Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6274 del 27/01/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 6274 Anno 2016
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: CORBO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
SUGARELLI Michele, nato il 23/01/1990

avverso l’ordinanza del 04/11/2015 del Tribunale di Roma

visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Antonio Corbo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Paolo
Canevelli, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio del provvedimento
impugnato.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza emessa il 4/11 novembre 2015, il Tribunale di Roma, in
funzione di giudice del riesame, ha confermato, nei confronti di Michele SUGARELLI,
il provvedimento di applicazione della misura cautelare dell’obbligo di presentazione
alla P.G. adottato dal G.i.p. del Tribunale di Roma in relazione ai delitti di cui agli
artt. 110, 112, 336 e 339 cod. pen., e di cui all’art. 582 cod. pen., commessi in
Roma il 16 ottobre 2015, per aver usato violenza, in concorso con circa cinquant

Data Udienza: 27/01/2016

altre persone, in danno degli agenti di Polizia che avevano formato un cordone di
protezione per la sicurezza di un’area destinata ad una esposizione internazionale,
colpendo gli stessi con percosse ed oggetti contundenti, e per avere, nell’occasione,
cagionato lesioni personali ad uno degli appartenenti alle forze dell’ordine.

2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso la precisata ordinanza del
Tribunale di Roma, l’avvocato Flavio Rossi Albertini, quale difensore di fiducia del
SUGARELLI, formulando due motivi.

1, lett. e), cod. proc. pen., per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità
della motivazione dovuta al cd. “travisamento della prova”.
La censura deduce che il Tribunale avrebbe affermato la sussistenza dei gravi
indizi di colpevolezza omettendo di prendere in considerazione gli elementi di prova
prodotti dalla Difesa già in sede di udienza di convalida – precisamente due video,
tratti dai siti “repubblica.it” e “ilfattoquotidiano.it “, nonché numerose riproduzioni
fotografiche – al fine di dimostrare «non solo la dinamica con cui si sono svolti i
fatti, ma anche e in maniera precipua la condotta serbata dal Sugarelli». Per
l’esattezza, la motivazione dell’ordinanza impugnata, pur dando formalmente atto
della produzione difensiva, dimostrerebbe «sostanzialmente» che il Tribunale non
avrebbe «esaminato affatto i video de quibus nonché e soprattutto le riproduzioni
fotografiche»: le immagini, infatti, evidenzierebbero che il SUGARELLI, all’atto della
carica della Polizia, era in posizione arretrata ed intento ad usare il megafono, per
poi cadere a terra e restare così immobile fino al momento dell’arresto. Si sarebbe,
pertanto, verificata una ipotesi di “travisamento della prova”, come tale rilevabile
nel giudizio di legittimità, in quanto concernente «l’esistenza di una palese
difformità ed incompatibilità tra i risultati obiettivamente derivanti dall’assunzione
della prova […] e quelli che il giudice di merito ne abbia tratto […]». Inoltre,
l’osservazione contenuta nel provvedimento impugnato, secondo cui «le
osservazioni difensive sul punto sono pertanto destituite di ogni fondamento con
riferimento alle imputazioni», integrerebbe una fattispecie di motivazione
«materialmente assente […] mancando di specifici momenti esplicativi anche in
relazione alle critiche pertinenti dedotte dalle parti».
2.2. Nel secondo motivo, l’impugnante lamenta la violazione dell’art. 606,
comma 1, lett. b), cod. proc. pen., per inosservanza o erronea applicazione della
legge penale o di altre norme giuridiche in relazione al combinato disposto dell’art.
274 lett. c) cod. proc. pen. e 133 cod. pen., nonché la violazione dell’art. 606,
comma 1, lett. c), cod. proc. pen., per mancanza, contraddittorietà o manifesta /4\
illogicità della motivazione.

2

2.1. Nel primo motivo, l’impugnante lamenta la violazione dell’art. 606, comma

La censura deduce che il provvedimento impugnato avrebbe ravvisato le
esigenze cautelari sulla base di mere iscrizioni risultanti dal Registro Generale della
Procura e di osservazioni di tipo moralistico, concernenti la doverosità di un
atteggiamento diverso da parte di persona ben inserita nell’ambiente universitario.
Si osserva, innanzitutto, che le iscrizioni al Registro Generale della Procura non
costituiscono nemmeno precedenti giudiziari, poiché attengono a notizie di reato
per le quali non è stata ancora esercitata l’azione penale, e che, anzi, potrebbero
benissimo essere archiviate. Si aggiunge, poi, che non sono state valorizzate

personalità dell’indagato, il quale, tra l’altro, ha conseguito una laurea specialistica
e frequenta un dottorato di ricerca.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.

2.

Il primo motivo censura la motivazione dell’ordinanza impugnata in

riferimento all’affermata sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, perché nel
testo del provvedimento non sarebbero stati esaminati gli atti prodotti dalla Difesa,
o, comunque, si sarebbe verificata una ipotesi di cd. “travisamento della prova”, o,
ancora, e in ogni caso, sarebbe mancata l’espresso apprezzamento delle critiche
mosse alla ricostruzione dei fatti nell’ordinanza genetica.
2.1. Per quanto attiene al primo profilo della doglianza, deve osservarsi che i
giudici del riesame, sia pur succintamente, ma con chiarezza, danno atto
dell’avvenuto esame del materiale documentale in questione, consistito in due
video, tratti dai siti “repubblica.it ” e “ilfattoquotidiano.it “, nonché in immagini
fotografiche, e della valutazione dello stesso ai fini della decisione. Il tribunale
collegiale, infatti, dopo aver premesso che identica censura era stata prospettata
avverso l’ordinanza genetica, rappresenta di aver formato così il suo
convincimento: «Invero, dagli atti del procedimento (annotazioni di PG, verbali di
arresto e perquisizione, referti medici, materiale fotografico e filmati) risultano
inequivocabilmente le condotte poste in essere dal SUGARELLI, il suo protagonismo
in occasione della manifestazione non autorizzata, coma la sua presenza in
occasione della protesta del 13.10.2015, nonché l’azione violenta descritta nei capi
di incolpazione. Le osservazioni difensive sul punto sono pertanto destituite di ogni
fondamento con riferimento alle imputazioni».
2.2. Non può, poi, essere lamentato un vizio di travisamento della prova
procedendo dal rilievo secondo cui «i video de quibus nonché e soprattutto le
riproduzioni fotografiche» documenterebbero «senza necessità di qualsivoglia
3

