Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6250 del 23/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 6250 Anno 2014
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BOCCARDI ROBERTO N. IL 05/06/1991
avverso la sentenza n. 3788/2012 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
04/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 23/10/2013

Osserva
Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Boccardi Roberto avverso la sentenza emessa in
data 4.10.2012 dalla Corte di Appello di Napoli che confermava quella in data 14.3.2012 del
G.u.p. del Tribunale di Napoli, con la quale il predetto era stato condannato alla pena di anni
due e mesi dieci di reclusione ed C 20.000,00 di multa per il delitto di cui all’art. 73 dPR
309/1990 (detenzione di gr. 47,60 di marijuana idonei a confezionare 377 dosi medie singole).
Denunzia la violazione di legge ed il vizio motivazionale in relazione al mancato riconoscimento
dell’attenuante di cui al quinto comma dell’art. 73 dPR 309/1990.

E’ palese la sostanziale aspecificità della censura mossa che ha riproposto in questa sede
pedissequamente la medesima doglianza rappresentata dinanzi alla Corte territoriale e da quel
giudice disattesa con motivazione ampia e congrua, immune da vizi ed assolutamente
plausibile. Invero la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione della normativa di settore,
come costantemente interpretata dalla Corte di legittimità, secondo la quale in tema di
sostanze stupefacenti, ai fini della concedibilità o del diniego della circostanza attenuante del
fatto di lieve entità, il giudice è tenuto a complessivamente valutare tutti gli elementi indicati
dalla norma, sia quelli concernenti l’azione (mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia
quelli che attengono all’oggetto materiale del reato (quantità e qualità delle sostanze
stupefacenti oggetto della condotta criminosa): dovendo, conseguentemente, escludere la
concedibilità dell’attenuante quando anche uno solo di questi elementi porti ad escludere che la
lesione del bene giuridico protetto sia di “lieve entità” (di recente, Cass. Pen. Sez. IV, n. 43399
del 12.11.2010 Rv. 248947).
Ed è stato affermato che “è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che
ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame,
dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero,
dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la
mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a
fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice
censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591 comma 1
lett. c), all’inammissibilità” (Cass. pen. Sez. IV, 29.3.2000, n. 5191 Rv. 216473 e successive
conformi, quale: Sez. II, 15.5.2008 n. 19951, Rv. 240109).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene
equo liquidare in C 1.000,00, in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di
colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.

Il ricorso è inammissibile essendo le censure mosse aspecifiche e manifestamente infondate.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così d ciso in Roma, il 23.10.2013

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