Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6275 del 27/01/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 6275 Anno 2016
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: CORBO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
MARTORANA Maria Concetta, nata a Palermo il 10/11/1959

avverso l’ordinanza del 16/09/2015 del Tribunale di Palermo

visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Antonio Corbo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Paolo
Canevelli, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso per
sopravvenuta carenza di interesse;
udito il difensore, avv. Massimo Motisi, che ha concluso chiedendo l’accoglimento
del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza emessa il 16 settembre 2015, depositata il 20 ottobre
2015, il Tribunale di Palermo, in funzione di giudice del riesame, ha confermato,
nei confronti di Maria Concetta MARTORANA, il provvedimento di applicazione
della misura interdittiva della sospensione dai pubblici uffici per la durata di sei

Data Udienza: 27/01/2016

mesi adottato dal G.i.p. del Tribunale di Palermo, nella parte relativa al delitto di
abuso di ufficio, commesso in Palermo nel luglio 2013, e consistito nell’omessa
assunzione di qualunque iniziativa disciplinare nei confronti del dott. Matteo
Tutino, che non aveva attestato nelle schede operatorie da lui redatte l’attiva
partecipazione a due interventi chirurgici di un medico non autorizzato, pur
essendo ella direttore sanitario dell’azienda ospedaliera interessata, nonché
presidente della commissione Ufficio Procedimenti Disciplinari del comparto

2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso la precisata ordinanza del
Tribunale di Palermo, l’avvocato Massimo Motisi, quale difensore di fiducia della
MARTORANA, formulando tre motivi.
2.1. Nel primo motivo, l’impugnante lamenta la violazione dell’art. 606,
comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 125, comma 3, e
273 cod. proc. pen., con riferimento alla affermata sussistenza dei gravi indizi di
colpevolezza.
La censura deduce, innanzitutto, la nullità dell’ordinanza impugnata perché il
Tribunale avrebbe omesso di motivare sulla doglianza prospettata con il motivo
di appello in ordine alla configurabilità di un atteggiamento di inerzia da parte
dell’indagata. Precisamente, si rappresenta che il giudice del riesame non aveva
dato alcuna risposta alla evidenziata necessità di considerare l’attività svolta
dall’indagata avendo riguardo ai due ruoli dalla stessa svolti (direttore sanitario
dell’azienda ospedaliera e presidente della commissione Ufficio Procedimenti
Disciplinari), e alla conseguente esigenza di specificare in quale delle due vesti la
stessa avesse tenuto la condotta omissiva. Si era infatti in proposito segnalato al
Tribunale che la MARTORANA, ricevuta la denuncia delle irregolarità commesse
dal Tutino, nella sua qualità di Direttore sanitario, aveva immediatamente
informato il dott. Castellano, direttore del reparto in cui prestava servizio il
medesimo Tutino, ed aveva, quindi, ritenuto di doversi astenere dal compiere
ogni attività quale Presidente della commissione Ufficio Procedimenti Disciplinari
prima che quest’organismo fosse formalmente investito della vicenda, in
considerazione del divieto fissato dall’art. 5 del codice disciplinare aziendale, in
attesa, quindi, delle determinazioni del’indicato direttore del reparto interessato,
cui, a norma dell’art. 55 bis d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, spettava di valutare
se si trattasse di irrogare sanzioni riservate alla sua competenza o, invece, a
quella, sovraordinata, dell’Ufficio Procedimenti Disciplinari.
La censura deduce, inoltre, la nullità dell’ordinanza impugnata perché il
Tribunale avrebbe omesso di motivare sulla doglianza prospettata con il motivo
di appello in ordine alla configurabilità del dolo intenzionale. Si osserva, a tal
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dirigenza medica dell’ente.

proposito, in primo luogo, che il giudice del riesame non avrebbe preso in
considerazione le segnalate «precise iniziative intraprese dalla Martorana»,
sbrigativamente escludendo di poter attribuire rilievo determinante, «allo stato
attuale degli atti», in particolare, sia alla originaria comunicazione al direttore del
reparto di appartenenza del dott. Tutino, sia alla successiva sollecitazione
indirizzata al medesimo direttore di reparto il 21 agosto perché gli fosse
presentata specifica relazione sulle denunciate irregolarità, sebbene si trattasse
di circostanze obiettivamente significative ai fini della esclusione del dolo

