Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6224 del 07/12/2012


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6224 Anno 2013
Presidente: GRASSI ALDO
Relatore: FUMO MAURIZIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DE CARLI FABIO N. IL 24/07/1950
avverso la sentenza n. 1682/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del
04/10/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/12/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MAURIZIO FUMO

Udito, per la • arte civile, l’Avv

Data Udienza: 07/12/2012

udito il PG in persona del sost.proc.gen. d.ssa E. Cesqui che ha chiesto dichiararsi
inammissibile il ricorso,
udito il difensore, avv. GP. Musumeci, che, illustrando i motivi di ricorso, ne ha chiesto
l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO

2. De Carli è imputato di avere, nella qualità di liquidatore della S.r.l. Centron
International, dichiarata fallita con sentenza del 22 dicembre 2005, sottratto, ovvero distrutto i
libri sociali e le scritture contabili, al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto e di
recare danno ai creditori.
3. Con il ricorso per cassazione, il difensore deduce: a) mancata assunzione di prove
decisive e contraddittorietà, genericità ed erroneità della motivazione, b) carenza dell’apparato
motivazionale in relazione all’affermazione di responsabilità per il reato di bancarotta
fraudolenta documentale, c) ancora carenze l’apparato motivazionale per la mancata
applicazione delle attenuanti generiche e per la mancata applicazione (e motivazione in merito)
dell’attenuante di cui all’articolo 219 ultimo comma della legge fallimentare.
3.1. Quanto alla prima censura, si rappresenta che, con l’atto d’appello, era stata
espressamente impugnata anche l’ordinanza istruttoria del 9 dicembre 2010, con la quale il
tribunale non aveva ammesso i testi indicati dalla difesa e non aveva ammesso l’esame del
consulente di parte. Tali richieste, reiterate in grado di appello ai sensi dell’articolo 603 del
codice di rito, sono state rigettate anche dal secondo giudice, il quale ha ritenuto provato che
De Carli fosse detentore, al momento del fallimento, della contabilità della società. Le prove
richieste avevano lo scopo di dimostrare che, al momento del fallimento, l’imputato non
deteneva la contabilità e quindi era impossibilitato a consegnarla al curatore. Aver negato la
possibilità di difendersi provando costituisce lesione del principio costituzionale dell’articolo 111
della Carta fondamentale. Attraverso i testi indicati, De Carli avrebbe potuto dimostrare che, in
realtà, i libri e le scritture contabili erano rimasti in possesso del vero dominus della società, il
dottor Nigro; attraverso l’esame del consulente di parte, avrebbe potuto dimostrare che,
comunque, il patrimonio e il giro d’affari della S.r.l. avrebbero potuto essere ricostruiti.
3.2. Quanto alla seconda censura, il ricorrente osserva che arbitrariamente il giudice di
secondo grado ha ritenuto che l’omessa consegna della documentazione contabile e
amministrativa al curatore fosse da riportarsi alla volontà fraudolenta del De Carli di “far
sparire” la documentazione per evitare che il curatore potesse prenderne visione. Questa
ricostruzione è certamente distorta a seguito della mancata assunzione delle prove di cui prima
si diceva. De Carli si è limitato a riportare in udienza fatti e documenti, producendo una serie
di e-mail, ritenute, immotivatamente, dai giudici del merito documenti non spendibili nel
processo.
Nigro in effetti svolse il ruolo di liquidatore di fatto, tanto che a carico del predetto si è
celebrato parallelo procedimento, proprio per iniziativa del giudice di primo grado del processo
a carico del De Carli.
3.3. Quanto alla terza censura, si osserva che il giudice di appello ha negato le
attenuanti di cui all’articolo 62 bis cp, solo in considerazione del risalente precedente (art. 220
legge fallimentare), senza tenere in alcun conto il comportamento processuale del De Carlí e le
conseguenze negative della mancata assunzione delle prove da lui richieste. Quanto
all’attenuante quell’articolo 219 della legge fallimentare, manca qualsiasi giustificazione del
fatto che se è stata negata.
CONSIDERATO IN DIRITTO.
1. La prima censura è inammissibile in quanto, ignorando quanto scritto, sul punto, in
sentenza, il ricorrente propone una alternativa ricostruzione dell’accaduto.

1. Con la sentenza riportata in epigrafe, la corte d’appello di Milano, in parziale riforma
della pronuncia di primo grado, confermando l’affermazione di responsabilità nei confronti di
De Carli Fabio, ha ridotto la pena inflitta ad anni due di reclusione, con riferimento al delitto di
bancarotta fraudolenta documentale, condannando inoltre l’imputato alla rifusione delle spese
sostenute in appello dalla parte civile.

2. Ciò chiarisce, ad abundabtiam, la ragione per la quale è stata ritenuta del tutto
superflua la integrazione probatoria richiesta dall’imputato. Anche la seconda censura,
pertanto, è manifestamente in fondata e, come tale, inammissibile.
3. La terza censura è infondata. In vero la corte di appello, nel ridimensionare
sensibilmente il trattamento sanzionatorio, dà atto della ragione per la quale non possono
essere riconosciute le attenuanti ex art 62 bis cp; infatti, pur riconoscendo il ruolo subordinato
del De Carli, da un lato, chiarisce che tale condizione non è, di per sé sufficiente per meritare
un trattamento (ulteriormente) attenuato, dall’altro, ricorda un precedente specifico
dell’imputato.
4. Inammissibile è l’ultima censura in quanto, con i motivi di appello, non è stata
chiesta la applicazione dell’art. 219 della legge fallimentare.
5. Conclusivamente: il ricorso merita rigetto e il ricorrente va condannato alle spese del
grado.
PQM
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
Così deciso in Roma, il giorno 7 del mese di dicembre dell’anno 2012.

Invero si legge in sentenza che De Carli, prima, promise al curatore di consegnare la
documentazione, poi -di fatto- non la consegnò. Si sostiene anche che il commercialista
affermò di avere -a sua volta e a suo tempo- consegnato la predetta documentazione al De
Carli.
1.1. Le due emergenze istruttorie, logicamente coordinate, hanno convinto i giudici del
merito del fatto che l’imputato effettivamente avesse avuto la disponibilità della predetta
documentazione e che, quindi, la sua mancata consegna agli organi del fallimento fosse
conseguenza di una precisa scelta, assunta cognita causa.
De Carli ha sostenuto che egli, solo formalmente, rivestisse la carica che gli viene attribuita e
che altri, come si è visto, fosse il reale dominus.
In merito va però ricordato che, con riguardo alla bancarotta fraudolenta documentale per
sottrazione o per omessa tenuta in frode ai creditori delle scritture contabili, ben può ritenersi
la responsabilità del soggetto investito solo formalmente dell’amministrazione dell’impresa
fallita(cosiddetto “testa di legno”), atteso il diretto e personale obbligo dell’amministratore di
diritto di tenere e conservare le suddette scritture (cfr, ad es., ASN 201019049-RV 247251).

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