Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6215 del 24/11/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6215 Anno 2016
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: CATENA ROSSELLA

SENTENZA

Sul ricorso proposto da

Lilliu Davide, nato a Cagliari 1’1/05/1989

avverso la sentenza del 20/10/2014 della Corte di Appello di Cagliari

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere dott.ssa Rossella Catena;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Francesco Salzano,
che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Data Udienza: 24/11/2015

Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Cagliari confermava la sentenza emessa in data
6/10/2011 dal Tribunale di Cagliari in composizione monocratica, con cui il Lilliu Davide veniva
condannato a pena di giustizia per il delitto di cui agli artt.56, 110, 624, 625 n. 2, c.p., perché, in
concorso con altra persona, compiva atti idonei e diretti in modo non equivoco a commettere il
delitto di furto, introducendosi nelle pertinenze dell’edificio della ditta IRP, adibito a deposito
pneumatici, non riuscendo nell’intento per l’intervento di una pattuglia dei CC; con la recidiva

Con ricorso depositato il 23/12/2014, il difensore del ricorrente, Avv.to Patrizio Rovelli, deduce:
1. Violazione di legge e vizio di motivazione ex art. 606, lett. b) ed e), c.p.p., in relazione agli
artt. 56, 624 c.p., 192, comma 2, c.p.p., in quanto la Corte territoriale avrebbe valorizzato un
quadro indiziario privo dei requisiti di gravità, precisione e concordanza; in tal senso la sola
presenza del ricorrente sul luogo del fatto – essendo stato egli visto rovistare nella catasta di
pneumatici e risultando egli avere le mani sporche di grasso – ed il fatto che l’auto degli
imputati fosse stata parcheggiata in un viottolo cieco che costeggia la recinzione dell’azienda,
non sarebbero elementi sufficienti, in quanto suscettibili di spiegazioni alternative; in ogni caso
non vi sarebbero elementi per ritenere che il ricorrente avesse posto in essere atti criminosi
finalizzati alla sottrazione degli pneumatici.
2. Violazione di legge e vizio di motivazione ex art. 606, lett. b) ed e), c.p.p., in relazione all’art.
614 c.p., nella parte in cui la Corte territoriale ha escluso la configurabilità, nel caso di specie,
della fattispecie di cui all’art. 614 c.p., non essendo possibile affermare che l’ingresso nell’area
fosse determinato da fini di lucro.
3. Violazione di legge e vizio di motivazione ex art. 606, lett. b) ed e), c.p.p., in relazione all’art.
625 n. 2, c.p., in quanto la Corte territoriale non avrebbe dato alcuna riposta ai rilievi difensivi
in ordine alla insussistenza della contestata aggravante del mezzo fraudolento, ancorata ad
elementi congetturali, non essendo in alcun modo dimostrato che il foro nel muro fosse stato
praticato dal ricorrente, non rinvenuto in possesso di mezzi a ciò atti, nonché alla luce delle
dichiarazioni del teste Scurto, che aveva rilevato come il foro fosse nascosto dalla vegetazione;
quanto alla possibilità che il ricorrente avesse avuto accesso dal cancello scorrevole, il
medesimo teste Scurto aveva affermato che al momento del suo arrivo il cancello era chiuso,
precisando però che non si era proceduto a verificare se fosse chiuso o meno con dei lucchetti,
a differenza di quanto affermato dalla Corte territoriale.

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semplice; in Uta, loc. Macchiareddu il 2/03/2011.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso non appare meritevole di accoglimento.
1.La Corte territoriale ha ricordato come il ricorrente, unitamente al coimputato Arriu Michele,
fosse stato sorpreso nell’atteggiamento di rovistare al’interno di una catasta di pneumatici sita
all’interno del piazzale di pertinenza della ditta IRP; il ricorrente era stato sorpreso in detto

presentavano la mani sporche di grasso; l’auto nella disponibilità del ricorrente e del suo coimputato
era poi stata rinvenuta in un vicolo cieco, nei pressi di un foro praticato nella recinzione
dell’azienda, il cui cancello era risultato chiuso.
La Corte ha altresì sottolineato l’assenza, da parte del ricorrente, di una spiegazione alternativa in
ordine alla sua presenza sul posto ed altresì la circostanza che qualche giorno prima fosse già stato
accertato un altro furto all’interno della ditta, il che rende evidente sia la successiva chiusura del
cancello, sia la necessità di praticare un foro nella recinzione; detto foro, infatti, non risultava
presente il precedente 28 febbraio, all’atto del sopralluogo dei CC a seguito del precedente furto,
allorquando, invece, il cancello era stato rinvenuto aperto. Detta ultima circostanza, osserva la
Corte, non autorizza in alcun modo a ritenere che il cancello fosse poi stato lasciato aperto,
nonostante l’avvenuto furto verificatosi il 28 febbraio 2008. Altra circostanza significativa, secondo
la valutazione della Corte territoriale, è che i CC avevano già nei giorni precedenti notato l’auto
ferma nel vicolo accanto alla recinzione del piazzale, il che li aveva indotti ad un accurato
sopralluogo che aveva consentito loro di rendersi conto della presenza del foro nel muro, in tal
modo essendo evidente come il piazzale non fosse facilmente accessibile da parte di chiunque.
Occorre ricordare che, secondo quanto affermato dalla giurisprudenza di questa Corte in tema di
delitto tentato, con particolare riferimento alla univocità degli atti, che costituisce una caratteristica
oggettivamente qualificante della condotta nel delitto tentato, richiedendo che gli atti, in sé
considerati, e quindi nella loro struttura ontologica, nonché per il contesto nel quale si inseriscono,
rivelino, secondo le norme di esperienza e secondo l’id quod plerumque accidit, il fine perseguito
dall’agente, costituendo, cioè, la univocità degli atti non un parametro probatorio, bensì un criterio
oggettivo della condotta; ne deriva che gli atti diretti in modo non equivoco a commettere un reato
possono essere esclusivamente gli atti esecutivi, ossia gli atti tipici, corrispondenti, anche solo in
minima parte, come inizio di esecuzione, alla descrizione legale di una fattispecie delittuosa a forma