espressamente prendere in considerazione che l’unica condotta di ipotizzato
favoritismo nei confronti del Tutino era proprio quella in esame, poiché in ordine
alle altre vicende contestate alla MARTORANA erano stati esclusi i gravi indizi di
colpevolezza o dal G.i.p. o dallo stesso Tribunale del riesame.
2.2. Nel secondo motivo, l’impugnante lamenta la violazione dell’art. 606,
comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 125, comma 3,
274, lett. c) e 292, comma 2, cod. proc. pen., con riferimento alla affermata
sussistenza delle esigenze cautelari.
La censura deduce la nullità dell’ordinanza impugnata in relazione a due
profili. In primo luogo, infatti, il Tribunale avrebbe offerto «una risposta solo
apparente» alla denunciata mancanza di autonomia della motivazione adottata
dal G.i.p. sul pericolo di recidivanza rispetto a quella formulata dal P.M., sebbene
quest’ultimo ipotizzasse la gravità delle condotte, ritenendo sussistenti i gravi
indizi di colpevolezza per cinque vicende di abuso di ufficio, mentre l’ordinanza
genetica aveva affermato l’esistenza dei medesimi in relazione a due soli episodi.
In secondo luogo, il giudice del riesame avrebbe ignorato l’eccezione di nullità
dell’ordinanza genetica, per avere la stessa omesso di motivare anche in
considerazione della carenza degli elementi di fatto per i quali le condotte
addebitate avrebbero assunto rilevanza ai fini della sussistenza delle esigenze
cautelari, nonostante il tempo trascorso dalla commissione del reato.
2.3. Nel terzo motivo, l’impugnante lamenta la violazione dell’art. 606,
comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 125, comma 3, e
274, lett. c), cod. proc. pen., con riferimento alla affermata sussistenza delle
esigenze cautelari.
La censura deduce che l’ordinanza impugnata non avrebbe rivalutato il
quadro cautelare tenendo conto che la MARTORANA non ricopriva più alcun ruolo
presso l’azienda ospedaliera all’interno della quale si erano verificate le vicende
in contestazione, che queste vicende erano tutte legate a persone ben
determinate ed erano da ritenersi episodiche anche in considerazione
dell’incensuratezza dell’indagata, che il tempo trascorso rendeva comunque
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dell’indagata. Si aggiunge, poi, che l’ordinanza impugnata avrebbe dovuto

inattuale il pericolo di recidivanza, e che il giudizio di «gravità del fatto» non può
essere ancorato ad un unico accadimento, posto che unico è l’addebito per il
quale residuano i gravi indizi di colpevolezza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato per le ragioni di seguito indicate.

provvedimento di riesame per l’omessa considerazione delle doglianze
prospettate al Tribunale in quella sede, impongono una precisazione di carattere
preliminare.
Il Collegio, infatti, ritiene di dover richiamare e far applicazione del principio
consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui “in sede di
legittimità, non è censurabile una sentenza per il suo silenzio su una specifica
deduzione prospettata con il gravame, quando risulti che la stessa sia stata
disattesa dalla motivazione della sentenza complessivamente considerata” (così
Sez. 1, n. 27825 del 22/05/2013, Caniello, Rv. 256340; nello stesso senso, cfr.,
anche, Sez. 6, n. 20092 del 04/05/2011, Schowick, Rv. 250105, e Sez. 4, n.
1146 del 24/10/2005, dep. 13/01/2006, Mirabilia, Rv. 233187).
A questo principio, cui non può non farsi ricorso anche quando il
provvedimento impugnato è costituito da un’ordinanza in materia cautelare, ci si
atterrà nell’esame degli indicati motivi.

3. Il motivo che attiene alla nullità dell’ordinanza impugnata per omessa
motivazione in ordine alle deduzioni prospettate in sede di riesame con
riferimento alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza pone questioni
relative alla configurabilità tanto del fatto tipico, quanto del dolo.
3.1. Per quanto concerne la ricostruzione della condotta abusivamente
omissiva della MARTORANA, l’ordinanza impugnata offre una motivazione che,
caratterizzata dalla individuazione di elementi fattuali incompatibili con quelli
prospettati dalla difesa, risulta immune da vizi logici o giuridici. Il Tribunale del
riesame, infatti, ha evidenziato che l’indagata, dopo aver sollecitato informazioni
al dott. Castellano, quale direttore del reparto interessato, relativamente alla
vicenda delle false attestazioni ascrivibili al dott. Tutino nelle schede di due
interventi chirurgici (e riguardanti l’omessa indicazione del ruolo attivo svolto nel
corso degli stessi da parte di un medico straniero non autorizzato ad essere
presente nella sala operatoria), aveva poi ricevuto in risposta dal medesimo dott.
Castellano specifica relazione scritta, redatta dal responsabile del complesso
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2. I primi due motivi di ricorso, che lamentano vizi di motivazione del

