Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6246 del 22/12/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6246 Anno 2016
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: FIDANZIA ANDREA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LOMBARDO LEONARDO N. IL 22/09/1951
MONTAGNA VINCENZA N. IL 16/02/1955
LOMBARDO GIOVANNI N. IL 12/12/1977
LOMBARDO SANTO N. IL 27/05/1974
avverso il decreto n. 18/2014 CORTE APPELLO di
CALTANISSETTA, del 24/02/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA FIDANZIA;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Data Udienza: 22/12/2015

Il Procuratore Generale della Corte dì Cassazione, dott.ssa Paola Filippi ha concluso chiedendo
la declaratoria di inammissibilità del ricorso. L’avv. Walter Tesauro ha chiesto accogliersi il
ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con decreto emesso in data 24 febbraio 2015 la Corte d’Appello di Caltanissetta, in parziale
accoglimento del decreto del Tribunale di Caltanissetta del 18 giugno 2014, disponeva la
restituzione a Lombardo Leonardo e Lombardo Giovanni dei beni rispettivamente acquistati nel
1997 e nel 2004 mantenendo la confisca di prevenzione per il villino sito in Petralia Sottana

Montagna Vincenza.
2. Hanno proposto ricorso per cassazione Lombardo Leonardo, Montagna Vincenza, Lombardo
Giovanni e Lombardo Santo, gli ultimi tre nella qualità di terzi interessati e intervenienti nel
procedimento di confisca, affidandolo a tre motivi.
2.1. Con il primo motivo è stata dedotta la violazione degli artt. 1 e ss. Dlgs n. 159/11.
Lamentano i ricorrenti che la Corte territoriale avrebbe disatteso i criteri di cui alla legge citata
che richiedono l’appartenenza del soggetto ad una delle categorie di cui all’art. 4, la
pericolosità sociale del soggetto nonché l’attualità della pericolosità.
Né il giudice di prime cure né la Corte di merito avrebbero espresso motivazione in riferimento
alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo, disattendendo le censure con mere formule
di stile per giustificare la pericolosità del proposto senza far alcun cenno ad elementi oggettivi
riscontrabili nel caso concreto.
Non sarebbero stati indicati gli elementi di fatto in base ai quali è stata ritenuta l’attiva
partecipazione di Lombardo Leonardo alla cosca mafiosa, e quindi la sua intrinseca pericolosità,
nonché la lamentata sproporzione tra il valore dei beni ed i redditi dichiarati.
Sul rilievo che è necessario che sussistano concreti e validi indizi della provenienza illecita dei
beni e che l’onere che grava sull’interessato sulla legittima provenienza dei beni non costituisce
un’inversione dell’onere della prova, ritengono i ricorrenti che è da escludere una valutazione
di pericolosità del patrimonio del soggetto appartenente ad associazioni mafiose sganciata dal
necessario accertamento della provenienza illecita dei singoli beni.
Nel caso di specie, non sarebbe stata provata la notevole e rilevante sproporzione tenuto conto
che la valutazione sui beni del proposto deve essere compiuta con una considerazione globale
dei movimenti del suo patrimonio nel periodo sospetto.
Non sarebbe stato peraltro considerato che la realizzazione dell’immobile è avvenuta in un arco
temporale più lungo rispetto al triennio previsto dalla concessione e che in quel periodo i
componenti della famiglia percepivano redditi da varie fonti (mutui, contribuiti AGEA, profitti da
coltivatore diretto, somme provenienti dall’attività di Montagna Vincenza).
Il giudice di secondo grado non ha dato puntuale contezza della provenienza illecita dei beni.
2.2. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 27 della Costituzione

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iscritto in catasto al foglio 126, part. 1020 intestato pro quota a Lombardo Leonardo e

Lamentano i ricorrenti che gli eventuali redditi dichiarati cui fa riferimento il perito e poi la
Corte d’Appello integrerebbero gli estremi della evasione fiscale in capo non a Lombardo
Leonardo bensì rispetto all’attività di panificazione della moglie. Ne consegue che è stata
mantenuta una misura di prevenzione per presunti illeciti che avrebbe commesso la moglie del
proposto, soggetto terzo rispetto a quello nei cui confronti è stata richiesta la misura di
prevenzione reale, e ciò in contrasto con l’art. 27 Cost secondo cui la responsabilità penale è
personale.
Peraltro, la stessa signora Montagna non ha subito alcun processo per presunta evasione