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atteggiamento dal teste Scurto, appuntato dei CC, il quale aveva riferito che i due giovani

libera o vincolata (Sezione V, sentenza n. 43255 del 24/09/2009, Rv. 245721; Sezione I, sentenza n.
9411 del 7/01/2010, Rv. 246620)
E’ stato inoltre chiarito e ribadito come, ai fini della rilevanza penale e della punibilità del tentativo,
gli atti non possano essere in astratto distinti e classificati in atti preparatori ed atti esecutivi,
discrimine da ritenersi generico e superato, poiché ciò che rileva è l’idoneità causale degli atti
compiuti per il conseguimento dell’obiettivo delittuoso, nonché la univocità della loro destinazione,

condotta (Sezione V, sentenza n. 7341 del 21/01/2015, Rv. 262768); ciò in quantopi fini della
configurabilità del tentativo) rilevanoinon solo gli atti esecutivi veri e propri, ma anche quegli atti
che, pur classificabili come preparatori, facciano fondatamente ritenere che l’agente, avendo
definitivamente approntato il piano criminoso in ogni dettaglio, abbia iniziato ad attuarlo, potendosi
cioè affermare che l’azione abbia la significativa probabilità di conseguire l’obiettivo programmato
e che il delitto sarà commesso, salvo il verificarsi di eventi non prevedibili, ed indipendenti dalla
volontà del reo (Sezione II, sentenza n. 46776 del 20/11/2012, Rv. 254106).
Ne deriva pertanto che anche un atto così detto “preparatorio” può integrare gli estremi del tentativo
punibile, purché abbia la capacità – in base ad una valutazione ex ante e relativamente alle
circostanze del caso – di raggiungere il risultato prefisso, ed a tale risultato sia univocamente diretto
(Sezione V, sentenza n. 36422 del 17/05/2011, Rv. 250932; Sezione II, sentenza n. 41649 del
5/11/2010, Rv. 248829).
Alla luce dei detti parametri/la motivazione della Corte territoriale appare del tutto coerente con le
risultanze probatorie, logicamente sviluppata ed in linea con le circostanze di fatto puntualmente
richiamate e valutate nel loro complessivo significato anche in relazione alla qualificazione della
fattispecie; essa appare, pertanto immune da censure logiche e da incongruenze valutative; né
appare possibile formulare alcuna interpretazione alternativa della vicenda come descritta, sia
perché neanche la difesa ne propone alcuna, nella specie, sia in quanto )se ciò anche fosse avvenuto f
non avrebbe alcuna rilevanza in sede di legittimità, investendo la ricostruzione del fatto.
Ne consegue il rigetto dei primi due motivi di ricorso
2. Parimenti non condivisibile appare la doglianza relativa alla insussistenza della contestata
aggravante, alla luce delle argomentazioni sul punto adottate dalla Corte territoriale che, come già
detto, ha sottolineato come il foro nella recinzione non risultava presente il precedente 28 febbraio,
all’atto del sopralluogo dei CC a seguito del precedente furto, allorquando, invece, il cancello era
stato rinvenuto aperto; inoltre i CC avevano già nei giorni precedenti notato l’auto ferma nel vicolo
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da apprezzarsi con valutazione ex ante in rapporto alle circostanze di fatto ed alle modalità della

accanto alla recinzione del piazzale, il che li aveva indotti ad un accurato sopralluogo che aveva
consentito loro di rendersi conto della presenza del foro nel muro, in tal modo essendo evidente
come il piazzale non fosse facilmente accessibile da parte di chiunque.
Né può dubitarsi della sussistenza della circostanza aggravante del mezzo fraudolento qualora la
condotta sia consistita nell’introdursi in uno stabilimento industriale praticando un foro nella
recinzione posta a protezione del lo stesso, atteso che da tempo la giurisprudenza di legittimità

7/11/2014, Rv. 262669) ha affermato che il fatto di introdursi in un locale a scopo di furto,
attraverso un accesso diverso dall’ingresso normale, integra la circostanza aggravante del mezzo
fraudolento, giacché la condotta suddetta realizza l’insidiosità di sorprendere e soverchiare la
volontà del detentore della cosa, in relazione alla fiducia che questi può e deve riporre nella
inviolabilità dei passaggi non naturali. La modalità dell’essersi introdotti in uno stabilimento
industriale praticando un foro nella recinzione dà luogo, pertanto, all’aggravante in parola.
Ne deriva il rigetto anche del terzo motivo di ricorso.
Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali

P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 24/11/2015

Il Consigliere estensore

Il Presidente

(Sezioni Unite, sentenza n. 40354 del 18/07/2013, Rv. 255974; Sezione VII, ordinnza n. 8757 del

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