotto il collegio a partire comunque da
una severa pena base.
2) la violazione dell’art. 62 bis in relazione alla mancata concessione per il solo
Cosco delle attenuanti generiche non essendo stata tenuta in debito conto la condotta
collaborativa dell’imputato ed essendo stato dato rilievo, invece, ad un remoto
precedente. Si ricorda peraltro che la corte costituzionale, con sentenza n. 183 del
2011, ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 62 bis comma 2 del codice penale nella
parte in cui consentiva che si potesse ignorare ai fini dell’applicazione del comma l
dello stesso articolo la condotta del reo susseguente al reato.
Considerato in diritto
I ricorsi sono inammissibili
Occorre anzitutto premettere che in appello vi era stata rinuncia ai motivi con
esclusione del trattamento sanzionatorio per il Cosco e della concessione del
beneficio della sospensione condizionale per il Fragale.
La richiesta di quest’ultimo è stata accolta e, pertanto, egli non può in questa sede
porre in discussione – senza peraltro indicarne nemmeno le ragioni l’entità del
trattamento sanzionatorio.
Per quanto concerne invece il Cosco le censure si sostanziano in rilievi di merito
avendo correttamente indicato la corte di appello le ragioni per le quali non era
possibile riconoscere le attenuanti generiche ed un trattamento sanzionatorio più
favorevole evidenziando non solo il precedente specifico dell’imputato ma anche la
sua introduzione nel traffico degli stupefacenti quale spacciatore, che si attivava per il
confezionamento di dosi più piccole da cedere a terzi e che soprattutto era in grado di

procurarsi droga al Nord in base ai contatti locali, benché non residente altrove, che
poi suddivideva con strumenti rinvenuti bilancino.
Alla inammissibilità dei ricorsi consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna dei ricorrenti
al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle
ammende che si stima equo determinare in euro 1000 per ciascuno di essi.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1000 per ciascuna di essi in favore della cassa delle
ammende.
Roma, 12.12.2012

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