Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6251 del 17/11/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 6251 Anno 2016
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: GIORDANO EMILIA ANNA

SENTENZA
Sul ricorso proposto da
1) Di Battista Sebastiano, n. a Teramo, il 6/10/1976
2) Di Sano Gianluca, n. a Brindisi, il 10/3/1976
3) Greco Fulvio, n. a Manduria, il 14/5/1971
4) Meraglia Renato, n. a Casarano, il 19/1/1972
avverso la sentenza del 17/12/2014 della Corte di Appello di Bologna
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Emilia Anna Giordano
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Aldo
Policastro, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udite per le parti civili Spinelli Nicola, Spinelli Vincenzo e Spinelli Angelo, l’avv. Saverio
ChXesi e per la parte civile Ministero degli interni, l’Avvocato distrettuale Lorenzo D’Ascia che
hanno concluso chiedendo il rigetto del ricorso e la liquidazione delle spese processuali come
da nota allegata;
udito per i ricorrenti l’avv. Fausto Sergio Pacifico, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso.

Ritenuto in fatto
1. Con la sentenza indicata in epigrafe, in parziale riforma di quella del giudice dell’udienza
preliminare del Tribunale di Bologna del 23 giugno 2011, concesse le circostanze generiche con
1

Data Udienza: 17/11/2015

giudizio di equivalenza alle contestate aggravanti previa esclusione di quella di cui all’art. 61 n.
1 cod. pen., unificati i reati ex art. 81 cpv. cod. pen., con la diminuente del rito abbreviato i
ricorrenti sono stati condannati alla pena, sospesa a termini e condizioni di legge, Di Sano
Gianluca, Greco Fulvio e Meraglia Renato di anni uno, mesi sei e giorni venti di reclusione
ciascuno e il Di Battista a quella di anni uno, mesi sei di reclusione. I predetti sono stati,
altresì, condannati in solido, oltre che alla rifusione delle spese processuali, al risarcimento dei
danni, liquidati, in via equitativa, in euro diecimila a favore della pane civile Ministero
dell’Interno, e rimessi alla determinazione del giudice civile quanto a Spinelli Nicola, Spinelli

provvisionale, di euro diecimila ciascuno.
2. Di Battista Sebastiano, assistente della Polizia di Stato, Di Sano Gianluca, Greco Fulvio
e Meraglia Renato, vice sovraintendenti della Polizia di Stato, sono stati riconosciuti
responsabili dei reati, come loro rispettivamente ascritti, di cui ai capi A), artt. 110, 112 n. 1,
323 cod. pen.; Al) artt. 61 n. 9, 110, 588, primo e secondo comma cod. pen.; B) artt. 61, nn.
2 e 9, 81, 110, 112 n. 1, 368 cod. pen.; C) artt. 61 n. 2, 110,112 n. 1,479 cod. pen.; G), artt.
61 n. 2, 110, 112 n. 1, 479 cod. pen; H) artt. 61 n. 2, 81, 110, 112 n. 1,56323 cod. pen., reati
commessi, a meno di quello sub H), in Casalecchio di Reno e Bologna nelle prime ore del g. 8
ottobre 2008, in danno di Spinelli Nicola, Spinelli Vincenzo e Spinelli Angelo che ivi venivano
tratti in arresto con le accuse di rapina aggravata e resistenza e, pertanto, persone offese dei
reati di abuso, calunnia e falso, e, a propria volta, Vincenzo e Nicola, irrevocabilmente
condannati alla pena di mesi otto di reclusione ciascuno per il reato di rissa sub Al) loro
ascritto.
3. Questi i fatti come sintetizzati nella sentenza impugnata che, a meno che per
l’assoluzione perché il fatto non sussiste del Di Battista in ordine al reato sub A2) e per quella
di altro agente (Pasqualini Antonio, per non avere commesso il fatto), ha condiviso la
ricostruzione del giudice di primo grado non senza evidenziare fin d’ora, anche tenuto dei
motivi di ricorso, che radicalmente diversa è la ricostruzione della vicenda oggetto di giudizio
resane dai protagonisti e, segnatamente, dagli agenti di Polizia, attraverso le circostanze
riportate nel verbale di arresto (ricostruzione che integra oltre che la condotta del reato di
falso, quelle di calunnia e abuso) e dagli Spinelli e controverso il risultato di prova di un
filmato, tratto dal sistema di videosorveglianza di un locale pubblico adiacente alla discoteca
teatro dei fatti. Il filmato veniva acquisito dagli agenti odierni ricorrenti il g. 9 ottobre 2008 e la
sua acquisizione è oggetto della contestazione (tentato abuso) sub capo H), perché effettuata
senza informare i superiori, senza redigere alcun verbale e senza procedere all’immediato
deposito presso la Procura della Repubblica del materiale, che veniva consegnato solo una
volta appresa dell’indagine aperta dal Pubblico Ministero in esito alle dichiarazioni rese dagli
Spinelli in sede di convalida dell’arresto.
Nelle prime ore dell’8.10.2008 gli odierni ricorrenti, tutti in servizio presso il VII Reparto
Mobile della Questura di Bologna, si accingevano a lasciare una discoteca presso la quale

Vincenzo e Spinelli Angelo a favore dei quali è stata liquidata la somma, a titolo di

avevano organizzato una festa privata e il Di Battista, che portava tra le mani alcuni pacchi, si
avvicinava all’auto per riporli nel bagagliaio quando incrociava Spinelli Vincenzo, Spinelli
Nicola, Spinelli Angelo e Ibrahin Bejzaku.
Fin dalla ricostruzione di questo primo segmento della vicenda si registrano le divergenze
nelle dichiarazioni rese da Spinelli Nicola, Spinelli Vincenzo e Spinelli Angelo, che fondano la
contestazione del reato di rissa sub capo Al) e le risultanze riportate del verbale di arresto,
sottoscritto dal Di Battista, Di Sano, Greco e Meraglia.
Infatti, nel corso dell’udienza di convalida dell’arresto, Spinelli Nicola, Spinelli Angelo e

