Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6227 del 12/12/2012


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6227 Anno 2013
Presidente: GRASSI ALDO
Relatore: LAPALORCIA GRAZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) ANGEROSA SANDRO N. IL 10/02/1964
avverso la sentenza n. 68/2010 TRIBUNALE di ROMA, del
30/11/2010
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/12/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GRAZIA LAPALORCIA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Vi,. Cr. O(P-P—so
che ha concluso per Ay, r.ruk,

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Udito, per la parte civile, l’Avv
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Data Udienza: 12/12/2012

RITENUTO IN FATTO
Sandro ANGEROSA è stato ritenuto responsabile, con sentenza del Tribunale di Roma del 3011-2010, che ha confermato quella del Giudice di pace della stessa città in data 3-11-2009, del
reato di lesioni personali in danno di Rosalba Colapietro, commesso il 15-11-2002 nel corso di
un diverbio seguito ad un incidente stradale.
L’imputato ha proposto ricorso tramite il difensore avv. R. Tarantola, articolato in sei motivi.
1) Erroneità del computo tra le cause di sospensione della prescrizione del rinvio

essendo applicabile la giurisprudenza di questa corte in tal senso al giudizio dinanzi al
giudice di pace, caratterizzato dalla presenza dell’istituto del tentativo di conciliazione.
2) Vizio di motivazione dell’ordinanza di revoca del provvedimento ammissivo del teste
Di Giacinto per mancata giustificazione dell’assenza e dell’ordinanza che escludeva
l’esame del teste Orlandi.
3) Nullità della sentenza per omessa indicazione specifica degli atti utilizzabili ai fini della
decisione.
4)

Mancata assunzione della prova decisiva rappresentata dall’esame testimoniale
dell’Orlandi.

5) Vizio di motivazione in ordine alla valutazione di attendibilità della persona offesa.
6)

Difetto di motivazione sulla quantificazione del danno patito dalla p.o., che non
avrebbe potuto superare la somma di € 4.574,25.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per genericità vertendo su questioni tutte già proposte in appello e
rigettate, con congrua motivazione, nella sentenza impugnata, e comunque per manifesta
infondatezza.
1. In riferimento al primo motivo, finalizzato a sostenere il già avvenuto decorso della
prescrizione al momento della pronuncia di secondo grado, si osserva in primo luogo che esso
è manifestamente infondato per le ragioni espresse dal tribunale. Infatti, secondo la
giurisprudenza di questa corte, rientra tra le cause di sospensione della prescrizione il rinvio
dell’udienza, su richiesta congiunta delle parti, per tentare un accordo transattivo (Cass.
39606/2007). Non vi sono ragioni per ritenere tale orientamento inapplicabile al procedimento
dinanzi al giudice di pace in quanto la previsione, in tale procedimento, dell’istituto del
tentativo di conciliazione, che consente al giudice di rinviare a tale scopo l’udienza per un
periodo non superiore a due mesi, non esclude che il rinvio possa essere sollecitato, come nella
specie, ad iniziativa delle parti, rinvio non sottratto alla sospensione della prescrizione, perché
rimesso a scelta dell’imputato o del difensore (art. 159, comma primo n. 3, cod. pen.).
1.2 La questione è comunque nella specie anche irrilevante. Infatti, a considerare soltanto le
altre cause di sospensione della prescrizione pacificamente ricorrenti (mesi cinque e giorni otto
per astensione degli avvocati dalle udienze e mesi tre e giorni ventinove per concomitante
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dell’udienza per tentativo di conciliazione su richiesta congiunta delle parti, non

