Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6229 del 23/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 6229 Anno 2014
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MARINELLI FELICETTA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
TREFFILETTI MASSIMO N. IL 14/08/1973
avverso la sentenza n. 907/2012 CORTE APPELLO di CATANIA, del
29/06/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FELICETTA
MARINELLI;

Data Udienza: 23/10/2013

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Motivi della decisione

Contro la sentenza indicata in epigrafe, che ha ritenuto
responsabile Treffiletti Massimo in ordine al reato di cui
all’articolo 73 d.PR.309/90, ha proposto ricorso per
cassazione l’imputato chiedendone l’annullamento per
difetto di motivazione in relazione alla mancata

all’art.73, comma quinto, d.PR. 309/90 e in relazione al
trattamento sanzionatorio che sarebbe palesemente difforme
dai criteri di cui all’articolo 133 c.p..
Il ricorso è inammissibile,

ex articolo 606, comma 30 ,

cod.proc.pen., perché proposto per motivi manifestamente
infondati.
Quanto al primo motivo, la sentenza impugnata ha infatti
spiegato con congrua e adeguata motivazione le ragioni per
cui non poteva essere accolta la richiesta di applicazione
dell’art.73, comma quinto d.PR.309/90 in considerazione
della quantità di sostanza stupefacente rinvenuta in
possesso del Treffiletti (grammi 614 di marijuana), delle
non modeste somme di danaro rinvenute una in un barattolo,
l’altra nella tasca di una giacca, elementi idonei a
ritenere l’imputato inserito nel mondo del narcotraffico.
Quanto alle doglianze attinenti il trattamento
sanzionatorio, si rileva che la decisione impugnata
risulta sorretta da conferente apparato argomentativo, che
soddisfa appieno l’obbligo motivazionale per quanto
concerne la dosimetria della pena. E appena il caso di
considerare che in tema di valutazione dei vari elementi
per la concessione delle attenuanti generiche, ovvero in
ordine al giudizio di comparazione e per quanto riguarda
la dosimetria della pena ed i limiti del sindacato di
legittimità su detti punti, la giurisprudenza di questa
Suprema Corte non solo ammette la c.d. motivazione
implicita (Cass., Sez.6, 22 settembre 2003 n.227142) o con

applicazione della circostanza attenuante di cui

formule sintetiche (tipo “si ritiene congrua” vedi Cass.,
sez.6, 4 agosto 1998, Rv.211583), ma afferma anche che le
statuizioni relative al giudizio di comparazione tra
circostanze aggravanti ed attenuanti, effettuato in
riferimento ai criteri di cui all’art.133 c.p., sono
censurabili in cassazione solo quando siano frutto di mero

2004 n.26908, Rv.229298). Si tratta di evenienza che
certamente non sussiste nel caso di specie, avendo la
Corte di appello di Catania espressamente chiarito le
ragioni in base alle quali ha ritenuto di confermare la
pena irrogata nel giudizio di primo grado, in
considerazione delle modalità della condotta illecita che
impedivano di formulare un giudizio di prevalenza tra le
concesse attenuanti generiche e la contestata recidiva.
Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento ed al pagamento, a favore della Cassa delle
ammende, della somma di euro 1.000 a titolo di sanzione
pecuniaria, trattandosi di causa di inammissibilità
riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del
ricorrente stesso (cfr. Corte Costituzionale sent. n.
186 del 7 – 13 giugno 2000 ).
P Q M

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente
al pagamento delle spese processuali e della somma di euro
1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma il 23.10. 2013

arbitrio o ragionamenti illogici (Cass., sez.3, 16 giugno

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