Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6211 del 05/12/2012


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6211 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: PALLA STEFANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) FRISINA GIOVANNI N. IL 04/04/1981
avverso la sentenza n. 5790/2010 CORTE APPELLO di TORINO, del
19/10/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/12/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. STEFANO PALLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. a. 1 210
che ha concluso per 4 todykrive Zhn.,-“Yrà glA,”ì4. -C.;IptAim
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capi s 13-041, 1;01-I là

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Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

11Mo SC-NstM”\

Data Udienza: 05/12/2012

FA’TTO E DIRITTO

Frisina Giovanni ricorre, a mezzo del proprio difensore, avverso la sentenza 19.10.11 della Corte di
appello di Torino che, in parziale riforma di quella in data 26.5.10 del Tribunale di Aosta, ha ridotto
la pena ad anni due di reclusione per due episodi di sequestro di persona (art.605 c.p.), unificati ex

rispettivamente il 23 e il 26.8.09, in danno di Murgia Valeria e Marcelli Marco, confermando le
precedenti statuizioni, anche civili, del primo giudice.
Deduce il ricorrente, nel chiedere l’annullamento dell’impugnata sentenza, con il primo motivo
violazione dell’art.606, comma 1, lett.b) ed e) c.p.p. per avere i giudici di secondo grado eluso, al di
là della frammentaria indicazione di taluni principi di diritto sull’art.605 c.p., due fasi essenziali:
quella relativa ai giudizi di ricostruzione dei due fatti di sequestro, distinti per qualità e quantità dei
resoconti istruttori; quella concernente i giudizi di sussunzione degli episodi nella disciplina penale.
La sentenza — lamenta la difesa dell’imputato — si era esercitata sul piano argomentativo confutando
la tesi negativa dell’imputato, secondo cui gli episodi non si sarebbero proprio verificati,
soffermandosi sull’attendibilità soggettiva dei dichiaranti e richiamando elementi di riscontro a
taluni aspetti fattuali emersi dalle dichiarazioni delle parti offese, quali sintomi della loro
affidabilità generale, ma la motivazione, nel complesso — soffermandosi sugli elementi dimostrativi
delle minacce, delle violenze o delle lesioni – non aveva investito gli altri profili distintivi
dell’ipotesi contemplata dall’art.605 c.p., ovvero la coazione sulla volontà del soggetto passivo in
ordine al suo movimento fisico protratta per un tempo apprezzabile.
L’apparato motivazionale era infatti ricaduto solo sui riscontri probatori della violenza e sui
postumi della colluttazione, senza spingersi a spiegare la concreta sussistenza dei residui elementi
specifici del sequestro di persona, laddove proprio il giudice di primo grado aveva sostenuto che la
coercizione nell’ambito di uno dei due episodi non era stata continua ed assoluta, per cui i giudici di

art.81 cpv. c.p., entrambi commessi in La Salle, presso l’abitazione di Quitadamo Corinne,

appello avrebbero dovuto spiegare quali circostanze avessero influito sulla libertà di
autodetenninarsi al movimento.
Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art.606, comma 1, lette) c.p.p. per avere la Corte
di appello negato il beneficio della sospensione condizionale della pena senza spiegare le ragioni
per le quali in concreto era giunta a tale conclusione, limitandosi ad un complesso di asserti generali

sufficienza degli sviluppi logico-argomentativi in materia.
Con il terzo motivo, infine, si deduce violazione di legge con riferimento alla mancata revoca,
conseguente alla avvenuta riduzione della pena ad anni due di reclusione, della pena accessoria
della interdizione dai pubblici uffici per il periodo di cinque anni.
Osserva la Corte che il primo motivo di ricorso è infondato.
Rilevato come non venga in contestazione la ricostruzione, peraltro estremamente puntuale ed
esaustiva, dei fatti commessi da Frisina Giovanni in danno di Murgia Valeria e Marcelli Marco,
‘reo’, quest’ultimo, secondo l’imputato, di aver intrattenuto una breve relazione sentimentale con la
propria fidanzata Quitadamo Corinne, correttamente tali fatti sono stati ritenuti dai giudici
territoriali avere integrato gli estremi del reato di sequestro di persona, secondo la previsione
normativa di cui all’art.605 c.p.
Ricordato come il reato in esame si caratterizzi, quanto all’elemento materiale, nella limitazione
della libertà fisica e di locomozione, privazione che non deve essere assoluta, essendo sufficiente

