Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6217 del 25/11/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6217 Anno 2016
Presidente: NAPPI ANIELLO
Relatore: FUMO MAURIZIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CAZZATO FABIO N. IL 25/05/1964
avverso la sentenza n. 4800/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del
11/04/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 25/11/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MAURIZIO FUMO

Data Udienza: 25/11/2015

udito il PG in persona del sost.proc. gen. dott. G. Izzo, che ha chiesto annullamento con rinvio,
udito il difensore, avv. S. De Francesco, che ha illustrato il ricorso e ne ha chiesto
l’accoglimento.

1. Con la sentenza di cui in epigrafe, la CdA di Milano ha confermato la sentenza di primo
grado con la quale Cazzato Fabio fu condannato a pena di giustizia in quanto, ritenuto
amministratore di fatto dal 2 luglio 1999 sino alla data di dichiarazione del fallimento (18
gennaio 2007) della srl SILTRA FOOD, fu riconosciuto colpevole dei delitti di bancarotta per
distrazione (C 65.560 per contanti + C 105.000, quale corrispettivo della vendita di un
appartamento), nonché per aver concorso ad aggravare , con le condotte di cui agli artt. 2621
e 2622 cc, il dissesto della predetta società, falsificando per sopravvalutazione della voce
“immobilizzazioni materiali” i bilanci degli anni 2003, 2004, 2005.
2. Ricorre per cassazione il difensore e deduce :
a) mancata assunzione di prova decisiva (in particolare le testimonianze di Turi, De
Gabrieli, Negro, Bortone, Massaro, Cataldo e Nuzzo). Detta prova fu ammessa dal
giudice di primo grado e poi revocata con ordinanza, che il difensore provvide ad
impugnare unitamente alla sentenza innanzi al giudice di appello. È dunque erronea al
decisione sul punto della corte milanese che ha rigettato la richiesta di integrazione
probatoria sulla base della presunta completezza della istruttoria di primo grado. D’altra
parte, i giudici del merito hanno fondato il loro convincimento unicamente sulla
relazione e sulle dichiarazioni del curatore, che, ovviamente, non ha potuto deporre sui
fatti, ma solo sulla sua interpretazione degli stessi. Le persone sopra elencate
avrebbero potuto riferire sulla reale posizione del Cazzato in ambito aziendale,
posizione che certamente non può essere identificata con quella dell’amministratore di
fatto. Era poi stata richiesta vera e propria rinnovazione della istruzione dibattimentale
per acquisire significativa documentazione . Detti documenti avrebbero potuto
apportare il medesimo contributo probatorio delle deposizioni testimoniali prima
ammesse e poi revocate.
b) Carenza dell’apparato motivazionale e violazione degli artt. 192 e 197 cpp. Per
dimostrare che il Cazzato fosse amministratore di fatto i giudicanti richiamano “le
informazioni acquisite dal curatore”, in piena violazione quindi del disposto del comma 7
dell’art. 195 cpp. Invero la relazione del curatore può essere, in quanto documento,
acquista agli atti, ma non è utilizzabile nella parte in cui riporta le dichiarazioni di terzi,
specie poi se si tratta di mere voci correnti. Invero se le fonti del curatore sono state i
signori Panza Mario e De Stefano Gerardo„ vale a dire i precedenti amministratori della
srl, è di tutta evidenza che essi avevano un innegabile interesse a “scaricare” su altri
loro eventuali responsabilità. La CdA, richiesta di pronunziarsi sulla inutilizzabilità delle
informazioni acquisite dal curatore, non lo ha fatto. Il giudice di appello sostiene che la
condotta del Cazzato e in particolare la sua presenza in azienda sia stata caratterizzata
da frequenza, regolarità e costanza, ma in realtà, pur essendo l’imputato intestatario di
una procura ad negotia, egli ha agito da procuratore in una sola occasione
(sottoscrizione di polizza assicurativa). È ovvio che si tratti di un atto gestorio, ma è
altrettanto ovvio che, per compierlo, il ricorrente ebbe bisogno di una procura, il che sta
ulteriormente a provare che egli non aveva poteri di amministrazione. Sul punto,
Cazzato non è stato posto in condizione di offrire chiarimenti, data la esclusione dei
testi a difesa. Essersi l’imputato occupato dello smistamento della posta o avere svolto
ruolo di direttore commerciale è cosa ben diversa dall’essere stato amministratore di
fatto.