che indossava una parrucca bionda e che aveva scambiato alcune parole scherzose con i
giovani. Appreso, però, che si trattava degli Spinelli il predetto aveva detto che ” agli Spinelli
bisognava sparare in bocca” e Spinelli Vincenzo, per tutta risposta, gli aveva dato una spinta,
facendolo cadere a terra. A quel punto erano sopraggiunte altre persone in difesa dell’uomo
con la parrucca che avevano violentemente percosso i tre fratelli e che, durante l’azione, non si
erano mai qualificati come poliziotti, tanto che gli Spinelli si erano sentiti sollevati all’arrivo dei
Carabinieri.
Di ben diverso tenore, invece, era la ricostruzione riportata nel verbale di arresto di
Spinelli Vincenzo, Spinelli Nicola e Spinelli Angelo, accusati dei reati rapina aggravata e lesioni
finalizzate alla rapina nonché Spinelli Angelo e il Bejzaku – datosi nel frattempo alla fuga – dei
reati di resistenza e lesioni finalizzate alla resistenza.
Nel verbale, infatti, si dà atto, che i quattro si avvicinavano al Di Battista e lo aggredivano
repentinamente con calci e pugni ed un bastone e che gli sottraevano una busta di cartone
rigido contenente dei coltelli da cucina e una borsa, contenente una telecamera digitale del
valore di ca. 1.200,00 euro. Gli agenti davano atto di essere prontamente intervenuti, per
evitare che i malviventi portassero a compimento il loro intento criminoso, qualificandosi come
agenti di Polizia; di averli inseguiti per ca. 100. mt. e dopo una lunga colluttazione, di essere
riusciti a fatica a bloccarli a meno del Bejzaku, che faceva perdere le proprie tracce.
4. Comuni sono i motivi di ricorso formulati nell’interesse dei ricorrenti qui sinteticamente
riportati, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen. nei limiti strettamente necessari ai fini
della motivazione:
4.1 Violazione di legge: art. 606 lett. b) ed e) cod. proc. pen., per travisamento della
prova costituita dal filmato in atti. I ricorrenti deducono l’erroneità di tutti i capi e punti della
sentenza della Corte di appello in relazione ai reati di abuso, calunnia, rissa e falso, sentenza
fondata sulle affermazioni del giudice dell’udienza preliminare e sull’esegesi del fumato
effettuata dal consulente, inficiata da errori caduti su dati oggettivi e non rilevati dai giudici di
Merito, contrariamente a quanto, viceversa, rilevato dal Tribunale del Riesame di Bologna che,
con ordinanza del 4.3.2009, aveva annullato l’ordinanza di applicazione di misura cautelare a
carico degli odierni ricorrenti, per i medesimi fatti.
In particolare, dalla visione del filmato, risulta che:

Q-07

Spinelli Vincenzo sostenevano di avere incontrato una persona, poi individuata nel Di Battista,

a Il Di Battista aveva con sé, al momento dell’aggressione da parte degli Spinelli, altri
oggetti tra i quali una tracolla tipo borsello;
b Di Battista veniva accerchiato dagli Spinelli e dal Bejzaku e non riusciva a riporre
nell’auto gli oggetti che aveva fra le mani;
c tentava di raggiungere l’ingresso del locale ma veniva seguito, accerchiato e colpito con
pugni che ne provocavano la caduta e la dispersione degli oggetti che aveva con sé;
d Bejzaku respingeva e allontanava uno dei poliziotti e allungava un braccio per prendere
qualcosa da uno degli aggressori allontanandosi dopo avere messo a posto il colletto del

e il bastone che aveva il Greco nella fase finale della scena notturna era lo stesso preso ai
contendenti e quello utilizzato da Spinelli Vincenzo per malmenare Di Battista;
f gli Spinelli venivano, di volta in volta, trattenuti per impedirne la fuga;
g. Di Battista appariva bracollante dopo l’aggressione e prelevava solo il sacchetto di carta
che appariva visibilmente dimagrito del suo contenuto rispetto a quello che aveva all’inizio;
g Greco veniva attinto da calci e pugni da uno degli Spinelli mentre lo rincorreva perché
voleva sottrarsi al fermo;
h Meraglia non usava durante l’aggressione un bastone ma altro oggetto che si piegava,
verosimilmente una tovaglia arrotolata;
4.2 Violazione di legge per omessa valutazione di altre prove a favore degli imputati;
Motivazione insufficiente e contraddittoria, ex art. 606, comma 1, lett. e), in rel. agli artt. 192
e 546 lett. e) cod. proc. pen.. Apodittica e presuntiva è la motivazione della sentenza
impugnata sul punto della pregressa conoscenza, da parte del Di Battista, degli Spinelli tenuto
conto che questi prestava servizio in una caserma ubicata in zona periferica rispetto alla
Questura, dove si occupava di un servizio che nulla a che fare con la prevenzione. La sentenza
è, altresì, contraddittoria perché o fra gli Spinelli e il Di Battista avvenne un reciproco
riconoscimento, e allora va da sé che gli Spinelli sapevano che il Di Battista era un poliziotto e
non era necessario che questi si qualificasse, oppure è verosimile che il Di Battista abbia loro
replicato che si trattava di una festa privata e plausibile che i colleghi fossero accorsi in sua
difesa qualificandosi;
4.3 Violazione di legge ex art. 606, comma 2, lett. b), cod. proc. pen. per erronea
interpretazione della legge penale in rel. agli artt. 192, comma 3, 210 e 526, comma 3, cod.
proc. pen., con riguardo al giudizio di attendibilità delle dichiarazioni rese da Spinelli Angelo,
Spinelli Nicola, Spinelli Vincenzo e Bejzaku Ibrahin poiché la sentenza impugnata omette di
valutare che i dichiaranti non furono messi in isolamento, dopo l’arresto, e, pertanto, poterono
Concertare le loro dichiarazioni e non compie alcun vaglio critico sulle loro dichiarazioni per
saggiarne la coerenza intrinseca alla luce della personalità dei dichiaranti – gravati di numerosi
precedenti penali – e del loro interesse a rendere dichiarazioni. In particolare i ricorrenti
evidenziano che Spinelli Angelo, Spinelli Nicola, Spinelli Vincenzo non resero dichiarazioni che
consentissero di identificare la persona indicata come “Silvio”; negarono che il Di Battista

giubbotto;

avesse qualcosa fra le mani; negarono che Spinelli Vincenzo, durante l’aggressione, avesse
utilizzato un bastone ( circostanza, questa, smentita dal filmato);neppure, nell’interrogatorio di
garanzia, riferirono del pestaggio subito intra moenia, descritto solo nel prosieguo delle
indagini.La sentenza di appello appare, inoltre, contraddittoria per la intervenuta assoluzione

del Di Battista e del Pasqualini ed ha malamente applicato l’art. 526 cod. proc. pen. poiché il
Bejzaku non si era mai presentato e non aveva mai confermato le sue dichiarazioni;
4.4 Inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in merito ai reati di rissa,
calunnia, falso e abuso di ufficio; al mancato riconoscimento della commissione del reato di

