Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6232 del 23/10/2013
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6232 Anno 2014
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
SCARAFILE GIANFRANCO N. IL 08/03/1968
avverso la sentenza n. 2593/2007 CORTE APPELLO di GENOVA, del
07/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;
Data Udienza: 23/10/2013
Osserva
Ricorre per cassazione Scarafile Gianfranco avverso la sentenza emessa in data 7.11.2012
dalla Corte di Appello di Genova che confermava quella in data 25.1.2007 del Tribunale di
Genova, con la quale il predetto era stato condannato alla pena di mesi otto di reclusione ed C
3.000,00 di multa per il delitto di cui all’art. 73 commi 4 e 5 dPR 309/1990 (fatto del
6.5.2003).
Denunzia la violazione di legge essendo lo stupefacente rinvenuto destinato a proprio uso
personale, in quanto tossicodipendente da molti anni.
aspecifiche.
Invero, è palese la sostanziale aspecificità delle censure mosse che hanno riproposto in questa
sede pedissequamente le medesime doglianze rappresentate dinanzi alla Corte territoriale e da
quel giudice disattese con motivazione ampia e congrua, immune da vizi ed assolutamente
plausibile.
Ed è stato affermato che “è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che
ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame,
dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero,
dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la
mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a
fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice
censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591 comma 1
lett. c), all’inammissibilità” (Cass. pen. Sez. IV, 29.3.2000, n. 5191 Rv. 216473 e successive
conformi, quale: Sez. II, 15.5.2008 n. 19951, Rv. 240109).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene
equo liquidare in C 1.000,00, in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di
colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 23.10.2013
Il ricorso è inammissibile essendo la censura mossa aspecifica.