Europea per indebita percezione o illecito reimpiego dei contributi percepiti dall’AGEA (prima
AIMA)..
2.3. Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 125 c.p.p. e dell’art. 10 dlgs n.
159/11.
Lamentano i ricorrenti l’assoluta assenza di motivazione in merito ad alcuni beni sottoposti alla
misura della confisca e, segnatamente i beni identificati al foglio 2 part. 45-77-79-80-81-82, al
foglio 3 part. 30 ed al foglio 126 part. 197.
Tali beni non sono stati indicati dalla Corte territoriale né tra quelli rientranti del
provvedimento di revoca della misura né tra quelli per i quali la medesima veniva mantenuta,
con la conseguenza che la misura ablatìva permane sugli stessi senza che se ne conoscano le
ragioni.
Il decreto della Corte territoriale sarebbe peraltro viziato da illogicità e contraddittorietà della
motivazione con riferimento al villino, essendo stato ritenuta corretta la valutazione espressa
in primo grado secondo cui la costruzione del villino era stata ultimata in tre anni, anche se
dagli esiti dell’aerofotogrammetria era evincibile solo la presenza di una sagoma di immobile.
Di tale immobile non era dato comunque sapere il valore con conseguente impossibilità di una
valutazione comparativa al fine di verificare la ritenuta sproporzione.
Peraltro, i ricorrenti avevano inteso dimostrare che la ristrutturazione dell’immobile era
avvenuta mediante l’impiego della forza lavoro del proprio figlio ed era stata resa possibile con
l’accensione del mutuo e grazie alle somme incassate dalla vendita dell’immobile ai signori
Duca del valore di £ 30.000 nonché dai redditi ricavati dal panificio, come documentato
nell’atto di appello a pag. 11.
Lamentano, inoltre, i ricorrenti che il valore dell’immobile per C 110.000,00 stimato dal perito
sarebbe riferibile al periodo in cui è stata effettuata la perizia (2014) e non a quello in cui era
stata effettuata la ristrutturazione.
Infine, la Corte Territoriale avrebbe escluso dai redditi leciti i contributi AGEA ricevuti da
Lombardo pur non essendo stata provata l’indebita percezione di tali contributi.
CONSIDERATO IN DIRITTO

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fiscale, né il proposto ed i fratelli Lombardo sono stati indiziati per truffa a danno dell’Unione

1. I tre motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente in considerazione dello
stretto collegamento delle tematiche trattate e va accolto solo in parte il terzo motivo nei
termini di cui in dispositivo.
Va premesso che questa Corte ha avuto modo di evidenziare che il legislatore, con le novelle
legislative del 2008 e del 2009 , ha inteso affermare il principio della cosiddetta autonomia
della misura patrimoniale di prevenzione rispetto a quella personale, stabilendo che le misure
di prevenzione personali e patrimoniali possono essere richieste e applicate disgiuntamente (L.
n. 575 del 1965, art. 2 bis, comma 6 bis, introdotto dal D.L. 23 maggio 2008, n. 92,

misure di prevenzione personali e quelle patrimoniali formavano invece un binomio
tendenzialmente inscindibile, poiché di regola queste ultime potevano essere disposte solo
nell’ambito di un procedimento per l’applicazione di una misura di prevenzione personale
oppure in un momento successivo all’applicazione, ma comunque anteriore alla cessazione
della misura di prevenzione personale. Pertanto, la confisca presupponeva l’irrogazione
(contemporanea o anteriore) della misura di prevenzione personale.
La nuova disciplina, introdotta dal citato D.L. n. 92 del 2008, art. 10, ha spezzato
definitivamente il nesso di necessaria presupposizione tra i due tipi di misure, con la
conseguenza che il procedimento di prevenzione patrimoniale può essere avviato a prescindere
da qualsiasi proposta relativa alla adozione di misure personali. Ciò comporta, comunque, che
sia accertata in via incidentale l’inquadrabilità del proposto nelle categorie dei soggetti che
possono essere destinatari dell’azione di prevenzione, ancorché, come utilmente precisa la L.
15 luglio 2009, n. 94, art. 2, comma 22, la applicazione della misura patrimoniale prescinda da
ogni valutazione in ordine alla pericolosità “attuale” sociale del suo destinatario, ovvero, come
espressamente prevede la citata norma, al momento della richiesta (Sez. 6, n. 484/2012).
Peraltro, il principio di reciproca autonomia tra le misure personali e patrimoniali, se, da un
lato, consente di applicare la confisca anche in assenza di richieste di misure di prevenzione
personali e prescindendo dal requisito della pericolosità del proposto al momento dell’adozione
della misura, richiede, dall’altro, che detta pericolosità sia comunque accertata con riferimento
al momento dell’acquisto del bene, oggetto della richiesta ablatoria