dell’esimente di cui all’art. 51 e 52 cod. pen.. La Corte di appello, non ha compiuto alcuna
indagine sulla sussistenza dell’elemento psicologico del reato di calunnia e falso nelle relazioni
di servizio, redatte a breve distanza di tempo dai fatti e in base a quanto percepito in una
situazione di obiettiva confusione e concitazione ed alla luce delle precarie condizioni nelle
quali gli agenti versavano. Né sono state valutate le dichiarazioni rese dal Pasqualini; le
conclusioni alle quali è pervenuto il Tribunale del Riesame; la sopravvenuta assoluzione dei
ricorrenti dai reati sub capi E) ed F) e l’assoluzione del Di Battista dal capo A2) e la disparità di
valutazione in danno dei ricorrenti essendo state considerate innocue bugie le dichiarazioni
degli Spinelli, sulle percosse che avrebbero subito in Questura da parte del Di Battista e,
viceversa, false le accuse del Di Battista sul punto della subita rapina e conseguenti
Comportamenti, necessari ad evitare il protrarsi del reato, all’esito del tentativo degli Spinelli di
sottrarsi all’arresto, che sapevano inevitabile, perché pregiudicati;
4.5 Violazione della legge penale e conseguente vizio di motivazione relativamente ai capi
e punti della sentenza che hanno qualificato la condotta degli imputati come rissa aggravata
dalle lesioni abuso di ufficio e tentativo di abuso. Rilevano i ricorrenti che l’aggressione ai danni
del Di Battista non venne perpetrata solo da Spinelli Vincenzo ma venne da questi posta in
essere con il concorso degli altri che avevano accerchiato il Di Battista rafforzando e
agevolando il proposito criminoso di Spinelli Vincenzo nella commissione del reato di lesioni. Le
condotte successive, tenute dal Di Battista e dagli altri agenti, costituiscono adempimento del
dovere di difendere il collega; evitare la protrazione di altri reati; disarmare i contendenti e
fronteggiarne la resistenza commessa anche con l’uso di un bastone e adeguata alla
personalità degli Spinelli. La resistenza di costoro e l’uso della violenza legittimavano, anche in
mancanza della rapina, l’arresto eseguito con modalità usuali. Evidente era, inoltre, l’intento
del Di Battista di difendersi, venendo meno, così, il dolo del reato di rissa. Con riguardo al
reato di cui al capo H) non vi è stata dispersione o sottrazione di prove ma mera duplicazione
del file, attività che, comunque, rientrava tra quella d’iniziativa della Polizia, a mente degli artt.
326 e 327 cod. proc. pen. e, comunque sperimentabile dalle parti lese, nell’esercizio delle
facoltà loro riconosciute dalla legge, e tenuto conto che i ricorrenti informarono i superiori e
consegnarono il filmato;

Y-)

resistenza a pubblico ufficiale degli antagonisti, Spinelli e Bejzaku; al mancato riconoscimento

4.6 Mancato riconoscimento delle attenuanti della provocazione e dell’attenuante di cui
all’art. 62 n. 5) cod. pen., in ragione dell’aggressione a freddo subita dal Di Battista;
4.7 Mancato riconoscimento della prevalenza delle pur concesse circostanze attenuanti
generiche, tenuto conto della elisione dell’aggravante di cui all’art. 112 n. 1 cod. pen,.
conseguente all’assoluzione del Pasqualini;
4.8 Illegittimità della condanna al risarcimento danni avendo i ricorrenti agito per esigenze
difensive e doveri di ufficio, circostanze che avrebbero dovuto determinare la compensazione,
in sede di risarcimento danni, della condanna;

4.11 Mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen.
in relazione ai reati sub Al), A) e H).
5. Con motivi nuovi depositati il 30.10.2015, accompagnati da produzione
giurisprudenziale, si deduce la violazione di legge per travisamento del fatto e manifesta
contraddittorietà e illogicità della motivazione per la intervenuta condanna, del solo Greco
Fulvio, in ordine al reato sub G), quanto alla data di redazione, della relazione di servizio
dell’8.10.2008.
Considerato in diritto

1.

Il ricorso è fondato con riguardo alla censura relativa alla determinazione della

pena poiché, dovendosi escludere la contestata aggravante di cui all’art. 112 n. 2 cod. pen. in
conseguenza della intervenuta assoluzione in appello del Pasqualini dal reato di cui al capo C) individuato quale reato più grave e posto a base del calcolo della pena- va rimesso ad altra
sezione della Corte di appello di Bologna il giudizio di comparazione tra le già riconosciute
circostanze attenuanti e la (residua) circostanza aggravante.
2.

Infondati, sono, invece gli ulteriori motivi di ricorso che vanno, pertanto, rigettati,

con la conseguente formazione del giudicato sul giudizio di colpevolezza dei ricorrenti in ordine
ai reati, come rispettivamente ascritti.
3.

E’, opportuno, con riguardo ai proposti motivi di ricorso relativi ai vizi di

travisamento del fatto e travisamento della prova, indicare la nozione di tali vizi individuando i
connessi poteri del giudice di legittimità. Val bene, infatti, ricordare che anche a seguito della
modifica apportata all’art. 606, lett. e), cod. proc. pen. dalla I. n. 46 del 2006, resta non
deducibile nel giudizio di legittimità il travisamento del fatto, stante la preclusione per la Corte
di cassazione di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella
compiuta nei precedenti gradi di merito ( Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Minervini, Rv.
253099) e che il vizio di travisamento della prova, desumibile dal testo del provvedimento
impugnato o da altri atti del processo purché specificamente indicati dal ricorrente, è
ravvisabile ed efficace solo se l’errore accertato sia idoneo a disarticolare l’intero ragionamento
probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa del dato
processuale /probatorio, fermi restando il limite del devolutum in caso di cosiddetta doppia
6

4.9 Eccessività della disposta provvisionale;

conforme e l’intangibilità della valutazione nel merito del risultato probatorio (Sez. 6, n. 5146
del 16/01/2014, Del Gaudio, Rv. 258774). Si è anche precisato, con specifico riguardo alla
nozione di travisamento della prova, che il travisamento si realizza nel caso in cui il giudice di
Merito abbia fondato il proprio convincimento su una prova che non esiste ovvero su un
risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale, considerato che, in tale caso, non
si tratta di reinterpretare gli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della
decisione ma di verificare se detti elementi sussistano o meno.
4.

