Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 626 del 18/10/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 626 Anno 2014
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: BRUNO PAOLO ANTONIO

SENTENZA

Sul ricorso proposto dal
Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Firenze avverso
la sentenza della stessa Corte dell’11/03/2013, nel procedimento penale a carico di
CONTRERAS YARANGA David, nato in Perù il 26/09/1971.

Letto il ricorso e la sentenza impugnata;
udita la relazione del Consigliere dr. Paolo Antonio BRUNO.
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Aurelio Galasso, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito, altresì, l’avv. Valentino Nerbini, difensore dell’imputato, che si è associato
alle richieste del PG. ed ha depositato istanza di liquidazione onorari, ex art. 32
disp.att. cod.proc.pen.

RITENUTO IN FATTO

1. David Contreras Yaranga era chiamato a rispondere, innanzi al Tribunale di
Firenze, dei reati di seguito indicati:

Data Udienza: 18/10/2013

1) ai sensi dell’art. 495, commi 1 e 2, cod. pen. per aver reso, con più azioni
esecutive del medesimo disegno criminoso ed in più occasioni, interrogato sulle
proprie generalità da pubblici ufficiali, false dichiarazioni in quanto diverse tra loro,
variando, alternativamente la cittadinanza, il nome ed cognome e la data di nascita,
come risulta in dettaglio dagli elenchi di precedenti dattiloscopici nazionali del
12.12.2006; fatto aggravato perché dette dichiarazioni erano destinate ad essere
riprodotte in atti pubblici (atti di identificazione);

esibiva un valido documento di identificazione, neppure del paese di origine o di
ultima provenienza, ad agenti della Sezione Volanti della Questura di Firenze, che
gliene avevano fatto richiesta legittima (in Firenze il 13.12.2006)
Con sentenza del 07/04/20, il Tribunale dichiarava l’imputato colpevole dei
reati ascrittogli e, ritenuto il vincolo della continuazione, lo condannava alla pena di
mesi sei di reclusione, oltre consequenziali statuizioni. Dichiarava, altresì, non
doversi procedere per tutte le condotte contestate al capo 1) della rubrica
antecedenti al 17.1.2003, perché i reati erano estinti per intervenuta prescrizione.

2. Pronunciando sul gravame proposto dal difensore, la Corte d’appello di
Firenze, con la sentenza indicata in epigrafe, riformava l’impugnata pronuncia,
assolvendo l’imputato dal reato di cui all’art. 495 cod. pen. con formula perché il
fatto non sussiste e da quello di cui all’art. 6, comma 3, d.lvo 286/1998 perché il
fatto non è previsto dalla legge come reato.

3. Avverso l’anzidetta pronuncia il Procuratore Generale di Firenze ha proposto
ricorso per cassazione, affidato alle ragioni di censura indicate in parte motiva.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. In limine, va disattesa l’istanza di liquidazione dell’onorario e delle spese
proposta, all’odierna udienza, dal difensore d’ufficio, in quanto, ai sensi dell’art. 116
d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, applicabile in materia in luogo dell’abrogato art. 32
disp.att. cod. proc. pen., la richiesta liquidazione è rimessa a speciale procedura,
secondo le forme previste dagli artt. 82 e 84 della stessa normativa,
subordinatamente alla dimostrazione dell’infruttuoso esperimento delle procedure
per il recupero dei crediti professionali.

2. Venendo, ora, all’impugnazione, si osserva che, con unico motivo, il PG
ricorrente denuncia violazione di legge per mancanza di adeguata motivazione.
Deduce, al riguardo, che l’imputato aveva dichiarato, in due occasioni, diverse date

2) ai sensi dell’art. 6 della legge n. 48/98 perché, senza giustificato motivo, non

di nascita (26 giugno 1971 e 26 settembre 1971). Per la Corte d’appello, si era
trattato di mero errore degli organi di polizia, ma tale giustificazione non era
sostenibile in quanto, già in passato, l’imputato si era reso responsabile di false
dichiarazioni, come riconosciuto nella stessa sentenza.
Quanto al reato contravvenzionale, sostiene l’inapplicabilità alla fattispecie della
recente pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte di legittimità, n. 16453 del

3.

Il ricorso è inammissibile perché articolato in fatto e, comunque, é

manifestamente infondato.
Ed invero, la questione posta alla cognizione di questa Suprema Corte, con
riferimento al delitto di cui all’art. 495 cod. pen., implica valutazione squisitamente
di merito volta ad stabilire se l’imputato abbia effettivamente indicato due date di
nascita (la differenza consiste solamente nel mese: settembre-giugno); se ciò abbia
fatto intenzionalmente ovvero se, pur avendo dichiarato in una delle due occasioni
la corretta data di nascita, i verbalizzanti l’abbiano male trascritta. Si tratta, in tutta
evidenza, di questione improponibile nel presente giudizio, giacché postula
accertamenti in punto di fatto non consentiti in questa sede di legittimità.
E, per quanto riguarda il reato contravvenzionale, è certamente corretta la
lettura che il giudice d’appello ha dato della menzionata sentenza delle Sezioni
Unite di questa Suprema Corte, secondo cui il reato d’inottemperanza all’ordine di
esibizione del passaporto o di altro documento di identificazione e del permesso di
soggiorno o dell’attestazione della regolare presenza nel territorio dello Stato é
configurabile soltanto nei confronti degli stranieri regolarmente soggiornanti nel
territorio dello Stato, e non anche degli stranieri in posizione irregolare, a seguito
della modifica dell’art. 6, comma terzo, D. Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, recata
dall’art. 1, comma ventiduesimo, lett. h), L. 15 luglio 2009, n. 94, che ha
comportato una “aboliti° criminis”, ai sensi dell’art. 2, comma secondo, cod. pen.,
della preesistente fattispecie per la parte relativa agli stranieri in posizione
irregolare (cfr. Cass. Sez. Un. n. 16453 del 24/02/2011, Rv 249546).

4. Non resta, allora, che far luogo alla declaratoria d’inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso del Procuratore Generale.
Così deciso il 18/10/2013

2011.

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