(Sez. 6, n. 46068 del 25/09/2014 Rv. 261082).
Va, inoltre, osservato che nel procedimento di prevenzione, anche quando ha ad oggetto
esclusivamente la misura di natura patrimoniale della confisca – sul punto, la Corte
Costituzionale, con sentenza n. 106/2015, ha ritenuto non fondata la questione di legittimità
costituzionale del combinato disposto dell’art. 4, undicesimo comma, della L. 27 dicembre
1956 n. 1423 e dell’art. 3 ter, secondo comma della L. 31 maggio 1965 n. 575 (ora artt. 10,
comma 3, e 27 comma 2, del dlgs. 159 del 2011) nella parte in cui limita alla sola violazione di
legge la proponibilità del ricorso per cassazione avverso i provvedimenti di confisca di
prevenzione, avendo escluso l’asserita disparità di trattamento rispetto al procedimento
confisca di natura penale ex art. 12 sexies del d.l. n. 306 del 1992 – il ricorso per cassazione è
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convertito, con modificazioni, dalla L. 24 luglio 2008, n. 125). Nella previgente disciplina, le

ammesso soltanto per violazione di legge, secondo il disposto dell’art. 4 legge 27 dicembre
1956, n. 1423, richiamato dall’art. 3 ter, secondo comma, legge 31 maggio 1965, n. 575.
Ne consegue che, in tema di sindacato sulla motivazione, è esclusa dal novero dei vizi
deducibili in sede di legittimità l’ipotesi della contraddittorietà ed illogicità manifesta di cui
all’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., potendosi esclusivamente denunciare con il ricorso, poiché
qualificabile come violazione dell’obbligo di provvedere con decreto motivato imposto al giudice
d’appello dal nono comma del predetto art. 4 legge n.1423 del 56, il caso di motivazione
inesistente o meramente apparente (Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014 – dep. 29/07/2014,

A tal proposito, la motivazione deve ritenersi censurabile soltanto quando sia priva dei
requisiti minimi di coerenza, di completezza e di logicità, al punto da risultare meramente
apparente, o sia assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo logico seguito dal
giudice di merito ovvero, ancora, quando le linee argomentative del provvedimento siano
talmente scoordinate e carenti dei necessari passaggi logici da fare risultare oscure le ragioni
che hanno giustificato l’applicazione della misura (cfr.; Cass., sez. VI, 10/03/2008, n.
25795).
Fatta questa doverosa premessa, nel caso di specie, è da escludersi, con riferimento al villino,
che nel decreto impugnato sia rinvenibile nella motivazione una argomentazione priva dei
requisiti minimi di coerenza, di completezza e di logicità, al punto da risultare meramente
apparente, anche alla luce di quanto illustrato nel decreto di primo grado.
In primo luogo, la Corte territoriale ha evidenziato la pericolosità sociale del proposto
richiamando le dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia come Messina Leonardo,
Rinaldi Calogero, Giuffrè Antonino e Vara Ciro che hanno riferito che non sussistevano
elementi dai quali desumere l’intervenuto allontanamento del prevenuto dalla famiglia
mafiosa di Marianopoli né tantomeno una rescissione del vincolo associativo.
Peraltro, che il giudizio di pericolosità sociale potesse formularsi nei confronti del proposto
Lombardo Leonardo già al momento di acquisto del bene confiscato (1998-2000), emerge con
evidenza dal decreto del Tribunale di Caltanissetta del 18.6.2014, il quale, richiamandosi a
sua volta al decreto del 2007 con cui era stata applicata al proposto la misura di prevenzione
personale (finita di scontare il 12 gennaio 2012), aveva evidenziato che Lombardo Leonardo
era stato arrestato a seguito di ordinanza di custodia cautelare nel 2005 per il delitto di cui
all’art. 416 bis commesso in data anteriore e prossima al 1993, aveva riportato condanne
definitive per lo stesso reato per fatti commessi sino al 1993, era stato segnalato dalle forze
dell’ordine in numerose occasioni in quanto frequentatore abituale di pregiudicati.
In conclusione, il proposto era soggetto socialmente pericoloso sin dal 1993 in relazione alla
sua appartenenza alla famiglia di Marianopoli di Cosa Nostra, né tale pericolosità era cessata
nel periodo successivo, non essendo emerso alcun elemento che potesse indurre a ritenet
rescissione di tale vincolo.
In base a tali valutazioni, il decreto impugnato ha ritenuto sussistente la pericolosità sociale
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Repaci e altri, Rv. 260246).