Rileva il Collegio che, a meno che per aspetti marginali, cioè l’assoluzione del Di

Pasqualini, la sentenza di appello oggetto dell’odierno ricorso ha condiviso la ricostruzione dei
fatti compiuta dal giudice dell’udienza preliminare, pervenendo al giudizio di colpevolezza dei
ricorrenti attraverso una motivazione che richiama quella di primo grado e facendosi carico di
esaminare i rilievi difensivi con specifico riferimento all’analisi del filmato, che assume rilievo
centrale di prova nella valutazione dei fatti. La ricostruzione difensiva, riportata nei motivi di
cui al punto 4.1., si sofferma sulla interpretazione di alcuni dei fotogrammi (del tutto generico
infatti è il riferimento alla mancata estrapolazione di alcuni fotogrammi anche tenuto conto
della complessiva ricostruzione del filmato evincibile dalle pagg. 11 e ss. della sentenza di
primo grado, nella quale si dà atto dell’arrivo sul posto degli Spinelli e del loro accompagnatore
ancora prima della comparsa sulla scena del Di Battista in uscita dalla discoteca e della fase di
quiete registrata dopo la colluttazione) e richiama la valutazione compiutane dal Tribunale del
riesame. Il giudice della cautela, infatti, pur dando atto che la visione del filmato non
consentiva un riscontro chiaro ed inequivoco della dinamica dei fatti come descritti nelle
contrapposte versioni, rilevava che i dati emersi non consentivano di escludere un’azione
predatoria ad opera di Spinelli Angelo, Spinelli Nicola, Spinelli Vincenzo e Bejzaku Ibrahin in
danno del Di Battista, l’ accerchiamento e contatto fisico tra Di Battista e gli Spinelli e la
conseguente colluttazione con gli agenti accorsi in difesa del collega.
5.

Ritiene il Collegio, alla luce dei principi in precedenza enunciati sulla portata e

nozione del travisamento della prova, che le censure proposte al punto 4.1 siano
manifestamente infondate non potendo affatto sussumersi nel concetto di travisamento della
prova sebbene in quello – come detto inammissibile come motivo di ricorso- di travisamento
del fatto. Appare, infatti, evidente dalla enunciazione delle censure che le doglianze difensive
sono esplicitamente dirette ad una rivalutazione del quadro probatorio, inibita in sede di
legittimità, laddove la sentenza impugnata e quella di primo grado, in essa richiamata, hanno
analiticamente riportato le risultanze del filmato ed hanno fornito un’interpretazione delle
sequenze registrate, condividendo la descrizione compiuta nelle consulenze del Pubblico
Ministero, senza incorrere in alcuna manifesta illogicità e con conclusioni ampiamente e
congruamente motivate.
6.

A conferma di ciò basti evidenziare che la sentenza di primo grado, dopo avere

diffusamente riportato nella parte espositiva le risultanze della prima consulenza tecni

Battista dal reato di cui al capo A2) e l’assoluzione, per non avere commesso il fatto, del

eseguita dal Pubblico Ministero nel corso delle indagini preliminari ( cfr.pag. 18 e ss.), il giudice
si è soffermato sull’analisi dell’ulteriore esame tecnico, disposto a seguito ed in risposta ai
rilievi formulati dal Tribunale del riesame, nuovo esame che, in termini del tutto omologhi alla
prima consulenza, pur dando atto della che il livello di dettaglio dei fotogrammi non consentiva
di discriminare con precisione i particolari tanto da non poter confermare se il Di Battista
avesse con sé un borsello, consentiva, viceversa, di escludere (cfr. sul punto pag. 47) che gli
Spinelli ed il Bejzaku si fossero appropriati di una busta di cartone, l’unica busta di contenuto
voluminoso apparsa sulla scena ed in possesso del Di Battista prima dell’aggressione e che il

contrario, proprio la visione del filmato consentiva di verificare che la busta, al termine della
colluttazione, era stata recuperata dal Ciarletta, su indicazione del Di Battista, sicché’ essa
giammai era stata asportata men che mai dal fuggitivo; di ricondurre l’aggressione del Di
Battista, dopo uno scambio verbale, ad una reazione ad opera di Spinelli Vincenzo al quale
dava man forte Spinelli Nicola colpendo Di Battista a calci; di verificare che i colleghi del Di
Battista ( segnatamente Meraglia e De Sano), intervenuti in difesa del Di Battista, si
scagliavano contro gli Spinelli non tanto per immobilizzarli quanto per colpirli dopo averli resi
inermi. Nella sentenza si dà atto, inoltre, che uno dei colleghi dei ricorrenti aveva ritrattato la
dichiarazione di avere notato la telecamera, asseritamente sottratta, tra le mani del Di Battista
immediatamente prima dell’aggressione; che erano state smentite dal teste di riferimento le
dichiarazioni de relato rese, sulla medesima circostanza, dai gestori della discoteca e che
risultavano, viceversa,attendibili le concordi dichiarazioni rese da Spinelli Vincenzo, Spinelli
Nicola, Spinelli Angelo e Bejzaku Ibrahin sulle modalità dei fatti e sulla ragione che aveva
determinato l’aggressione del Di Battista da parte di Spinelli Vincenzo (immediatamente
coadiuvato da Nicola) cioè nella pronuncia, da parte del Di Battista, di una frase avvertita dallo
Spinelli come minatoria e ingiuriosa.
7.

Anche la Corte di appello, analizzando il contenuto dei rilievi difensivi e

soffermandosi sul momento genetico della ricostruzione compiuta dalla difesa degli agenti di
Polizia, ha evidenziato ( cfr. pag. 11 della sentenza impugnata) come sia da ritenere
oggettivamente falsa l’accusa rivolta agli Spinelli di avere asportato la busta contenente i
coltelli e la telecamera escludendo, per un verso, che il gesto attribuito al Bejzaku ( di portarsi
le mani al colletto) fosse interpretabile come gesto di occultare la telecamera, tenuto conto che
esso precedeva addirittura l’aggressione del Di Battista ad opera di Spinelli Vincenzo; che il
B’ejzaku, nelle riprese video relative all’allontanamento, non reca con sé alcun oggetto che,
viste anche le dimensioni di una videocamera, non sarebbe passato inosservato evidenziando
come, invece, la busta di cartone (asseritamente contenente coltelli ed effettivamente
recuperata da uno degli agenti) veniva rinvenuta sul posto, elementi di valutazione questi che,
la Corte di merito ha apprezzato onde giungere alla conclusione che del tutto priva di
fondamento si rivelava l’accusa rivolta agli Spinelli di avere rapinato il Di Battista; che,
altrettanto falsa era l’attribuzione del reato di resistenza sia nei confronti di Spinelli Angelo
8

Bejzaku, durante la corsa, detenesse alcun oggetto voluminoso sotto il braccio o tra le mani. Al

(isolatosi nel corso dell’aggressione, per come evincibile con chiarezza dal filmato e parimenti
tratto in arresto per tale reato) sia a carico del Bejzaku, datosi alla fuga in concomitanza con
l’aggressione del Di Battista da parte di Spinelli Vincenzo, ma che non si era reso autore di
alcuna violenza in danno del Pasqualini, come da questi confermato.
8.