RITENUTO IN FATTO

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Va innanzitutto ricordato come, per costante giurisprudenza di questa corte (cfr ASN
8201349132-RV 257650; ASN 200439001-RV 229330), le relazioni e gli inventari redatti dal
curatore fallimentare sono ammissibili come prove documentali in ogni caso e non solo quando
siano ricognitivi di una organizzazione aziendale e di una realtà contabile, atteso che gli
accertamenti documentali e le dichiarazioni ricevute dal curatore costituiscono prove rilevanti
nel processo penale, al fine di ricostruire le vicende amministrative della società.
Naturalmente, se le dichiarazioni assunte dal curatore fallimentare e trasfuse nella relazione
redatta ai sensi dell’art. 33 L.F., sono state rese da un indagato o da un imputato di reato
connesso o collegato nel medesimo procedimento o in separato procedimento, esse devono
essere valutate unitamente agli altri elementi di prova che ne confermino l’attendibilità, ai
sensi dell’art. 192, comma terzo cpp (ASN 201520090- RV 263819). E tanto appare rilevante
con riferimento alla censura sub b). Se dunque, da un lato, non si pone problema alcuno di
utilizzabilità delle dichiarazioni di Panza e De Stefano, dall’altro, i giudici del merito avrebbero
dovuto individuare (e indicare) gli elementi di riscontro a tali dichiarazioni. Tali elementi, a
quanto è dato comprendere, sono stati individuati nella presenza (che si assume continuativa)
dell’imputato in azienda e nel fatto che lo stesso si sia avvalso della procura a lui rilasciata (per
la verità, come pare potersi arguire dallo stesso testo della sentenza impugnata, in un’unica
occasione). E dunque, mentre la continuativa frequentazione del luogo di lavoro sembra essere
asserzione priva di preciso riferimento probatorio, lì esistenza di una procura ad negotia è

c) Ancora mancata assunzione di prova decisiva e carenze dell’apparato motivazionale con
specifico riferimento alla contestata distrazione di somme di denaro, atteso che il CT
della difesa aveva dimostrato come il pagamento per contanti della somma dì € 65.000
solo per errore materiale era stato annotato come effettuato alla srl EDILPROGET,
laddove era stato eseguito a favore della COOP. AGRICOLA SOLE DEL SALENTO.
L’acquisizione probatoria dei documenti contabili di tale ultimo soggetto avrebbe potuto
chiarire ogni circostanza e dare dimostrazione dell’effettivo esborso della somma sopra
indicata. Quanto alla vendita di un immobile di proprietà della fallita, esso fu ceduto alla
srl MEGA.COM , compensando, in tal modo il debito che SILTRA aveva con detta agenzia
pubblicitaria. La veridicità dell’assunto sarebbe stata, ancora una volta, provata dai testi
non ammessi.
d) Violazione degli artt. 223- 267 LF, 2621, 2622 cc e carenza dell’apparato motivazionale,
atteso che nella valutazione dei bilanci non si è tenuto adeguatamente conto delle note
integrative ed esplicative, che hanno dato contezza delle percentuali di ammortamento
degli immobili. Per altro, corretta o meno che sia stata la impostazione effettivamente
eseguita, è indubbio che la esposizione in bilancio della predetta voce non avrebbe
potuto trarre in inganno nessuno. Va poi aggiunto che la società non fu ammessa al
concordato preventivo non perché non aveva depositato le somme necessarie a
garantire la procedura, ma per avere fatto ciò con un solo giorno di ritardo. Si trattò
dunque di un vero e proprio disguido.
e) Carenze dell’apparato motivazionale in relazione al bilanciamento di circostanze e al
riconoscimento di attenuanti generiche. Atteso il comportamento collaborativo
dell’imputato e il non grave nocumento cagionato ai creditori, lo stesso avrebbe
meritato un più mite trattamento sanzionatorio. La sentenza tuttavia ha negato la
prevalenza delle pur concesse attenuanti ex art. 62 bis cp perché sostiene di non aver
rinvenuto elementi valorizzabili a tal fine. Va però rilevato che Cazzato è incensurato
per cui il richiamo alla negativa condotta precedente ai fatti è incomprensibile, mentre,
per quel che riguarda la condotta processuale, è da ricordare che egli si è sottoposto
all’esame e ha tentato di chiarire i fatti a lui contestati.

