Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6246 del 07/12/2012


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Penale Ord. Sez. 5 Num. 6246 Anno 2013
Presidente: GRASSI ALDO
Relatore: FUMO MAURIZIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PORTOLESI DOMENICO N. IL 04/09/1979
avverso l’ordinanza n. 500063/2012 TRIB. LIBERTA’ di TORINO, del
28/05/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MAURIZIO FUMO;

Data Udienza: 07/12/2012

udito il PG in persona del sot.proc.gen. d.ssa. E. Cesqui, che ha chiesto rigettarsi il ricorso
udito il difensore avv. G Zanalda, il quale ha illustrato i motivi del ricorso e ne ha chiesto
l’accoglimento.

1. Con l’ordinanza di cui in epigrafe, i TdR di Torino, decidendo in sede di rinvio dopo
annullamento da parte della prima sezione di questa corte, ha rigettato la richiesta di riesame
proposta nell’interesse di Portolesi Domenico avverso il decreto di sequestro preventivo
emesso dal gip presso il tribunale di Torino ed avente ad oggetto tre immobili. Il Portolesi è
sottoposto a indagine con riferimento al delitto di cui all’articolo 416 bis cp in quanto accusato
di aver fatto parte dell’associazione mafiosa denominata ‘ndrangheta e, in particolare, di una
sua articolazione operante in territorio piemontese.
2. Il collegio cautelare ha ritenuto che sussistessero sufficienti elementi per ritenere il
fumus del reato in questione e che sussistesse rilevante sproporzione tra i redditi dichiarati e
accertati relativi all’indagato e il valore dei predetti immobili, anche con riferimento all’insieme
delle spese sostenute dal Portolesi nel quinquennio dal 2000 al 2005.
3. L’annullamento con rinvio da parte della prima sezione di questa corte era
intervenuto in quanto il giudice di legittimità aveva ritenuto che il TdR non potesse, come
viceversa aveva fatto, omettendo di esaminare la documentazione prodotta dalla difesa
dell’indagato, ” astenersi dall’accertare la presenza di seri indizi di esistenza delle medesime
condizioni che legittimano la confisca, sia per ciò che riguarda la sproporzione del valore dei
beni rispetto al reddito o alle attività economiche del soggetto, sia per ciò che attiene alla
mancata giustificazione della lecita provenienza dei beni stessi”.
4. Con il ricorso, il difensore deduce inosservanza o erronea applicazione della legge
penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge
penale, in relazione all’articolo 321 comma secondo e all’articolo 324 cpp, nonché all’articolo
12 sexies del decreto legge 306 del 1992.
4.1. Deduce anche mancanza, manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione.
Sostiene che il giudice di rinvio, pur avendo ridimensionato la pretesa sproporzione dagli
originali euro 258.712 ad euro 25.000, ha ritenuto ingiustificata la titolarità dei tre immobili.
Così operando, il TdR non si è conformato al principio di diritto enucleato dalla prima sezione
della corte di cessazione. Innanzitutto, perché nulla ha affermato circa la sussistenza del fumus
della partecipazione del ricorrente al preteso sodalizio criminoso; in secondo luogo, perché ha
aderito a un concetto erroneo di sproporzione, avendo valutato il patrimonio del Portolesi nel
suo complesso e non al momento dell’acquisto dei singoli beni, come prescritto dalla
giurisprudenza di legittimità. E’ dunque illogico e irragionevole sequestrare 9 ai fini di confisca lgli
immobili e i loro accessori, acquistati nel 2004 dal ricorrente, il quale si era accollato un mutuo
pari ad euro 82.633,10, rimborsabile in 30 rate semestrali, mutuo scadente nel 2017. Il
sequestro è stato eseguito e mantenuto sul solo presupposto di una asserita sproporzione tra
entrate e acquisti per euro 25.000, rapportati agli anni 2000-2005.
Peraltro il collegio cautelare ha anche travisato le risultanze istruttorie, in quanto l’indagato si
era accollato, come detto, l’importo del mutuo per complessivi euro 82.633,10 e, alla data del
suo arresto (8 giugno 2011), Portolesi aveva un debito residuo di soli euro 39.000. L’ordinanza
impugnata si limita a calcolare la differenza tra un ammontare iniziale del mutuo e le rate
rimborsate fino all’accollo e, sulla base di tale erroneo presupposto, conclude affermando
perentoriamente che la possibilità di pagare le rate non è compatibile col reddito del ricorrente.
Va ancora considerato che l’acquisto dell’escavatore -per un controvalore di euro 59.792- deve
essere posto in relazione all’attività professionale del ricorrente. Tale cespite, viceversa, è stato
calcolato quale bene personale, da rapportare ai redditi dichiarati dal ricorrente come persona
fisica, laddove il medesimo bene strumentale è da rapportare all’attività economica
dell’imputato e dunque, con riferimento a esso, vanno considerati i successivi ammortamenti.
Se dunque si sottrae la somma di euro 59.792 ai redditi dichiarati nel quinquennio dal
Portolesi, si evince che in realtà la suddetta sproporzione non sussiste.

RITENUTO IN FATTO

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso per cassazione avverso provvedimento del TdR in tema di misure cautelari
reali è ammissibile solo per violazione di legge, dunque, non per pretesi vizi dell’apparato
motivazionale, a meno che la motivazione, in quanto meramente apparente, non sia da
considerarsi del tutto mancante. Tale non è il caso in esame. Dunque: nella parte in cui il
ricorrente deduce il vizio di motivazione, il ricorso è certamente inammissibile.