Ritiene il Collegio, alla luce di tali precisazioni, che sia da escludere che i giudici di

merito siano incorsi in un macroscopico travisamento delle risultanze processuali con riguardo
al primo segmento dei fatti, ovvero la fase dell’innesco della registrata contrapposizione tra

L’attenzione dei giudici di merito, infatti, si è concentrata proprio nel verificare se fosse
verosimile che il Di Battista detenesse tra le mani la videocamera ovvero un borsello, o altro
accessorio a tracolla e che il Di Battista avesse subito un accerchiamento, finalizzato ad
un’azione predatoria e, in sequenza, nella sentenza impugnata sono stati ricostruiti ed
analizzati criticamente i contatti tra gli Spinelli, segnatamente Vincenzo e Nicola, il Di Battista e
gli agenti di Polizia accorsi in sua difesa (Di Sano e Meraglia) e puntualmente esaminati i
movimenti del Bejzaku, al fine di verificare se risultassero acquisiti elementi idonei a
corroborare la ricostruzione compiuta nel verbale di arresto e nella relazione di servizio e che
òotesse essersi allontanato portando con sé la busta con i coltelli e la videocamera,
escludendo, alla luce dei risultati del filmato e degli ulteriori elementi dichiarativi che ne
corroborano le conclusioni, la praticabilità e il fondamento di siffatta ricostruzione.
9.

Deve, in particolare, escludersi che nel caso in esame si veda in ipotesi di

travisamento della prova, per una evidente e tangibile difformità tra il tenore e il contenuto del
filmato acquisito e le conseguenze che i giudice di merito ne hanno tratto incorrendo in un
errore tale da disarticolare l’intero ragionamento probatorio posto a fondamento della
condanna alla luce delle valutazioni espresse nelle sentenze di merito che hanno esaminato
l’intero contenuto del filmato, piuttosto che singoli fotogrammi dello stesso secondo un metodo
di interpretazione omologo a quello che viene utilizzato per la interpretazione delle fonti
dichiarative in relazione alle quali l’operazione di ricostruzione del giudice non può limitarsi alla
interpretazione di una parola ( qui di un isolato fotogramma avulso dal contesto) dovendo,
invece, l’analisi del giudice condursi a stregua del significato e sviluppo complessivo del
contenuto dichiarativo (qui di una scena che ha avuto un apprezzabile sviluppo cronologico),
della

consequenzialità

delle

espressioni

verbali

(qui

delle sequenze dell’azione

complessivamente ripresa) e di congruità dello sviluppo discorsivo ( qui della ricostruzione
finale). Proprio in tema di prova dichiarativa si è affermato che il vizio di travisamento della
prova, per essere deducibile in sede di legittimità, deve avere un oggetto definito e non
opinabile, tale da evidenziare la palese e non controvertibile difformità tra il senso intrinseco
della singola dichiarazione assunta e quello che il giudice ne abbia inopinatamente tratto ed è
pertanto da escludere che integri il suddetto vizio un presunto errore nella valutazione del
significato probatorio della dichiarazione medesima (Sez. 5, n. 9338 del 12/12/2012 ( dep.
2013) Maggio, Rv. 255087).

Spinelli Vincenzo e Spinelli Nicola e il Di Battista e durante la colluttazione seguitane.

10.

Sono parimenti infondati anche gli ulteriori motivi di ricorso devoluti al giudice di

légittimità con la illustrazione di motivi che, sebbene inquadrati nello schema di quelli di cui
all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., si risolvono, a ben vedere, in censure di merito
in quanto propongono una alternativa lettura delle fonti di prova, non consentita in sede di
legittimità, ciò, in particolare, con riguardo alle censure di cui ai punti 4.3, 4.4, 4.5, 4.6, 4.8 e
5, innanzi sintetizzati. Le censure difensive sono, infatti, tutte e ciascuna riconducibili alla
ricostruzione compiuta dai ricorrenti nel verbale di arresto e nella relazione di servizio,
ricostruzione disattesa nelle sentenze di merito con un ragionamento che non si rivela

analisi delle risultanze del filmato. La giurisprudenza di legittimità ha affermato più volte che il
controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale
della decisione di cui si saggia la oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo,
restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e
l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le
varie, Sez.3, n. 23528 del 6.6.06, Bonifazi, Rv. 234155). Si è altresì affermato che nell’ipotesi
di ricorso per mancanza o manifesta illogicità della motivazione, il sindacato in sede di
legittimità è limitato alla sola verifica della sussistenza dell’esposizione dei fatti probatori e dei
criteri adottati al fine di apprezzarne la rilevanza giuridica nonché della congruità logica del
ragionamento sviluppato nel testo del provvedimento impugnato rispetto alle decisioni
conclusive. Ne consegue che resta esclusa la possibilità di sindacare le scelte compiute dal
giudice in ordine alla rilevanza ed attendibilità delle fonti di prova, a meno che le stesse non
siano il frutto di affermazioni apodittiche o illogiche (cfr. Sez.3, n. 40542 del 12.10.2007, Rv.
238016). Giova evidenziare, sul punto, che nei motivi di ricorso il difensore dei ricorrenti
inquadra i vizi dedotti fra quelli di violazione di legge proponendo, in più passaggi, censure già
devolute al giudice dell’appello, come agevolmente rilevabile al confronto con i motivi di
appello sintetizzati nella sentenza impugnata, ma che, in buona sostanza, si risolvono nel
denunciare il vizio di motivazione trattandosi, come si è detto, di censure incentrate sulla
ricostruzione del momento genetico dello scontro registrato tra il Di Battista e gli agenti accorsi
in sua difesa e Spinelli Vincenzo e Spinelli Nicola, in forza della ricostruzione operata nel
verbale di arresto e negli atti di polizia oggetto di contestazione, ed è solo alla luce
dell’accoglimento di tali censusre che la ricostruzione in fatto ridonderebbe sulla qualificazione
giuridica delle condotte di rissa e abuso di ufficio, sulla sussistenza degli elementi materiale e
psicologico dei reati di calunnia e falso, quindi sul mancato riconoscimento dell’esimente di cui
agli artt. 51 e 52 cod. pen., dell’attenuante della provocazione e di quella di cui all’art. 62 n. 5
cod. pen..,
11.