impegno professionale del difensore dell’imputato), la causa estintiva sarebbe comunque
maturata dopo la sentenza di secondo grado (data del reato: 15-11-2002, più sette anni e
mezzo= 15-5-2010, più i periodi di sospensione appena indicati= 22-2-2011).
2. Alle questioni sollevate con il secondo ed il quarto motivo, relative alla revoca del teste Di
Giacinto e alla mancata ammissione del teste Orlandi, il tribunale ha già dato adeguata
risposta rilevando la mancata giustificazione dell’assenza del Di Giacinto, motivata con
parte della difesa dell’imputato, che nell’immediatezza nulla eccepiva di fronte al
provvedimento di revoca), e la non decisività dell’esame del teste Orlandi essendo già acquisita
al procedimento, tramite la testimonianza della moglie dell’Angerosa, la circostanza su cui tale
teste avrebbe dovuto deporre, peraltro inidonea ad escludere con certezza la presenza
dell’imputato sul luogo del fatto.
3. Il terzo motivo, inerente a nullità della sentenza per mancata indicazione degli atti
utilizzabili ai fini della decisione, è manifestamente infondato sotto un duplice profilo, come già
ineccepibilmente osservato nella sentenza impugnata. In fatto perché nel verbale dell’udienza
del 3-11-2009 risulta barrata la dicitura prestampata relativa alla dichiarazione di utilizzabilità,
in diritto perché la violazione dell’obbligo previsto dall’art. 511 cod. proc. pen. non è causa di
nullità né di inutilizzabilità. Infatti, da un lato, essa non è specificamente sanzionata in tal
senso né appare inquadrabile in alcuna della cause generali di nullità previste dall’art. 178 cod.
proc. pen., dall’altro non incide sulla legittimità dell’acquisizione delle prove, concetto, al quale
soltanto si fa riferimento sia nell’art. 191 che nell’art. 526 cod. proc. pen., relativo ad
un’attività che, logicamente e cronologicamente, si distingue, precedendola, da quella di
lettura od indicazione degli atti inseriti nel fascicolo per il dibattimento (Cass. 38306/2005).
4. Il quinto motivo tende a sottoporre al giudizio di legittimità aspetti attinenti alla
ricostruzione del fatto e all’apprezzamento del materiale probatorio rimessi alla esclusiva
competenza del giudice di merito. Nel caso in esame il giudice di merito ha ineccepibilmente
osservato che la prova della responsabilità dell’imputato si desumeva dalle dichiarazioni
accusatorie della persona offesa, che, dopo aver riconosciuto l’imputato in sede di
individuazione di persona, nel corso dell’esame dibattimentale lo aveva riconosciuto
ulteriormente, correlando la certezza del riconoscimento al fatto di aver rivisto più volte
l’Angerosa nel medesimo tratto di strada dove era accaduto l’incidente, tanto da scattare una
fotografia al veicolo di questi, acquisita agli atti.
4.1 Le dichiarazioni testimoniali della persona offesa, se sottoposte ad un attento controllo di
credibilità come nella sentenza impugnata, possono essere assunte anche da sole come prova
della responsabilità dell’imputato senza necessità di cercare riscontri esterni (Cass. sez. 3, 27
aprile 2006 n.34110, Valdo Iosi; sez. 1, 4 novembre 2004 n.46954, Palmisani; sez. 6, 3

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imprecisati impegni di lavoro (sul punto va comunque pure rilevata la rinuncia istruttoria da

giugno 2004 n.33162, Patella; sez. 3, 27 marzo 2003 n.22848, Assenza). Inoltre il giudizio
sull’attendibilità della persona offesa costituisce il risultato di una valutazione in fatto che non
può essere nuovamente effettuata in sede di legittimità, a meno che il giudice non sia incorso
in manifeste contraddizioni (Cass. sez. 3, 22 gennaio 2008 n.8382, Finazzo).
4.2 Nella specie il giudice di appello ha motivatamente ribattuto punto per punto alle doglianze
del ricorrente -in questa sede nuovamente proposte senza l’aggiunta di elementi di novitàspiegando, con argomenti non manifestamente illogici, le ragioni per le quali a) il giorno del
intervento subito, b) non erano idonee a scalfire l’attendibilità della p.o talune minime
differenze tra le descrizioni dell’aggressore da lei fornite, c) non erano necessari accertamenti
su altri automobilisti con targa simile a quella dell’imputato, ma con caratteristiche fisiche
certamente diverse da quelle di quest’ultimo.
5. Il sesto motivo è a sua volta manifestamente infondato in quanto, nell’indicare quale limite
massimo del danno liquidabile quello di C 4.574,25, il ricorrente trascura di considerare che la
liquidazione in C 10.000 effettuata dal primo giudice, confermata in secondo grado, è frutto di
valutazione equitativa basata sugli accertamenti medici effettuati (certificati medici e
certificazione INAIL), che tiene conto anche dei danni morali conseguenti al fatto.
6. Essendo la prescrizione del reato maturata dopo la pronuncia di secondo grado, la causa
estintiva non può essere dichiarata a fronte dell’inammissibilità del ricorso, preclusiva
dell’instaurazione del rapporto processuale.
7. Alla declaratoria di inammissibilità seguono le statuizioni di cui all’art. 616 cod. proc. pen.,
determinandosi in C 1000, in ragione della natura delle questioni dedotte, la somma da
corrispondere alla cassa delle ammende, nonché la condanna alla rifusione delle spese di parte
civile, liquidate in dispositivo in conformità alla nota depositata.
P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali,
al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di C 1000,00 ed alla rifusione, alla parte
civile, delle spese e compensi di questo grado di giudizio che liquida in complessivi C L462,50,
oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 12-12-2012
Il consiglierlik est.

Il Presidente

fatto Angerosa poteva non portare sul volto i cerotti medicati prescrittigli a seguito di un

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