2. Peraltro, non può farsi a meno di rilevare come anche la prima censura appaia fondata.
Invero il giudice di appello, a fronte della doglianza relativa alla revoca dei mezzi di prova
pure ammessi, in un primo tempo, dal tribunale, “risponde” come se l’appellante si fosse
limitato a richiedere una pura e semplice integrazione (in secondo grado) della istruzione
dibattimentale. In realtà, come si osserva nel ricorso, non si tratta di prove richieste per la
prima volta in appello, ma – appunto – di prove ammesse dal primo giudicante e poi escluse
(arbitrariamente, secondo quanto si legge nel ricorso).
3. Appare allora necessario (cosa che avrebbe dovuto fare il giudice di appello) esaminare
l’ordinanza istruttoria impugnata; essa recita: “vista la richiesta della difesa dell’imputato,
alla luce delle risultanze processuali ed in particolare dell’esame del curatore ….., ritenute
superflue le prove orali ulteriormente dedotte in quanto relative a circostanze in parte già
emerse ed in punti irrilevanti, infatti, per quanto attiene ai testi che si sono occupati della
contabilità, si ritiene che la prova orale sia superflua, tenuto conto delle consulenze acquisite
e della documentazione in atti, per quanto riguarda le modalità del processo produttivo ed in
genere delle attività commerciali svolte o della pubblicità mandata in onda, la prova orale
appare superflua in quanto il collegio ha già acquisito elementi sufficienti di valutazione”. È
allora evidente come la sostanza del principale argomento difensivo speso innanzi al giudice
di secondo grado (non essere stato il Cazzato amministratore di fatto) non sia stata
affrontata nella ordinanza sopra trascritta, di talché il giudice di primo grado (e
conseguentemente quello di appello) non hanno chiarito per qual motivo la prova che in tal
senso l’imputato aveva intenzione di fornire fosse (ormai divenuta) superflua. Quanto alla
prova documentale (del pari non ammessa), il giudice di appello rileva la tardività della sua
proposizione, trascurando che, evidentemente, essa era stata proposta in quanto quella orale
era stata – come si è visto – revocata. Tale modus procedendi evidenzia, da un lato, una
compressione dell’esercizio di difesa (difendersi provando), dall’altro, una evidente falla
dell’apparato motivazionale.
4. Rimanendo, pertanto, assorbite le residue censure, si impone l’annullamento con rinvio per
nuovo esame (ad altra sezione della medesima corte di appello) della sentenza impugnata.
PQM

annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della corte di appello di Milano per
nuovo esame.
Così deciso in Roma “n data 25. XI. 2015.

elemento che si presta tanto a una interpretazione favorevole all’imputato (se essa era
necessaria, allora è evidente che Cazzato non è il dominus della società), quanto ad una in
malam partem (la ampiezza dei suoi poteri era tale che, in realtà, egli era il solo decisore delle
strategie aziendali).

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