In questo quadro di principi, e passando ora alla valutazione degli specifici motivi,

rileva il Collegio che, in particolare sono infondate le censure difensive sul giudizio di
attendibilità delle dichiarazioni rese da Spinelli Angelo, Spinelli Nicola, Spinelli Vincenzo e
Bejzaku Ibrahin, prospettate sotto il profilo del vizio di violazione di legge e della
10

manifestamente illogico ovvero incongruo e fondato precipuamente sulla ragionata disamina e

Contraddittorietà del risultato di prova al quale la Corte di merito è pervenuta avuto riguardo
alla intervenuta assoluzione del Di Battista dal reato ascrittogli al capo A2) e del Pasqualini da
tutti i reati ascrittigli.
12.

Non sussiste, in primo luogo, il denunciato vizio di violazione di legge. La

giurisprudenza di legittimità ha ormai chiarito che la specificità dell’art. 606, comma 1, lett. e)
cod. proc. pen., esclude che tale norma possa essere dilatata per effetto delle regole
processuali concernenti la motivazione, attraverso l’utilizzazione del vizio di violazione di legge
di cui al cit. articolo, lett. c) e ciò, sia perché la deducibilità per Cassazione è ammessa solo per

decadenza, sia perché la puntuale indicazione di cui al punto e) ricollega ai limiti in questo
indicati ogni vizio motivazionale. Ne discende che il concetto di mancanza di motivazione non
può essere utilizzato sino a ricomprendere ogni omissione od errore che concernano l’analisi di
determinati, specifici elementi probatori” (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 44901 del 17/10/2012, F.
Rv. 253567).
Rileva, inoltre, il Collegio, che la Corte di merito è pervenuta al giudizio di attendibilità
delle dichiarazioni rese da Spinelli Angelo, Spinelli Nicola, Spinelli Vincenzo e Bejzaku Ibrahin (

come specificato a pag. 17 della relativa sentenza), sulla scorta di una valutazione frazionata
delle dichiarazioni accusatorie e di un ponderato giudizio di attendibilità dei dichiaranti
formulato sulla base dei dati oggettivamente riscontrati dalla visione del filmato e nella sola
parte relativa alle concordi dichiarazioni rese dai predetti nella fase dell’immediatezza
dell’arresto. Tale conclusione si sottrae a censure di legittimità perché in linea con i principi
dettati dalla giurisprudenza in tema di valutazione della prova dichiarativa, avendo i giudici di
merito valorizzato dati di sicura valenza ed affidabilità sul piano probatorio ed esaminato
criticamente le dichiarazioni di Spinel!’ Vincenzo, Spinelli Nicola, Spinelli Angelo e Bejzaku
Ibrahin con particolare rigore in ragione della personalità dei dichiaranti – tutti pregiudicati- di
quella degli antagonisti – cioè agenti di Polizia- e del contrapposto interesse a sostenere le
rispettive tesi. Ritiene, tuttavia, il Collegio, accertata la falsità dell’accusa di rapina che nella
prospettazione degli agenti di Polizia costituisce l’antecedente logico della colluttazione ripresa
nel filmato, che non sia manifestamente illogica la conclusione alla quale sono pervenuti i
giudici di merito secondo la quale l’ aggressione di Spinelli Vincenzo in danno del Di Battista
era, invece, da ricondurre ad una frase del Di Battista, percepita come offensiva e minacciosa,
non solo perché circostanza riferita fin dall’inizio dagli arrestati ma anche perché, escluso il
movente predatorio dello Spinelli – come detto rivelatosi del tutto infondato- tale circostanza
costituisce l’unico ragionevole motivo della condotta violenta dello Spinelli, altrimenti del tutto
gratuita e tenuto conto che dal filmato ( cfr. pag. 52 della sentenza di primo grado) risulta un
breve scambio verbale fra i predetti. Sul punto, infine, il Collegio condivide il rilievo del
Sostituto procuratore generale, all’odierna udienza, secondo il quale è stato eccessivamente
enfatizzato, nell’impugnata sentenza e di riflesso nei motivi di impugnazione, il ruolo della
pregressa conoscenza degli Spinelli da parte del Di Battista, ovvero il reciproco riconoscimento

la violazione di norme processuali stabilita a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o

poiché ciò che assume rilievo, non essendo certo riconducibile allo svolgimento della pubblica
funzione del Di Battista la pronuncia di espressioni minatorie nei confronti degli Spinelli, è la
natura del tutto privata del comportamento dell’agente di polizia, comportamento che esclude
in radice la sussumibilità della successiva condotta del Di Battista e degli agenti di polizia nelle
prospettate cause di giustificazione ovvero la ravvisabilità della (pur prospettata) circostanza
attenuante della provocazione ovvero di quella di quella di cui al n. 5 dell’art. 62 cod. pen.. Le
conclusioni alle quali è pervenuta la Corte si sottraggono anche alla censura di
contraddittorietà della sentenza, perché, viceversa, proprio facendo applicazione dei criteri

capo A2), posto che le dichiarazioni accusatorie degli Spinelli non avevano trovato specifico
riscontro con riguardo all’aggressione subita in caserma, e all’assoluzione del Pasqualini, per
vero determinata (si veda la sentenza impugnata alle pagg. 12 e 13 ) dalla mancata
partecipazione di questi sia alla rissa, essendosi il Pasqualini limitato a tentare di dividere, nella
primissima fase, Di Battista e Spinelli Vincenzo dandosi, poi, all’inseguimento del Bejzaku, sia
dalla mancata partecipazione del Pasqualini alla redazione degli atti di Polizia conseguenti ai
fatti. Del tutto generico risulta, poi, il riferimento nel ricorso alla mancata presentazione del
Bejzaku al fine di confermare le sue dichiarazioni tenuto conto che il procedimento a carico dei
ricorrenti si è concluso con il rito abbreviato.
13.

Con riguardo alle deduzioni difensive che attaccano la motivazione di condanna per

i reati di abuso di ufficio, rissa, calunnia, falso, tentativo di abuso di ufficio rileva il Collegio che
neppure sono fondate le censure relative alla mancanza di motivazione dell’elemento
psicologico dei reati, come ritenuti ed alla erronea qualificazione giuridica dei fatti.
14.