del proposto al momento dell’acquisto del villino, presupposto ineludibile per l’applicazione
della misura di prevenzione reale oltre che “misura temporale” del suo ambito applicativo
(Sez. U, n. 4880 del 26/06/2014 – dep. 02/02/2015, Spinelli ed altro, Rv. 262605).
In ordine al requisito della sproporzione tra i redditi ufficiali del proposto e dei componenti
della sua famiglia rispetto al valore del villino, va osservato che la Corte di merito ha, in primo
luogo, motivato le ragioni in base alle quali ha ritenuto che il villino fosse stato realizzato ed
ultimato negli anni 1998-2000 (aderendo alla ricostruzione del giudice di primo grado secondo
cui, ove così non fosse, sarebbero state prodotte fatture di acquisto di materiale pertinente alla

Inoltre, il decreto impugnato ha confutato i rilievi svolti dai ricorrenti per contestare l’accertata
sproporzione, richiamando la ricostruzione effettuata dal perito del Tribunale (che aveva tenuto
conto di tutti i redditi legittimi e dichiarati confluiti nel nucleo familiare del prevenuto) e
ritenendo la genericità dei rilievi del ricorrente che non aveva saputo mettere in evidenza in
modo specifico alcun elemento di criticità della relazione peritale.
Il decreto impugnato ha inoltre fornito una motivazione non certo apparente per quanto
concerne la mancata considerazione dei contributi AGEA percepiti da Lombardo Leonardo e dal
figlio Lombardo Giovanni nonché in ordine alla mancato conteggio dei guadagni (invocati dai
ricorrenti) del panificio di Montagna Vincenza, evidenziando che il perito aveva tenuto conto
dei redditi “ufficiali” dichiarati dalla moglie del proposto nel periodo in questione, apparendo
peraltro incomprensibile il richiamo dei ricorrenti ai redditi percepiti “al di là delle presumibili
evasioni”.
Deve, pertanto, ritenersi infondato il ricorso proposto dai ricorrenti con riferimento al villino
sito in Petralia Sottana, iscritto al catasto al foglio 126, particella 1020 sub 1,
Analogo giudizio di infondatezza deve formularsi con riferimento al terreno adiacente al villino
in questione, iscritto al catasto terreni al foglio 126 particella 197, in relazione al quale deve
presumersi che la Corte territoriale abbia mantenuto la confisca in relazione alla natura
pertinenziale di tale bene rispetto allo stesso villino.
Il provvedimento ablativo deve inoltre mantenersi con riferimento ai beni di cui ai punti 4 e 6
di pag. 3 del decreto impugnato, in relazione ai quali, non avendo i ricorrenti svolto specifiche
censure nei motivi d’appello, la Corte territoriale, oltre a confermare il provvedimento
impugnato “nelle restanti statuizioni”, non era tenuta a rendere una specifica motivazione per
il mantenimento della confisca.
Il ricorso deve invece essere accolto con riferimento ai beni indicati al punto 3 di pag. 2 del
decreto impugnato, ovvero i terreni intestati a Lombardo Giovanni e Lombardo Santo siti in
Caltanissetta, foglio 2 particelle n. 77,79,8081,82.
In relazione a tali terreni, i ricorrenti avevano svolto specifiche censure a pag. 10 punto 2
nell’atto di appello. Non avendo la Corte territoriale risposto a tali doglianze dei ricorrenti, non
vi è dubbio che, limitatamente a tali beni, il decreto impugnato sia incorso in…una violazio d
legge, ovvero nel vizio di mancanza di motivazione prescritta dall’art. 125 c.p.p.
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ultimazione dei lavori di epoca successiva a tale triennio).

Il decreto impugnato deve quindi essere accolto limitatamente a tali beni con rinvio per nuovo
esame alla Corte d’Appello di Caltanissetta, con conseguente rigetto del ricorso per il resto.
P.Q.M.

La Corte annulla il decreto impugnato limitatamente al bene indicato al punto 3 di pag. 2 del
provvedimento, con rinvio per nuovo esame alla Corte d’Appello di Caltanissetta;
rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma, il 22 dicembre 2015
Il Presidente

Il consigliere est ns re

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