3. Quanto al fumus commissi delicti, il TdR, pur dando atto dell’intervenuto
annullamento (con rinvio) dell’ordinanza relativa alla misura cautelare personale, aggiunge
che, medio tempore, è intervenuto il rinvio a giudizio del Portolesi per il delitto in relazione al
quale era sottoposto a indagine.
Ebbene: è noto che il novum processuale può essere valutato dal giudice della cautela, atteso
che nel giudizio di rinvio conseguente ad annullamento di decisione del TdR per vizio di
motivazione in ordine ai gravi indizi di colpevolezza, non costituisce violazione dell’obbligo di
uniformarsi al principio di diritto enunciato nella sentenza della Corte di cassazione la
rilevazione del sopravvenuto decreto dispositivo del giudizio e della sua eventuale incidenza sul
quadro indiziario (SS.UU. sent. n. 39915 del 2002, ric. Vottari, RV 222603).
Si vuoi significare: l’intervenuto rinvio a giudizio non vale certo a fondare presunzione di
gravità indiziaria (Corte cost. sent. n. 71/1996, SS. UU. già citate, RV 222602), ma ben può
essere preso in considerazione (come nel caso di specie) dal TdR. In merito, tuttavia, il
ricorrente non ha sviluppato alcuna censura, alcuna critica, alcuna considerazione, connotando,
in tal modo anche sotto il profilo della genericità, la sua impugnazione.
4. Quanto alla sproporzione tra i redditi ufficiali del Portolesi, le sue spese documentate
e le acquisizioni immobiliari, è da dire che, nel ricorso, sembra essere stata fatta confusione tra
il concetto di sproporzione e quello di differenza tra entrate e uscite. Invero, quando si
sostiene -nel ricorso, appunto- che la sproporzione sarebbe limitata a C 25.000, in realtà si
indica il saldo (negativo) tra gli introiti ufficiali del ricorrente e le spese documentate nel
quinquennio 2000-2005: E infatti: C 153.834,00 spese – 128.302,51 entrate = C 25.531,49,
saldo negativo; e già ciò appare inconciliabile con la possibilità per il Portolesi di acquistare, sia
pure contraendo o accollandosi un mutuo, i tre immobili in sequestro. Il fatto è, ovviamente,
che poi le rate del mutuo vanno pagate e in tali termini ha ragionato il TdR. Come un soggetto
possa spendere (per le rate del mutuo, per l’acquisto di auto -per un controvalore di C
109.385, cfr. ordinanza pag. 4-, per l’acquisto di macchinari da lavoro, per l’acquisto quote
societarie) più di quanto guadagni, o comunque di quanto, a qualsiasi titolo, percepisca, il
ricorrente non chiarisce.
4.1.Per altro, si deve notare che il calcolo effettuato dal collegio cautelare non tiene
conto delle spese correnti per la giornaliera sopravvivenza che il Portolesi ha pur dovuto
sopportare (cibo, vestiario e quanto altro).
4.2. Non ha pregio, poi, l’argomento in base al quale la sproporzione sarebbe stata
valutata comparando il complesso delle entrate con il complesso delle uscite. Invero, a parte il
fatto che è stato preso in considerazione un periodo di tempo limitato (dal 2000 al 2005), resta
il fatto che, per quanto il TdR ha dimostrato, in nessun momento del quinquennio il ricorrente
ha avuto la disponibilità economica per far fronte a tutte le spese cui risulta essere andato
incontro. E invero, posto che le rate del mutuo hanno scadenze fisse, che le cambiali (che lo
stesso ebbe a emettere) non sfuggono a tale “logica periodica”, che le esigenze del vivere
quotidiano si manifestano, appunto, ogni giorno, non si vede come, anche considerando
frazioni dell’arco temporale in contestazione, il Portolesi possa avere avuto lecitamente a
disposizione il denaro che gli occorreva per far fronte ai suoi impegni e, nel frattempo, per
sopravvivere.
5. Incomprensibile, infine, è l’argomento in base al quale il costo del carterpillar non
dovrebbe essere considerato tra le spese sostenute dal ricorrente, in quanto trattavasi di uno
strumento di lavoro. In realtà, in mancanza di contraria indicazione, il TdR ha correttamente

2. Inammissibili, per manifesta infondatezza, sono poi le residue censure, enunciate
come violazione di legge.

6. Il ricorso del Portolesi, conclusivamente, va dichiarato inammissibile e lo stesso va
condannato alle spese del grado e al versamento di somma a favore della Cassa ammende,
somma che si stima equo determinare in euro 1000.
PQM
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento e al versamento della somma di mille euro alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, camera di consiglio, il giorno 7 del mese di dicembre dell’anno
2012.

ritenuto che anche tale spesa fosse direttamente imputabile al Portolesi e non a un soggetto
terzo (es. una società, con sua autonomia patrimoniale), del quale, comunque, non è traccia e
del quale neanche nel ricorso si fa parola.
5.1. Secondo il ricorrente, invero, una volta “depurate” le spese del costo del predetto
macchinario, la comparazione tra entrate e uscite avrebbe evidenziato addirittura un saldo
attivo. In realtà, così non è, neanche se (per assurdo) si volesse accedere a tale tesi (quella
della irrilevanza del costo del carterpillar). Infatti a pag. 9 del ricorso si sostiene che,
escludendo l’esborso per tale mezzo meccanico (ma, si ripete, non si comprende come ciò sia
possibile), l’ammontare delle spese “scenderebbe” a C 94.042,51, con un saldo positivo di C
128.302, 00.
In realtà, tale ultima cifra (128.302,00) non rappresenta affatto un saldo, ma come leggesi a
pag. 4 del provvedimento impugnato, l’ammontare degli introiti complessivi nel quinquennio.
L’errore del ricorrente appare talmente macroscopico da lasciare sospettare una maliziosa
immutatio veri, certo non conciliabile con il rispetto del principio di lealtà, che deve (dovrebbe)
informare la dialettica processuale.

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