l’incensuratezza, l’assenza di carichi pendenti, la giovane età e la positiva

operazione interpretativa […] l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza» del
ricorrente.
In linea generale, il vizio di travisamento della prova è configurabile quando si
introduce nella motivazione una informazione rilevante che non esiste nel processo
o quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia (così,
per tutte, Sez. 2, n. 47035 del 03/10/2013, Giugliano, Rv. 257499), ed è
ravvisabile ed efficace solo se l’errore accertato sia idoneo a disarticolare l’intero
ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza

16/01/2014, Del Gaudio, Rv. 258774, e Sez. 1, n. 24667 del 15/06/2007, Rv.
237207).
Ciò posto, e in disparte da ogni altra considerazione, le riproduzioni
fotografiche, indicate come principale elemento dimostrativo dell’avvenuto
travisamento della prova, non possono avere, in sé, una valenza auto-evidente con
riferimento ad una condotta articolata, quale quella contestata nel caso di specie:
tali immagini, infatti, possono offrire solo la rappresentazione di segmenti parziali
della complessiva azione del SUGARELLI, e degli accadimenti che hanno interessato
il medesimo. In altri termini, le immagini fotografiche, quando attengono ad un
comportamento che si assume essere strutturato e dì qualche durata, forniscono
elementi di conoscenza da rielaborare e valutare congiuntamente, e criticamente,
con tutte le altre evidenze acquisite al procedimento (o al processo), e, quindi, non
sono sufficienti, da sole, a disarticolare l’intero ragionamento probatorio addotto a
fondamento della decisione impugnata.
2.3. Non può, infine, ravvisarsi un’ipotesi di motivazione «materialmente
assente», per mancato esame delle critiche formulate dalla difesa nell’istanza di
riesame.
Queste ultime, per quanto è dato rilevare dal ricorso per cassazione e
dall’ordinanza del riesame, attengono all’interpretazione del materiale fotografico e
dei filmati. Tale documentazione, però, è indicata dal Tribunale come fondamento
evidente della decisione di conferma del provvedimento genetico – «dagli atti del
procedimento […] risultano inequivocabilmente le condotte poste in essere dal
SUGARELLI» -, e che, proprio perciò, «Le osservazioni difensive sul punto sono
pertanto destituite di ogni fondamento con riferimento alle imputazioni».

3. Il secondo motivo censura la motivazione dell’ordinanza impugnata in
riferimento all’affermata sussistenza delle esigenze cautelari.
La decisione del Tribunale del riesame, a tal fine, valorizza posizione siocioculturale del ricorrente, gravità dei fatti in contestazione (in quanto caratterizzati da
violenza nei confronti delle forze dell’ordine nel corso di pubbliche manifestazioni
4

dimostrativa del dato distorto o pretermesso (cfr., tra le tante, Sez. 6, 5146 del

con numerose persone, alcune delle quali solo involontariamente coinvolte),
precedenti «iscrizioni al Re.Ge., cioè i “carichi pendenti”», precedenti denunce per
fatti analoghi in occasione di manifestazioni non autorizzate.
Tale valutazione risulta corretta.
Invero, quanto all’utilizzabilità del contenuto di denunce per fatti analoghi ai
fini della prognosi di recidiva, deve premettersi che non solo costituisce principio
consolidato quello secondo cui occorre tenere conto, a tal proposito, anche delle
eventuali pendenze penali, in quanto riferibili a «comportamenti o atti concreti»,

nonostante l’assenza di «precedenti penali» (così, tra le tante, da ultimo Sez. 6, n.
45934 del 22/10/2015, Perricciolo, Rv. 265069), ma che, secondo la condivisibile
puntualizzazione di ulteriore decisione, gli elementi per una valutazione di
pericolosità possono trarsi pure solo da comportamenti o atti concreti non
necessariamente aventi natura processuale (così Sez. 5, n. 5644 del 25/09/2014,
dep. 2015, Iov, Rv. 264212). Se, però, nel rispetto della lettera della legge, è
possibile attribuire rilievo, ai fini della configurabilità del pericolo di recidivanza,
anche a «comportamenti o atti concreti» non oggetto di accertamento giudiziario, è
ammissibile pure che questi, in assenza di specifiche prescrizioni ostative, siano
eventualmente desunti da denunce presentate all’Autorità Giudiziaria.
Tenuto conto di ciò, l’insieme degli elementi valorizzati nell’ordinanza
impugnata – precisamente: le gravi modalità dei fatti in contestazione, poste in
essere nonostante il significativo livello socio-culturale del ricorrente, e le denunce
per condotte analoghe – rende non illogico o viziato il giudizio sull’esistenza del
pericolo di reiterazione di reati della stessa specie di quello per cui si procede.

4. All’infondatezza dei motivi esposti nel ricorso, segue il rigetto dello stesso,
con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 27 gennaio 2016

Il Consigliere estensore

Il Presidente

specificamente rilevanti secondo l’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.

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