Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6260 del 27/01/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 6260 Anno 2016
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: CORBO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
DE STEFANO Antonino, nato a Reggio Calabria il 19/09/1956

avverso la sentenza del 09/07/2014 della Corte d’appello di Bologna

visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Antonio Corbo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Paolo
Canevelli, che ha concluso chiedendo pronunciarsi, previa riqualificazione
giuridica del fatto, annullamento senza rinvio per prescrizione;
udito il difensore, avv. Erminia Del Medico, in sostituzione dell’avv. Mario La
Bella, che ha concluso chiedendo raccoglimento del ricorso

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa il 9 dicembre 2013, la Corte di appello di
Catanzaro, confermando la decisione di primo grado, ha condannato alla pena di
giustizia Antonino DE STEFANO per il delitto di evasione accertato in Vibo
Valentia il 23 giugno 2006.

Data Udienza: 27/01/2016

2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso la precisata sentenza della
Corte di appello di Catanzaro, l’avvocato Mario La Bella, quale difensore di fiducia
del DE STEFANO, formulando un unico motivo.
Con lo stesso, il ricorrente lamenta l’illegittimità della sentenza impugnata
ex art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen. per inosservanza o erronea
applicazione della legge penale.
Si deduce, precisamente, che l’imputato non aveva violato gli arresti
domiciliari, bensì l’obbligo di permanenza domiciliare, come risulta anche dalla

sentenza di primo grado, alla luce della rettifica disposta in data 21 marzo 2006,
e che tale presupposto esclude la configurabilità del delitto di evasione, essendo,
invece, ravvisabile la fattispecie di cui all’art. 56 d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274.
Si denuncia, inoltre, che illegittimamente la Corte di appello ha confermato la
pronuncia di primo grado «sul presupposto che, in ogni caso, il limite di pena
previsto dall’art. 56 D.Lgs. 274/2000 non è stato superato», perché tale
affermazione comporta una riqualificazione di ufficio del fatto in contestazione
nella sentenza di appello senza previo contraddittorio con l’imputato. Si
conclude, infine, con richiesta di declaratoria dell’avvenuta prescrizione del reato.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato laddove lamenta che i giudici di appello non hanno
proceduto ad una corretta o comunque precisa qualificazione giuridica del fatto;
ne consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio
perché il reato è estinto per prescrizione.

2. La sentenza della Corte di appello, invero, dà atto che l’odierno ricorrente
aveva già censurato la sentenza di primo grado con riferimento alla
qualificazione giuridica del fatto, definito in quella decisione in termini di
evasione. La risposta data alla doglianza, però, è del seguente tenore: «Invero la
decisione del primo giudice appare incensurabile poiché la condotta dell’imputato
[…] ha integrato, in pieno, il reato contestato. […] In ogni caso, si rileva che la
pena inflitta per il reato ritenuto dal primo giudice è quella di mesi sei di
reclusione, mentre la fattispecie di delitto asseritamente configurabile secondo la
difesa prevede la pena fino ad un anno di reclusione. Conseguentemente il limite
di pena previsto dall’art. 56 d.lvo 274/2000 non è stato superato».
La sentenza impugnata, quindi, ha confermato la qualificazione giuridica del

t ,1

fatto in termini di evasione, o comunque non ha dato una chiara risposta alla i.l.
specifica questione proposta nell’interesse del DI STEFANO.
2

La questione non è priva di significato anche per la notevole differenza dei
minimi edittali applicabili in relazione alle due fattispecie: il reato di evasione era
punito (all’epoca di fatti) con la pena della reclusione da sei mesi ad un anno,
mentre il reato di violazione degli obblighi imposti dal giudice di pace, come
quello di permanenza domiciliare, a norma dell’art. 56 d.lgs. 28 agosto 2000, n.
274, era ed è sanzionato con la reclusione fino ad un anno.
E’ poi da aggiungere che, come risulta evidente da quanto esposto nella
motivazione della sentenza della Corte di appello, il reato correttamente

56 d.lgs. n. 274 del 2000: la decisione impugnata rappresenta
inequivocabilmente che il DE STEFANO aveva trasgredito l’obbligo della
permanenza domiciliare impostogli con provvedimento del giudice di pace.
La fondatezza del ricorso in ordine alla qualificazione giuridica del fatto
impone di tener conto, ai fini della prescrizione, del tempo decorso nelle more
della presente decisione. Di conseguenza, considerato che il reato risulta
commesso in data 23 giugno 2006, ed in assenza di cause di sospensione della
prescrizione, il tempo necessario a prescrivere risulta abbondantemente
maturato.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per
prescrizione.
Così deciso il 27 gennaio 2016

Il Consigliere estensore

Il Presi ente

configurabile era proprio quello indicato dal ricorrente, ossia quello di cui all’art.

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