Con riguardo all’elemento psicologico dei reati di calunnia e falso in relazione al

verbale di arresto nella sentenza di primo grado ( cfr. pag. 57), con deduzioni tutt’altro che
illogiche, viene evidenziata la consapevolezza della natura mendace dell’atto per la me4gcità
dell’incolpazione, per rapina e resistenza, come innanzi precisato sia in capo a chi ebbe a
redigere il verbale di arresto ( cioè Greco, Meraglia -De Sano) sia del Di Battista ( che ne fu
,
l’istigatore), questi essendo consapevole che AIstiliNie era stato sottratto, gli altri parimenti
consapevoli delle modalità di svolgimento dei fatti ai quali avevano dato man forte. Nella
s’entenza impugnata (cfr. pag. 12) viene precisato, con riguardo all’elemento materiale e al
necessario coefficiente psicologico, che il Di Battista, era ben consapevole dei motivi della
colluttazione intercorsa con gli Spinelli e che il Bejzaku si era limitato a fuggire e, viceversa,
architettava la falsa versione della rapina così rendendosi responsabile, quale istigatore, dei
reati di calunnia e falso in concorso con il Meraglia e Di Sano che, partecipi della colluttazione,
ben sapevano che Spinelli Angelo e Bejzaku, il primo appartatosi sul luogo e l’altro datosi alla
fuga, non avevano opposto alcuna resistenza mentre Spinelli Vincenzo e Spinelli Nicola erano
stati prontamente resi inoffensivi e, cionondimeno, percossi. Analogamente per il Greco (a pag.
15 della sentenza impugnata) si evidenzia che questi, sebbene estraneo alla colluttazione, era
rimasto in contatto con i colleghi ed era a conoscenza sia della dinamica della colluttazione che
12

997

indicati, la Corte di appello è pervenuta all’assoluzione del Di Battista dal reato ascrittogli al

della circostanza che z ~irt era stato asportato e, cionondimeno, redigeva atti
ideologicamente falsi e calunniosi partecipando all’arresto di Spinelli Vincenzo, Spinelli Nicola e
Spinelli Angelo, come da contestazioni ascrittegli ai capi A), B) e C). Quanto al reato di cui al
capo G) rileva il Collegio che già nella sentenza di primo grado ( cfr. pag. 58) si è escluso il
profilo di falsità dell’atto relativamente alla data di redazione e, cionondimeno, avuto riguardo
al contenuto dell’annotazione nella quale era attestato che determinati fatti erano caduti sotto
la sua diretta percezione, correttamente è stata ritenuta la sussistenza del reato ascritto al
Greco al capo G), tenuto conto dell’autonomia funzionale di detto atto rispetto al verbale di

15.

Con riguardo, poi, alla al reato di rissa, nella sentenza impugnata ( cfr. pag. 9)

con conclusioni ragionevoli perché fondate sulla complessiva ricostruzione della colluttazione
come evincibile dalle videoriprese e riferite alla condotta di ciascuno dei ricorrenti, la Corte di
merito ha evidenziato gli elementi che denotano l’eccessività dell’uso della forza, in violazione
dei limiti dettati dalla necessità di difendere il Di Battista e di contenere solo i soggetti che
ponevano in essere atti di violenza laddove ( cfr. pag. 10 della sentenza) l’agente Di Sano
veniva notato trattenere Spinelli Vincenzo, mentre questi era a terra, e il Meraglia colpirlo con
un bastone; Di Battista colpire Spinelli Nicola, oramai a terra, e Meraglia dirigersi verso
Spinelli Angelo, rimasto estraneo ( ed isolato) durante l’aggressione. Tali modalità dei fatti,
esorbitanti dal concetto di contenimento, non possono ricondursi, per i profili di gratuità
dell’aggressione in danno di soggetti oramai inermi, ad un atto di ufficio sebbene ad una
volontà punitiva e ritorsiva, a nulla rilevando che venissero impiegate per il pestaggio gli stessi
strumenti inizialmente utilizzati dagli Spinelli, violenza non legittimata dalle concrete
circostanze di fatto e, pertanto, trasmodante nei reati di rissa ed abuso di ufficio. Infatti, anche
l’arresto seguitone, astrattamente eseguibile poiché Spinelli Vincenzo e Spinelli Nicola si erano
resi responsabili del reato di lesioni in danno del Di Battista, veniva effettuato dagli agenti
coinvolti nella rissa, violando il dovere di imparzialità ed a scopo ritorsivo, finalità conclamata
dall’arresto di Spinelli Angelo, rimasto del tutto estraneo alla precedente fase della rissa, per
come inequivocabilmente emerge, secondo la prospettazione delle sentenze di merito, dal
filmato in atti.
16.

Sono, infine infondate le deduzioni in ordine alla sussistenza del reato sub

H)

poiché, come evidenziato correttamente nella sentenza impugnata ( cfr. pag. 15) risulta
indifferente che il filmato non sia andato distrutto, bensì consegnato due giorni dopo che il
titolare dell’esercizio commerciale ove era installata la telecamera, era stato escusso dal
Pubblico Ministero, rilevando, invece, ai fini della sussistenza del reato e della illegittimità
dell’atto le modalità, del tutto irrituali, dell’acquisizione poiché non ne veniva redatto verbale,
sebbene vi fosse stata richiesta in tal senso del titolare della tabaccheria al quale gli imputati
accampavano scuse pretestuose; né l’atto veniva menzionato nell’annotazione di Polizia
Giudiziaria redatta né dell’acquisizione venivano informati superiori e Pubblico Ministero, a
disposizione del quale erano stati messi gli arrestati con conseguente inoltro degli atti redatti
1

arresto.

per l’occasione. Men che mai, poi, è fondata la tesi difensiva – che gli agenti avessero agito in
qualità di parti lese e nell’esercizio di facoltà loro spettanti – poiché, invece, gli imputati si
erano presentati come agenti di polizia e incaricati delle indagini ai titolari dell’esercizio
commerciale per il prelievo del filmato dal sistema di sicurezza, condotte, queste che, secondo
l’ineccepibile ragionamento sviluppato nella sentenza richiamata, devono essere lette, ai fini
della ritenuta sussistenza dell’elemento psicologico del reato, in parallelo con le pregresse
circostanze e con il patrimonio conoscitivo degli imputati che presenti alla colluttazione e
consapevoli di quanto comunicato dal Di Battista al Ciarletta ( per il prelievo della busta da

accuse mosse agli Spinelli e quindi, interessati, attraverso l’irrituale acquisizione del filmato
alla quale partecipavano tutti gli odierni ricorrenti, ad impedire l’esatta ricostruzione della
vicenda.
17.