operatorio, e contenente in allegato anche le copie dei registri operatori. Quindi,
l’inerzia della MARTORANA è riferita non alla condotta di attesa rispetto a non
pervenute determinazioni del dott. Castellano, bensì all’omessa attivazione per
gli adempimenti necessari, e di competenza, dopo la ricezione di una puntuale
relazione scritta, redatta in seguito ad una sua precedente specifica richiesta di
informazioni, e formulata «proprio in relazione all’eventuale necessità di investire
della vicenda i competenti uffici disciplinari».
3.2. Pure con riferimento al profilo del dolo, i giudici del riesame forniscono

procedimento. L’ordinanza, infatti, rileva che l’omessa attivazione, sussumibile
nella fattispecie di abuso di ufficio, è seguita alla comunicazione all’indagata di
specifica relazione scritta dalla stessa espressamente sollecitata, e che, inoltre,
tale relazione rappresentava l’avvenuta commissione di un fatto almeno prima
facie qualificabile come reato, ed ascrivibile al dott. Tutino (osserva il Tribunale:
«Si trattava, peraltro, di una falsità penalmente rilevante appresa nell’esercizio
delle proprie funzioni e non comunicata all’Autorità Giudiziaria»). Non appare
manifestamente illogico, inoltre, escludere rilievo determinante, allo stato degli
atti, all’adozione, da parte della MARTORANA, di una circolare con la quale si
invitavano i direttori di reparto alla rigorosa osservanza delle disposizioni sulla
tenuta dei registri operatori e si chiedeva specifica relazione al dott. Castellano
sulla vicenda risultata addebitabile al dott. Tutino: l’ordinanza, infatti, osserva
specificamente che, in proposito, deve tenersi «conto della inerzia
successivamente e obiettivamente mantenuta [dall’indagata] dopo essere venuta
a conoscenza dei fatti»; non può trascurarsi, inoltre, che tale conoscenza
derivava da una specifica relazione scritta richiesta dalla ricorrente e alla stessa
indirizzata.

4. Il motivo che attiene alla nullità dell’ordinanza impugnata per omessa
motivazione in ordine alle deduzioni prospettate in sede di riesame con
riferimento alla sussistenza delle esigenze cautelari è anch’esso infondato.
L’ordinanza impugnata, infatti, ha evidenziato che il giudice per le indagini
preliminari «ha indicato in modo chiaro le ragioni che lo hanno indotto a ritenere
esistente il pericolo di reiterazione», in particolare sottolineando la gravità delle
violazioni commesse dalla MARTORANA, posto che le stesse erano «riferibili non
soltanto alla carica di Direttore Sanitario, ma anche alla qualifica di Presidente
dell’Ufficio Procedimenti Disciplinari». In tal modo, il giudice del riesame ha
messo in luce come le esigenze cautelari erano state desunte dal g.i.p. proprio
alla luce dello specifico episodio per il quale è stata emessa (e poi confermata) la
misura interdittiva nei confronti dell’indagata.
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una motivazione non censurabile, in considerazione della natura cautelare del

5. Sorte non diversa deve essere riservata all’ultimo motivo, con il quale si
deduce che il tribunale del riesame non avrebbe rivalutato il quadro delle
esigenze cautelari, alla luce delle specifiche circostanze indicate.
Il Collegio palermitano, in effetti, ha precisato espressamente, con
motivazione non incongrua, di condividere le valutazioni del g.i.p. in ordine al
pericolo di recidivanza, osservando che ai fini della desumibilità di quest’ultimo
non è indispensabile l’esistenza di precedenti penali o giudiziari a carico

circostanze del comportamento addebitato, e che, nel caso di specie, è
«determinante, in particolare, l’obiettiva gravità della condotta». Ciò, perché i
fatti in contestazione sono ascrivibili ad una duplicità di qualifiche e di funzioni
della MARTORANA, e perché la stessa si determinò nel suo comportamento
«nonostante le esplicite e specifiche informazioni ricevute». Non può trascurarsi,
poi, anche ai fini della valutazione della configurabilità delle esigenze cautelari,
che l’inerzia della ricorrente risulta riferibile ad un fatto prima facie costituente
non solo illecito disciplinare, bensì anche delitto procedibile di ufficio. Tenuto
conto di questi rilievi, la motivazione dell’ordinanza impugnata non è carente, né
contraddittoria o manifestamente illogica, neppure laddove, anche richiamando
la gravità del fatto, nega di poter ritenere la «condotta talmente risalente nel
tempo da escludere del tutto l’esistenza del pericolo» di cui all’art. 274, comma
1, lett. c), cod. proc. pen.

6. All’infondatezza dei motivi esposti nel ricorso, segue il rigetto dello
stesso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 27 gennaio 2016

Il Consigliere estensore

Il Presidente

dell’indagato, quando elementi significativi debbono trarsi dalle modalità e

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