resi con formule di stile, con una motivazione che pertanto sfuggiva ad ogni controllo in ordine alla

anche una relativa impossibilità di recuperare la propria libertà di scelta e di movimento, senza che
possa assumere rilievo la maggiore o minore durata della limitazione, come pure la circostanza che
il sequestrato non faccia alcun tentativo per riacquistare la propria libertà di movimento, non
recuperabile con immediatezza, agevolmente e senza rischi, senza che sia necessario che la
costrizione si estrinsechi in mezzi fisici, ben potendo manifestarsi nella forma della violenza morale
ovvero con minaccia esplicita o implicita, purché seda, nella specie del tutto correttamente hanno i
giudici di appello ritenuto integrato il reato di sequestro di persona, Murgia Valeria essendo stata

2.

costretta in casa della Quitadamo, di cui era amica, dal Frisina che, dopo aver chiuso a chiave la
porta dell’abitazione, aveva obbligato la donna a sedersi e a leggere tutti gli SMS che il Frisina
stesso le aveva inviato, venendo la Murgia anche percossa e minacciata per alcune ore, fino a che
l’odierno ricorrente aveva mutato atteggiamento consentendo alla prevenuta di allontanarsi.
Analogo era stato il comportamento — hanno evidenziato i giudici torinesi – che il Frisina aveva

Entreves, il quale, recatosi presso l’abitazione della Quitadamo su invito di costei, non appena
entrato era stato aggredito dal Frisina che, chiusa a chiave la porta dell’abitazione, dopo aver
afferrato per il collo il Marcelli, con conseguente successiva breve colluttazione, aveva estratto la
pistola di ordinanza (l’imputato era agente scelto della Polizia di Stato presso la Questura di Aosta)
e, sotto la minaccia dell’arma, aveva costretto il ‘rivale’ a stare seduto e a raccontare della sua
relazione con Quitadamo Corinne, venendo trattenuto per oltre un’ora prima di essere lasciato
andare.
Orbene, risulta integrato l’elemento materiale, in entrambe le circostanze, del reato di cui all’art.605
c.p. — come ben evidenziato nella sentenza impugnata -, essendo stata coartata, per un apprezzabile
lasso temporale, la libertà di scelta e di movimento di entrambe le parti lese, sia con mezzi fisici
(percosse) che con mezzi morali (minacce).
Infondato è anche il secondo motivo di ricorso, avendo legittimamente la Corte torinese negato
all’imputato il beneficio della sospensione condizionale della pena, alla luce delle esaurienti
considerazioni svolte con riferimento all’art.I64, comma l, c.p., essendo stato evidenziato, oltre alla
gravità dei fatti per la natura (gelosia) e per le modalità di esecuzione, il negativo comportamento
processuale dell’imputato e la sua condotta di vita contemporanea e susseguente al reato,
caratterizzata anche dal ripristino, per segnalate violazioni pregresse, della misura cautelare degli
arresti domiciliari, derivandone una negativa personalità del Frisina il quale, oltre a non mostrare
alcun segno di resipiscenza, aveva pervieacetnente persistito nellInverosimile assunto di
‘complotto’ ordito dalle parti lese ai suoi danni.

tenuto nei confronti di Marcelli Marco, all’epoca allievo finanziere in tirocinio presso la tenenza di

Fondato è invece il terzo motivo di impugnazione, in quanto alla riduzione della pena ad anni due di
reclusione, operata dalla Corte torinese, doveva seguire la revoca della pena accessoria della
interdizione del Frisina dai pubblici uffici per cinque anni, applicabile solo, ai sensi del comma I
dell’art.29 c.p., in caso di condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a tre anni.
Limitatamente a tale statuizione l’impugnata sentenza deve quindi essere annullata senza rinvio,

P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla pena accessoria della interdizione dai
pubblici uffici per anni cinque, statuizione che elimina. Rigetta nel resto il ricorso.
Roma, 5 dicembre 2012
IL CONSIGLIERE estensore
Tgitk

IL PRESIDENTE

provvedendo questa Corte alla eliminazione della pena accessoria ora indicata.

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