Come si è detto in premessa, la sentenza impugnata va annullata con rinvio per

nuova determinazione della pena. Deve, infatti, escludersi, in conseguenza della intervenuta
assoluzione del Pasqualini con formula per non avere commesso il fatto, l’aggravante di cui
all’art. 112 n. 1 cod. pen. (in relazione al numero di cinque o più partecipi al reato),
circostanza aggravante che, in una a quella di cui all’art. 61 n. 2 cod. pen. correda la
contestazione di cui al capo C), assunto a base del calcolo della pena. Dalla sentenza di primo
grado ( cfr. pag. 61) si rileva che il giudice, nel concedere le circostanze attenuanti generiche,
dà atto che queste vanno riconosciute con mero giudizio di equivalenza alle contestate
aggravanti, al fine di contemperare la positiva inferenza tratta dallo stato di incensuratezza con
la pur obiettiva gravità dei fatti commessi. Nel giudizio di appello, pur essendo stato assolto il
Pasqualini dal reato ascrittogli al capo C), la Corte ha confermato, con riferimento ai fatti in
contestazione, il trattamento sanzionatorio inflitto agli imputati, elidendo dal computo della
pena inflitta al Di Battista ( in ragione della intervenuta assoluzione dal reato di cui al capo A2)
una quota del disposto aumento in sede di continuazione, senza tuttavia escludere la
contestata aggravante e con motivazioni che, pertanto, si riferiscono al giudizio globale sul
fatto reato, così come contestato. Orbene, premesso, che le statuizioni relative al giudizio di
comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del
giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio
o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione ( S.U., n. 10713 del
25/02/2010, Contaldo, Rv. 245931) deve, nondimeno, ritenersi che viola il canone di legalità
della pena il giudizio di comparazione che muova dalla constatazione di una circostanza
aggravante, ormai non più sussistente.
18.

Sono infondate anche le censure relativa alla determinazione dell’ammontare del

danno, in favore della costituita parte civile Ministero dell’Interno e della disposta provvisionale
in favore di Spinelli Vincenzo, Spinelli Nicola e Spinelli Angelo. Quanto alla prima rileva il
Collegio che la valutazione equitativa dei danni non patrimoniali è rimessa al prudente
apprezzamento del giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità, qualora abbia
14

9

terra, al termine della concitata aggressione) erano ben consapevoli della inconsistenza delle

soddisfatto l’esigenza di ragionevole correlazione tra gravità effettiva del danno e ammontare
dell’indennizzo, motivata attraverso i concreti elementi che possono concorrere al processo di
formazione del libero convincimento del giudice (Sez.5, n.38948 del 27/10/2006, Avenati, Rv.
235024), correlazione qui motivata con riferimento al danno all’immagine ed alla valutazione
economica del discredito provocato alla Pubblica Amministrazione per effetto della condotta
antigiuridica dei ricorrenti. Con riferimento alla seconda deve, invece, rilevarsi che la censura
difensiva omette di considerare la regula iuris al riguardo enunciata dalla giurisprudenza di
legittimità (tra le altre, Sez. 4, n. 34791 del 23/06/2010, Mazzamurro Rv. 248348; Sez. 5, n.

di una provvisionale in sede penale ha carattere meramente delibativo e non acquista efficacia
di giudicato in sede civile, mentre la determinazione dell’ammontare della stessa è rimessa alla
discrezionalità del giudice del merito che non è tenuto a dare una motivazione specifica sul
punto. Ne consegue che il relativo provvedimento non è impugnabile per cassazione in quanto,
per sua natura, insuscettibile di passare in giudicato.
19.

Con riferimento alla richiesta di applicazione della causa di non punibilità di cui

all’art. 131 bis cod. pen. con riferimento ai reati di cui ai capi Al), A) ed H), ritiene il Collegio
che la natura sostanziale dell’istituto lo rende applicabile ai procedimenti in corso alla data di
entrata in vigore del D.Lgs. 16 marzo 2015, n. 28, compresi quelli pendenti in sede di
legittimità, nei quali la Corte può rilevare di ufficio, ex art. 609, comma secondo, cod. proc.
pen., la sussistenza delle condizioni di applicabilità del beneficio, dovendo peraltro limitarsi,
attesa la natura del giudizio di legittimità, ad un vaglio di astratta non incompatibilità della
fattispecie concreta (come risultante dalla sentenza impugnata e dagli atti processuali) con i
requisiti ed i criteri indicati dal predetto art. 131-bis ( Sez. 2, n. 41742 del 30/09/2015,
Clemente, Rv. 264596). Nella fattispecie, peraltro, deve escludersi l’evidenza dei presupposti
per il riconoscimento della causa di non punibilità poiché la reiterazione delle condotte illecite
tenute dagli imputati, la pubblica funzione rivestita e l’incidenza degli atti compiuti su un bene
di così rilevante interesse come la libertà personale delle persone offese dai reati, portano ad
escludere che i reati commessi possano considerarsi episodici ovvero di modesto allarme.
20.

Tenuto conto dei criteri di cui al D.M. 55 del 10 marzo 2014 per la liquidazione dei

compensi professionali agli avvocati nei procedimenti penali dinanzi alla Corte di Cassazione e
del numero delle parti, i compensi per le fasi di studio e decisionale in favore delle parti civili
vengono liquidati, per la presente fase del giudizio, come da dispositivo.

P.Q.M.

Esclusa la circostanza aggravante di cui all’art. 112 n. 1 cod. pen., annulla la sentenza
impugnata limitatamente al giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti e
rinvia, su tale punto, ad altra sezione della Corte di Appello di Bologna. Rigetta nel resto i
ricorsi e condanna gli imputati, in solido, a rifondere alle parti civili le spese che liquida, quanto
15

5001 del 17/01/2007, Mearini, Rv. 236068), secondo la quale la pronuncia circa l’assegnazione

al Ministero dell’Interno, in euro tremila e quanto a Spinelli Nicola, Spinelli Vincenzo e Spinelli
Angelo in complessive euro quattromila, oltre CPA e spese generali, se dovuti, come per
legge.

Il Consigliere relatore

Il Presidente

Emilia Anna Giordano

Giovanni Conti

Cosi deciso in Roma il 17 novembre 2015

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